Non solo vaccino anti-Covid: “Anche il farmaco per mio figlio ha bisogno di un iter accelerato”
Emanuele con la mamma e il papà
ROMA – È una battaglia che dura da quattro anni e non si fermerà, perché implacabile è la volontà e la disperazione del padre che la porta avanti: in gioco c'è la vita di suo figlio, Lele, che ha 12 anni e una malattia rara, la distrofia di Duchenne. Da quattro anni esiste un farmaco, che non potrà salvarlo ma almeno potrebbe rallentare il decorso della malattia: un farmaco che però in Italia non è ancora arrivato e non riesce ad arrivare. Dal 2016 è invece utilizzato negli Usa e da allora chiede di poterlo avere anche per suo figlio questo papà, Costantino d'Aniello. Informatico di mestiere, cantante lirico per passione, è diventato un esperto di farmaci orfani e malattie rare: mentre ci racconta di Lele e di questa battaglia, snocciola termini scientifici, cita studi internazionali e mostra di conoscere bene le norme, le procedure, i passaggi necessari perché un farmaco arrivi nel nostro Paese: passaggi lunghi e complessi, soprattutto quando questo farmaco è destinato a pochi. “Per il vaccino anti-Covid – commenta – si sono fatte giustamente molte deroghe e si sono saltati passaggi, per arrivare al più presto alla somministrazione. Allora mi chiedo, oggi più che mai: perché non si può fare lo stesso per rendere migliore la vita di mio figlio e di altri come lui? Come padre, io questo non posso accettarlo e continuerò a lottare fin quando avrò fiato”.
E' una storia come poche, perché pochi sono i “malati rari”: ma quando si entra in questo mondo, ci si accorge che tanti sono i genitori che combattono per un farmaco che c'è, ma che ancora non è disponibile, bloccato tra gli ingranaggi delle sperimentazioni e delle approvazioni che, necessariamente, devono essere garantiti, a tutela della salute e della sicurezza. Proprio qualche giorno fa l'Aifa ha pubblicato il Rapporto “Orizzonte Farmaci”, una “bussola per identificare e valutare precocemente nuovi medicinali e nuove indicazioni terapeutiche che potranno ampliare le opzioni di trattamento a disposizione dei medici e dei pazienti”. Nel relativo post pubblicato su Facebook, i commenti sono soprattutto di genitori che chiedono, accorati e disperati, di poter accedere a uno di questi nuovi farmaci, specifico per la Sma 1, il “zolgesma”.
Il farmaco che chiede Costantino per suo figlio si chiama Exondys 51_ prodotto dall'azienda Sarepta, è stato approvato “condizionalmente” nel 2016 dall’FDA negli Usa, ma non ancora in Ue. “Non guarirebbe la malattia, me ne rallenterebbe il decorso - ammette il papà di Emanuele - So che non farebbe miracoli, ma è provato che questo farmaco consente ai muscoli di produrre tra il 6% ed il 17% di distrofina (la proteina la cui assenza causa il decadimento muscolare): sicuramente un bel passo avanti, rispetto al nulla attuale. "Non posso rinunciare alla possibilità che la vita di Lele migliori”, ci spiega Costantino, che ha esplorato e provato tutte le possibili strade per l'accesso precoce al farmaco. “Per tentare uno di questi accessi, ho interpellato Parent Project aps che, dopo circa un anno e mezzo, il 16 maggio 2018, è riuscita ad avere un incontro con una delegazione Aifa, che ha promesso di accelerare i tempi per l'accesso a questo farmaco”.
Trascorso però altro tempo senza che questo impegno si concretizzasse, Costantino si è rivolto ai neurologi dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, “centro di riferimento presso il quale mio figlio è seguito, chiedendo loro di intraprendere il percorso per l’accesso precoce al farmaco attraverso la legge 326/2003, Art. 48, come indicato dalla stessa Aifa. La richiesta è partita ufficialmente dall’ospedale nei primi giorni del maggio 2019: il 1° luglio ai medici di mio figlio è stato notificato il rigetto della richiesta da parte di Aifa. Il motivo? La mancata approvazione dell’EMA e l'approvazione 'condizionale' da parte dell’FDA”.
