Non autosufficienti e anziani, quasi il 60% delle famiglie preferisce l’assistenza a casa
ROMA – Alle Rsa le famiglie preferiscono le “badanti”. Per assistere un proprio familiare anziano o non autosufficiente, il 58,5% delle famiglie non esita a scartare il ricorso a una Rsa (Residenza sanitaria assistenziale), preferendo l’assunzione di una “badante”. Solo il 41,5% delle famiglie prende in considerazione la scelta di una Rsa: di queste, il 21,3% si rivolgerebbe a una struttura convenzionata, il 14,2% a una privata, il restante 6% a una pubblica.
Ed ancora: le donne mostrano l’orientamento più marcato ad evitare una Rsa (il 60,1% rispetto al 56,1% degli uomini). Anche gli stessi anziani sono scettici sul ricorso a una Rsa: dal 50,8% di chi ha un’età inferiore ai 55 anni si passa al 52,9% di chi ha un’età compresa tra 55 e 64 anni, per salire al 69,5% degli over 64. È quanto emerge dal report “Le famiglie, il lavoro domestico, i caregiver, le Rsa”, il quarto elaborato nell’ambito del progetto “Welfare familiare e valore sociale del lavoro domestico in Italia”, realizzato dal Censis per Assindatcolf, l’Associazione nazionale dei datori di lavoro domestico, che nel mese di maggio ha sottoposto un sondaggio a un campione rappresentativo dei propri associati.
“Dalle analisi contenute nel report si ricava la rappresentazione di un sistema di welfare ancora zoppicante, al quale non corrisponde un’iniziativa riformatrice tempestiva – sottolinea il Censis -. Il disegno di legge ‘Disposizioni per il riconoscimento e il sostegno del caregiver familiare’, datato agosto 2019, è ancora fermo in Senato”.
Luci e ombre nella scelta delle Rsa
Secondo il Censis, “la distanza dal modello organizzativo delle Rsa, per come si configura oggi, è spiegata soprattutto dai dubbi relativi alla qualità delle relazioni che si potrebbero mantenere all’interno delle strutture di assistenza. Chi esclude il ricorso a una Rsa è consapevole delle difficoltà a riproporre, all’esterno della propria casa, le attenzioni rivolte alla persona anziana o non autosufficiente (59%). C’è inoltre la convinzione che il distacco dalla propria abitazione produrrebbe effetti negativi sul familiare da assistere (20,9%)”.
Al contrario, la scelta di una Rsa è invece motivata dalla professionalità del personale impiegato nelle strutture di assistenza (63,3%). Minore rilevanza assumono altri aspetti, come l’importo della retta da pagare, che rimanda a una valutazione della sostenibilità della spesa (9,1%), e la vicinanza della struttura (9%), che garantirebbe la possibilità di visitare più frequentemente il familiare affidato alla Rsa. Qualità dell’ambiente e dotazione di strumenti che garantiscano un certo grado di autonomia agli assistiti raccolgono complessivamente circa il 15% delle indicazioni.
I caregiver familiari: essenziali, ma invisibili
Il 53,4% delle famiglie considera prioritario alleviare la fatica che grava sui caregiver attraverso l’intervento di personale esterno. “Tra le soluzioni da adottare a favore dei caregiver viene indicato il riconoscimento di forme di reddito che possano almeno in parte ricompensare il ruolo sostitutivo svolto a causa della mancanza di strumenti di welfare adeguati per l’assistenza di persone anziane o non autosufficienti (25,5%)”.
A seguire, si auspica la possibilità per il caregiver di lavorare da casa (9%), mentre per il 6,7% servirebbe l’assicurazione contro gli infortuni domestici e la possibilità di poter accedere a una pensione sulla base di contributi figurativi. Infine, per il 5,4% sarebbero utili percorsi formativi per qualificare l’assistenza offerta al familiare.
“Tre punti della Legge delega sono per noi imprescindibili – continua Zini -. Incentivi economici per un lavoro regolare e stabile nel settore sotto forma di deducibilità fiscale o di credito d’imposta. Professionalizzazione degli addetti sostenuta e riconosciuta, senza scordare l’importanza della contrattazione collettiva e del percorso di certificazione Uni 11766/2019 sui quali siamo molto impegnati e che, in attesa di una norma, sono già una realtà. Infine, l’istituzione di un assegno universale per la non autosufficienza che abolisca gli attuali piccoli e inutili sussidi, con la previsione di una maggiorazione nel caso sia utilizzato con trasparenza: darebbe un segnale importante sull’utilizzo del denaro pubblico che altrimenti potrebbe essere speso per pagare in nero il domestico. Il momento di agire è questo: il piano d’azione del Governo e l’attuazione del Pnrr possono dare una risposta unitaria ai milioni di famiglie che ogni giorno devono fare i conti con la non autosufficienza”.