9 febbraio 2017 ore: 16:25
Famiglia

Non autosufficienza. Cresce la richiesta di assistenza, ma servizi insufficienti

La denuncia del presidente dell’Auser, Enzo Costa, durante la presentazione del rapporto “Domiciliarità e residenzialità per l’invecchiamento attivo” oggi alla Camera dei deputati. Camusso (Cgil): “Stanno prevalendo logiche assicurative privatistiche a quelle di distribuzione dei servizi”
Non autosufficienza, anziani, assistente

ROMA - Sulla non autosufficienza, l’Italia “è un paese che non si sta preparando ad un cambiamento epocale, ma rischia di subirlo in maniera passiva”. Per affrontare il tema non bisogna partire dai costi che comporta, ma dalla “definizione dei bisogni”. E’ quanto sostiene Enzo Costa, presidente di Auser, a margine della presentazione del rapporto “Domiciliarità e residenzialità per l’invecchiamento attivo” tenutasi questa mattina alla Camera dei daputati. Un rapporto che ha messo in evidenza, senza mezze misure, quello che è il quadro attuale della non autosufficienza e quali saranno le sfide per un futuro in cui il tema sarà maggiormente sentito da parte di tutta la popolazione. “Dal rapporto emerge un cambiamento demografico che in termini di proiezione diventerà esponenziale”, ha spiegato Costa. Uno scenario demografico che “non lascia spazio ai tentennamenti. L’Italia è già il paese più vecchio d’Europa con il 21,4 per cento degli italiani over 65 e il progredire del livello di longevità, impone a tutti, soprattutto alle istituzioni ma anche a noi attori sociali, una risposta perché sta crescendo in modo esponenziale la domanda di assistenza”. I dati del rapporto, però, parlano di una domiciliarità e di una rete di presidi residenziali “assolutamente insufficiente”, ha affermato Costa. 

Il rifinanziamento del fondo per la non autosufficienza, portato a 500 milioni con l’ultima legge di bilancio, non basta. Per Costa, i servizi continuano a diminuire e neanche l’aumento riesce a controbilanciare la sensazione di precarietà che vive il welfare italiano. “Abbiamo visto che il fondo per le non autosufficienze è stato rifinanziato, ma ancora quello che ci domandiamo è se non si possa renderlo strutturale - ha aggiunto Costa -. Possiamo renderlo capiente nella misura che serve per colmare i bisogni della gente o dobbiamo continuare ad assistere ad un elastico che oggi c’è e domani scompare? In questo modo non si riesce a programmare nulla. Magari il governo eletto con le prossime elezioni lo cancellerà. E’ già successo e quello che noi chiediamo è che non continui a succedere”. 

Cambiare prospettive, però, per Costa è possibile. E per una volta non si tratta di partire dal nodo risorse. “Bisogna partire dalla definizione dei bisogni - ha specificato Costa -. Stiamo parlando di persone, non di cose. E stiamo parlando di persone in carne ed ossa, non ipotetiche. Le abbiamo già oggi: ci sono 3 milioni di abitanti di questo paese con più di 80 anni che iniziano ad avere problemi di non autosufficienza. Oggi il 48 per cento delle famiglie italiane è economicamente capiente. Potrebbe, con i propri soldi, rispondere ai propri bisogni. Il problema è il restante 52 per cento. Cosa fa? Io partirei sempre dagli ultimi, non da chi ha i servizi e se li può pagare. Quando cresce l’impoverimento automaticamente diminuisce la democrazia, perché non si possono esigere dei diritti che sono costituzionali”.

Per il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, intervenuta durante la presentazione, l’Italia sta ancora pagando le scelte degli anni della crisi. “Abbiamo subito delle lunghe politiche che hanno pensato che tagliare i servizi e il welfare fosse la risposta alla crisi - ha spiegato Camusso -. In realtà, ha amplificato i problemi, le diseguaglianze e ha prodotto un’idea di società in cui stanno prevalendo logiche assicurative privatistiche a logiche di distribuzione dei servizi”. Un percorso, quello delle “politiche assicurative” che “porta ad immaginare il mondo come una somma dei singoli bisogni individuali”, quando invece bisognerebbe favorire percorsi di invecchiamento attivo, anche grazie al ruolo del volontariato chiamato, invece, sempre più a fare “supplenza o da service del servizio pubblico”. Occorre quindi provare a immaginare “un modello di organizzazione sociale diverso rispetto a quello che si è favorito in questi anni”. (ga)

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