La Sarepta Therapeutics, biotech statunitense, ha iniziato la sperimentazione di questa terapia circa 10 anni fa su 12 ragazzi tra gli 8 ed i 12 anni: “dieci di questi – riferisce Costantino, che ha letto e studiato tutta la documentazione disponibile su questa sperimentazione - hanno preservato la mobilità ben oltre l’età prevista per la perdita di deambulazione”. Ed è proprio a questo che i genitori di Lele puntano: “Rinviare quel momento, che pure arriverà, in cui Lele perderà completamente la possibilità di muoversi. Lui ora crede che la sua malattia colpisca solo le gambe, ma preso scoprirà che le cose non stanno così. Lele sta entrando nell'adolescenza e assistiamo ogni giorno al peggioramento della sua capacità motoria: se avesse iniziato quattro anni fa ad assumere il farmaco, forse saremmo riusciti a rallentare questo aggravamento e oggi salirebbe le scale come le saliva qualche anno fa. Ogni giorno che passa, per noi è una sconfitta, altro tempo perso, che toglie speranza”. La burocrazia però ha i suoi tempi e le sue regole: “Fda ha approvato il farmaco, perché si è dimostrata la sua capacità di fornire ai pazienti la proteina mancante, mentre EMA, dopo un anno e mezzo di silenzio assordante, ha dichiarato di non avere sufficienti elementi per decidere. Ma rimane il fatto che esiste un’approvazione (anche se condizionale) ad opera di un ente regolatorio quale Fda, riconosciuto da Aifa come accreditato e quindi nei termini di legge della richiesta”.
Per questo, dal Bambin Gesù è partita una seconda richiesta di accesso al farmaco, all'inizio del 2020. Stavolta però la risposta si è fatta attendere a lungo, forse anche per l'insorgere, nel frattempo, del Coronavirus, che ha concentrato su di sé l'attenzione di tutto il mondo sanitario e farmaceutico. “Solo dopo la mia lettera del 10 novembre 2020, Aifa ha espresso l’ennesimo giudizio negativo, identico a quello precedente. Specificava però che, qualora l'azienda farmaceutica avesse voluto offrirci questa come cura compassionevole, Aifa non si sarebbe opposta. Nessuna disponibilità in tal senso è stata però offerta da Sarepta”.
I genitori di Lele però non sono pronti ad arrendersi: “Per colpa di questi tempi lunghi, mio figlio ha perso quattro anni cruciali, in cui si sarebbe potuto rallentare il decorso della malattia: chi gli risarcirà il danno subito e la violazione del suo diritto alla cura? Se esistono leggi per avere un accesso precoce ai farmaci, queste dovrebbero servire proprio per dare possibilità ai malati incurabili di accedere a cure innovative non presenti ancora sul territorio italiano. Se questa possibilità viene negata a mio figlio per motivazioni puramente economiche, qualcuno dovrebbe avere il coraggio di dirgli che lui è un cittadino italiano senza diritto alla cura di cui avrebbe bisogno”.
Costantino sa bene quali siano le difficoltà e anche i rischi legati a un farmaco che non ha compiuto l'intero processo di approvazione: “In questo caso, però, non ci sono pericoli, tutt'al più si rischia l'inefficacia. E' un rischio che, noi genitori disperati, siamo disposti a correre. Se potessimo, pagheremmo di tasca nostra questo farmaco, ma parliamo di un trattamento che costa intorno ai 400 mila dollari l'anno! Questa malattia corre veloce: difficilmente si vive oltre i 30 anni, ma già intorno ai 12 anni i ragazzi finiscono sulla sedia a rotelle e dopo i 20 generalmente si perde la capacità di muovere gli arti. Giovanissimi, diventano corpi morti con dentro la vita: una prospettiva inaccettabile per noi genitori, che siamo pronti a tutto per allontanare almeno dai nostri figli l'incubo della paralisi. I tempi di una malattia neurodegenerativa come questa non sono compatibili con quelli dell'approvazione dei farmaci: non possono esserci paletti così vincolanti per giovani pazienti che non hanno tempo. Bisogna dare la possibilità di provarlo, naturalmente una volta accertati parametri di sicurezza. Il Covid è un'emergenza mondiale, che ha giustificato l'accelerazione dell'iter di approvazione del vaccino. Noi viviamo un'emergenza di vita, che spero non valga di meno: chiedo quindi, anche per questa nostra piccola grande emergenza, una deroga e un'accelerazione dell'iter. Io devo poter guardare mio figlio negli occhi e dirgli: 'Abbiamo fatto tutto il possibile'. Per questo non ci fermeremo”.