Non autosufficienza: una “Dote di cura” al posto dell’accompagnamento
ROMA - In materia di non autosufficienza l’intervento più diffuso è l’indennità di accompagnamento. Una misura che, però, ha dei limiti: i criteri di accesso hanno margini di variabilità consistenti, non è graduata per livello di bisogno e per gravi disabilità, è una pura erogazione economica senza legame con i servizi e lascia sole le persone con le proprie esigenze di cura. Per questo i promotori del rapporto “Costruiamo il welfare di domani” (vedi lanci precedenti) hanno pensato a una riforma complessiva del sistema.
La proposta si concentra in particolare sulla popolazione over65, che aumenta al ritmo di 150 mila unità all’anno. La nuova misura, la “Dote di cura”, si rivolge anche agli anziani solo parzialmente autosufficienti e amplia l’attuale copertura di duecentomila unità, passando da 1,4 a 1,6 milioni di beneficiari. La spesa stimata per l’introduzione della misura è di 16,9 miliardi di euro, ma le risorse spese nel 2012 per la non autosufficienza, unificate in un fondo unico, coprirebbero quasi tutti i costi.
Per valutare la non autosufficienza si utilizzerà la scheda Far (profilo di autonomia), in grado di fornire indicatori per graduare l’intensità del bisogno di cure. Vengono inoltre istituite apposite commissioni di valutazione. Al variare del grado di non autosufficienza variano le prestazioni e i contributi economici. Si stabilisce un “set di prestazioni” di natura sociosanitaria e sociale, omogenee a livello nazionale, esigibili anche in presenza di organizzazioni locali differenziate.
Si distinguono tre fasce di utenti. Per quelli inseriti in strutture residenziali si garantisce la copertura del costo di ricovero. Tutti i redditi personali disponibili al soggetto devono servire e sono utilizzati in compartecipazione al costo del servizio, al netto di una franchigia che resterà allo stesso. In presenza di risorse personali insufficienti interviene la Dote di cura. Per gli utenti assistiti a domicilio si può optare per un trasferimento monetario o per servizi acquistabili tramite “voucher”, cioè servizi pubblici o privati accreditati, comprese assistenti familiari. La scelta è libera ma per incentivare la seconda opzione il valore del trasferimento monetario è inferiore al voucher. La concreta erogazione economica sarà in capo all’Inps, mentre alle regioni e agli enti locali spetteranno funzioni di governo, gestione degli accessi, presa in carico, presidio del percorso assistenziale, monitoraggio e valutazione. (gig)