Non autosufficienza, ecco il “Piano Zero”: più risorse ed equamente ripartite
ROMA – Sulla non autosufficienza, “un primo passo è stato compiuto ed è il frutto di un lavoro di anni che intendiamo seguire con la massima attenzione”: così Mariangela Lamanna, presidente del Comitato 16 Novembre, commenta l'incontro della Rete per la protezione ed inclusione sociale, a cui ha preso parte, ieri, presso il ministero del Lavoro e delle Politiche sociale e alla presenza della ministra Catalfo e di alcuni funzionari. Obiettivo della riunione: esaminare e approvare il primo Piano per la non autosufficienza, relativo al triennio 2019/2021.
Il Piano Zero
Una richiesta, quella del Piano, che “era partita da noi nel lontano aprile del 2012 con l'allora ministra Fornero. Oggi per la prima volta abbiamo uno strumento col quale misurare realmente lo stato di bisogno della persona non autosufficiente. Si parte da un Piano definito 'Zero' – riferisce ancora Lamanna - non per i contenuti ma perché lo consideriamo un punto di partenza, che avrà una durata triennale e che potrà essere aggiornato e modificato annualmente, a seconda delle criticità che verranno riscontrate in corso d'opera. Come Comitato16 novembre – fa sapere ancora Lamanna - abbiamo chiesto che la classificazione, frutto di studio da parte di un comitato tecnico di esperti, venga immediatamente applicata in tutte le regioni, perché si possa avere una uniformità di giudizio e si predisponga quindi nel tempo un assegno di pari importo, su tutto il territorio nazionale, per tutte le persone che versano nelle medesime condizioni di gravissima non autosufficienza, tenendo presente il reale stato di bisogno assistenziale”.
Il lavoro da fare è quindi tanto e urgente: “Bisogna aggiornare ed approvare il Piano zero per poter procedere alle modifiche del decreto sul Fondo non autosufficienza e al riparto dei fondi alle Regioni”. Il Comitato ha chiesto anche “il ripristino del tavolo interministeriale creato sei anni fa, per monitorare costantemente l'andamento dei lavori delle Regioni, attraverso incontri calendarizzati. Sicuramente partiamo da un piano zero – ribadisce Lamanna - ma partiamo da qualcosa che fino a questo momento non era mai stato classificato e questo ci lascia ben sperare”. Adesso, il prossimo obiettivo è aumentare i Fondo per la non autosufficienza: “Abbiamo diverse volte invitato la ministra Catalfo a portare al presidente del Consiglio Conte (il quale ha tenuto la delega alla disabilità) la nostra richiesta di un aumento sostanziale delle risorse, tuttora irrisorie e incapaci di far fronte alla mole di beneficiari”.
La Fish, attenzione ai 'gravi', non solo ai 'gravissimi'
Come ha ricordato infatti il presidente della Fish Vincenzo Falabella, anche lui presente all'incontro, “attualmente il Fondo non autosufficienza è assestato sui 550 milioni di euro all’anno. Le ambizioni, le prospettive, le esigenze impongono di pensare ad uno stanziamento più consistente già nella prossima legge di bilancio. Le risorse – ha precisato Falabella – sono orientate verso due target: le persone con gravissima disabilità che necessitano di assistenza vitale e le persone con disabilità grave. Anche su tale differenziazione i dati dimostrano una notevole differenza nelle diverse regioni. Quanto poi alle gravi disabilità – riferisce ancora il presidente della Fish - è emersa nuovamente con chiarezza la necessità di individuare criteri selettivi e al contempo equi”. A tal proposito, “vi sono poi alcune ipotesi, da valutare e su cui aprire un confronto, che riguardano il futuro e che sarebbero orientate a garantire una maggiore omogeneità territoriale. Fra queste anche l’idea di una misura unica, anche monetaria e graduata a seconda della gravità, molto simile all’assegno di cura. In questo quadro molto dinamico – riferisce ancora Falabella - la Fish ha richiamato alla prudenza nell’individuazione di nuovi criteri selettivi, che per i ‘gravissimi’ già esistono ma per i ‘gravi’ sono ancora in nuce”. E ha chiesto, la Fish, “un' attenzione particolare ai progetti di vita indipendente, che finora sono rimasti nell’alveo di uno sperimentalismo da cui è necessario uscire per garantire davvero alle persone di costruire il loro progetto di vita, indipendentemente da quale sia la loro regione di residenza”.
La Fand: “Il piano tutela solo il 2,7% dei non autosufficienti”
“Il piano – commenta il presidente nazionale della Fand Nazaro Pagano – tutela un numero ristretto di disabili non autosufficienti e cioè il 2,7% rispetto ai 2 milioni e 200 mila soggetti non autosufficienti che percepiscono la indennità di accompagnamento. E’ necessario quindi procedere a una riforma complessiva delle non autosufficienze, che miri a calibrare le prestazioni economiche e non, sulla base delle diversificazioni delle tipologia di disabilità e della loro gravità. In tale contesto assume rilevanza la normativa sul caregiver familiare all’esame del Parlamento”. (cl)