Non autosufficienza, bisogni in aumento ma l'offerta è bloccata
BOLOGNA – Tra gli anziani aumenta la necessità di assistenza – in particolare per i non autosufficienti – ma, per la prima volta nella storia del settore, non aumentano i servizi a loro dedicati. Una stagnazione che preoccupa 5 milioni di persone, tra pazienti, familiari e professionisti del settore. Tra 2010 e 2011 (ultimo aggiornamento dei dati istituzionali), in ben 15 regioni italiane si sono registrate variazioni annuali praticamente irrilevanti, mentre Friuli-Venezia Giulia e Emilia-Romagna hanno visto diminuire sostanzialmente il tasso di copertura dell’Adi (Assistenza domiciliare integrata): la prima come effetto del trend pluriennale di progressiva limitazione del servizio, la seconda come probabile reazione alla percentuale troppo elevata di utenti raggiunta negli scorsi anni (il 10,6 per cento, la regione più ‘generosa’ d’Italia). Questo, uno dei dati più importanti presentati il 20 novembre al Forum sulla Non Autosufficienza in corso a Bologna.
Secondo i dati rilevati dal Network Non Autosufficienza nel IV Rapporto “Assistenza agli anziani non autosufficienti in Italia: tra crisi e ripartenza”, la quota di anziani che ha potuto contare sull’Adi, per esempio, è rimasta invariata al 4,1 per cento tra il 2010 e il 2011, mentre quella degli ultra65enni che hanno usufruito del Servizio di assistenza domiciliare (Sad) è passata dall’1,7 per cento del 2008 all’1,4 per cento nel 2010. Il tasso di fruizione dell’indennità di accompagnamento nel 2010 è stato del 12,5 per cento, con una contrazione dello 0,4 per cento rispetto all’anno precedente. Anche il dato sui non autosufficienti nelle Residenze assistite è in leggera diminuzione: circa lo 0,5 per cento in meno tra il 2009 e il 2010. “Parlare di non autosufficienza è sempre più necessario – spiegano al Forum – L’evoluzione della struttura demografica del Paese lo richiede”.
La lettura è confermata anche dai dati Istat: nel 2011 gli ultra65enni erano poco più di 12 milioni, mentre gli over75 superavano i 6 milioni, in costante crescita. L’invecchiamento della generazione del baby boom (i nati negli anni Cinquanta) e il basso livello di nascite alimenteranno questo trend, la riduzione della mortalità farà aumentare ancora le domande di assistenza. Una delle cause – ma non l’unica – della stagnazione va ricercata nella scarsità delle risorse economiche. Secondo Eurostat, in Italia la spesa pubblica per servizi destinati ad anziani e disabili è inferiore del 40 per cento rispetto alla media europea. A questo va a sommarsi la minore disponibilità delle famiglie, sempre più in difficoltà nel sostenere la spesa delle rette.
Che conseguenze ha prodotto questa frattura? Innanzitutto, ha trasformato le prospettive degli operatori del settore. Se prima davanti a loro vedevano un futuro stabile, ora è incerto. Potendo contare su fondi limitati, due sono le strade: diminuire l’utenza o ridurre l’assistenza media per utente. Dove possibile, si tende a preferire la seconda opzione. “Si è passati dalle 27 ore del 2001 alle 22 del 2010 – spiega Cristiano Gori, direttore di Welfare Oggi e docente all’Università Cattolica di Milano – Al centro-nord si sta procedendo anche con la riduzione dell’utenza. Negli ultimi anni, poi, c’è una contrazione sensibile della presa in carico: significa dover rinunciare a fare informazione, all’attività valutativa per studiare progetti specifici, al colloquio con i familiari”.
Altri effetti, la rinuncia a innalzare gli standard qualitativi, le difficoltà dei gestori nel rispetto degli standard normativi e il relativo deterioramento del patrimonio strutturale, la riduzione delle possibilità formative per gli operatori. “Oggi, si è tornati a pensare il welfare in ottica prestazionale, concentrato sui casi gravissimi, sulle emergenze, slegato dalla progettualità che l’aveva contraddistinto fino a pochi anni fa”, continua Gori. “I pochi finanziamenti non siano, però, un alibi per arrendersi. La situazione attuale è talmente fluida che tutto può accadere, nel bene e nel male. Noi dobbiamo andare avanti, far capire quanto grande sia la valenza sociale dell’assistenza: non si dimentichi, infatti, che spesso la non autosufficienza è causa di impoverimento e fonte di disuguaglianza. Serve intervenire preventivamente”. (ambra notari)