5 marzo 2014 ore: 15:33
Economia

Nuova social card, “a due anni dal lancio nessuno ha ricevuto il sostegno”

Save the Children e Caritas italiana puntano il dito contro la misura sperimentale avviata in 12 comuni. Al governo Renzi la richiesta di rivedere i criteri:“Troppi ostacoli. Occorre semplificare le modalità di assegnazione”
Povertà, mano con spicci

ROMA – A due anni dal provvedimento che istituiva la nuova social card per le famiglie povere con bambini, nessuna di loro però ha ancora visto il sostegno nonostante in Italia un bambino su 10 viva in povertà assoluta. A lanciare l’allarme un dossier sulla Carta acquisti sperimentale (ribattezzata dall’ex ministro del Welfare sperimentazione del Sostegno all’inclusione attiva) pubblicato oggi da Save the Children e Caritas italiana che lancia un appello al governo affinché le procedure di assegnazione della card vengano semplificate. “Chiediamo al Governo Renzi e a tutte le istituzioni coinvolte di fare arrivare a destinazione, senza ulteriori ritardi, in tutte le città oggetto della sperimentazione della social card i fondi stanziati da più di due anni per il sostegno alle famiglie in povertà con bambini – spiega Raffaela Milano, direttore dei programmi Italia-Europa di Save the Children -. Se pensiamo alla vita quotidiana di famiglie con bambini che sopravvivono con meno di 3.000 euro di Isee l’anno, è facile cogliere la gravità delle lentezze burocratiche nell’assegnazione di un contributo già stanziato da tempo”.

Istituita nel febbraio 2012, alla misura sono stati affidati inizialmente 50 milioni di euro per 12 comuni: Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Venezia, Verona. Tuttavia, nonostante i due anni trascorsi, “ad oggi  non è stata ancora erogata in nessuno dei comuni coinvolti”. Per Francesco Soddu, direttore di Caritas Italiana, “sono importanti tutte le azioni che potrebbero segnalare una attenzione nuova del governo alle fasce più deboli come l’avvio effettivo delle sperimentazioni della nuova carta acquisti, la pronta definizione del Piano operativo per il nuovo fondo europeo sui beni essenziali, una più efficace azione contro la povertà minorile e l’evasione scolastica”. Fasce più deboli del Paese che, secondo Milano, avrebbero potuto avere un aiuto proprio dalla nuova card. “La sperimentazione, sebbene limitata, avrebbe potuto contribuire a migliorare sensibilmente le condizioni di vita di tanti bambini e adolescenti – aggiunge Milano -. E’ necessario impegnarsi per accelerare i tempi di erogazione e occorre apportare i correttivi necessari, dal momento che la misura è stata finanziata nell’ambito della riprogrammazione dei fondi europei  in sede di legge di stabilità ed estesa a tutto il territorio nazionale, con un investimento pari a 300 milioni di euro per il 2014 e di 297 per il 2015”.

Da un monitoraggio effettuato sulle 12 città coinvolte, infatti, “è emerso il ritardo che ha riguardato tutti i comuni. Basti ricordare che le prime erogazioni erano attese già a novembre 2013 e non solo ad oggi nessuna famiglia ha ricevuto il contributo, ma in tutti i comuni si è ancora in attesa delle graduatorie definitive”. A causare il ritardo soprattutto i criteri d’accesso “numerosi, stringenti e in un certo senso contraddittori, che hanno di fatto escluso un grande numero di potenziali beneficiari, a fronte di un ingente stanziamento di risorse”. Secondo Caritas e Save the Children, per beneficiare del contributo “le famiglie devono infatti dimostrare da un lato di essere in una condizione di “nuova povertà” e dall’altro di trovarsi già in una situazione di bisogno estremo. Di fatto restano esclusi sia i cosiddetti nuovi poveri, ossia le persone recentemente trovatesi in situazione di povertà (a causa del criteri riguardanti l’abitazione, possesso beni mobili e veicoli di recente acquisizione) sia coloro che si trovano in situazione di povertà assoluta (dovuto al criterio selettivo della perdita  recente del lavoro)”. Per le due organizzazioni, le difficoltà nella gestione della sperimentazione sono dovute anche alla carenza di personale adeguato. “Le amministrazioni si sono trovate ad utilizzare le risorse umane, logistiche e finanziarie a loro disposizione, già oberate di lavoro, come i servizi sociali territoriali, sportelli del cittadino, segretariato sociale. I Comuni non hanno stanziato risorse finanziarie aggiuntive per la gestione della social card”. Uniche eccezioni, Torino e Bari che, secondo il dossier, hanno investito rispettivamente 30 mila euro e 17 mila euro per far fronte alla sperimentazione.

Per Save the Children e Caritas italiana, quindi, occorre intervenire sulla misura rivedendo i criteri di accesso alla nuova social card “perché i numeri dimostrano che i criteri di selezione dei beneficiari non solo non permettono un’efficace uscita dalla povertà ma non raggiungono i destinatari prescelti”. Occorre, infine, “facilitare un maggior coordinamento tra il livello territoriale e l’Inps, sostenere l’inclusione attiva dei beneficiari destinatari dei Piani di intervento personalizzati (Pai) dando chiare indicazioni ai comuni e promuovere azioni di coordinamento con le realtà civiche e di volontariato presenti sul territorio per integrare questa misura con le altre azioni di contrasto alla povertà presenti al livello locale”.

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