1 marzo 2016 ore: 15:37
Disabilità

Nuovo Isee, Gori: “Così fallisce il tentativo di rendere il welfare più equo”

Dopo la sentenza del Consiglio di Stato, fuori dal coro il giudizio del docente di Politiche sociali, che difende lo strumento: “C'era qualche criticità, ma il nuovo Isee era in generale più vantaggioso per le persone con disabilità”. E sottolinea il paradosso di una misura favorevole ai disabili affossata da una minoranza di disabili
- Cristiano Gori Redsoc15 - Cristiano Gori - Redattore 2015

Cristiano Gori

ROMA – Una “minoranza di associazioni di persone con disabilità” ha vinto la sua battaglia, quella di “abolire una misura favorevole a tutti i disabili”. E' questo il “paradosso” che secondo Cristiano Gori, docente di Politiche sociali alla Cattolica di Milano, sintetizza la vicenda del ricorso contro il nuovo Isee, reo di prendere in considerazione nel calcolo anche le provvidenze economiche (come pensioni di invalidità e indennità di accompagnamento) concesse alle persone con disabilità. Un ricorso parzialmente accolto un anno fa dal Tar del Lazio con una decisione che ora, con la sentenza resa nota ieri, è stata definitivamente confermata dal Consiglio di Stato 

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La sentenza di ieri, dice Gori, “costituisce il risultato di una battaglia portata avanti da alcune associazioni che rappresentano solo una piccola parte dell’universo di chi si impegna per i diritti delle persone con disabilità. Questo è un aspetto solitamente trascurato dai media ma che penso sia da considerare per comprendere quanto avvenuto”.

Il loro argomento è che non si può considerare l’indennità di accompagnamento un reddito perché si tratta, invece, di un sostegno ai costi economici dovuti alla condizione di disabilità. La considerazione è giusta e condivisa da chiunque sia sensibile ai diritti delle persone con disabilità. L’argomento non è più condivisibile, invece, quando lo si sviluppa sostenendo – ed è questo il punto chiave – che poiché l’indennità non è un reddito, includerla ai fini di elaborare il valore Isee finale significa danneggiare le persone con disabilità”.

Il nuovo Isee infatti – fa notare Gori - viene calcolato considerando una varietà di risorse economiche (tra le quali rientra l’indennità) accompagnate da diverse franchigie, detrazioni delle spese sostenute, e regole su come considerare il nucleo familiare. Non è possibile giudicare l’Isee dalla presenza o meno di un singolo elemento bensì solo valutando l’insieme di quelli che lo compongono. Ciò che conta per la persona con disabilità è il valore dell’Isee, che si determina come esito di tutti i passaggi indicati sopra.

E a questo proposito i dati del monitoraggio del Ministero del Welfare sono chiarile persone con disabilità sono state avvantaggiate dall’introduzione del nuovo Isee sotto due profili. Il primo: per la maggior parte di loro il nuovo strumento è più favorevole della vecchia versione. Il secondo: nessun’altra categoria di utenti del welfare ha beneficiato di un miglioramento delle proporzioni di quello loro destinato. L’Isee è uno strumento per misurare le condizioni economiche di chi richiede prestazioni di welfare e, di fatto, in base a come viene misurata la condizione dei diversi gruppi se ne può avvantaggiare uno rispetto all’altro. Il nuovo Isee – oggetto del ricorso - nonostante includa l’indennità di accompagnamento, è stato congegnato in modo tale da contenere una priorità politica a favore delle persone con disabilità".

"Infatti è vero che l’Isee - sottolinea – presenta diverse aree di criticità, ad esempio nei confronti di chi ha disabilità plurime, ma su queste problematiche si sarebbe potuto agire con interventi migliorativi mirati. Adesso invece, seppure non sia ancora ben chiaro cosa accadrà, è ragionevole attendersi che gli effetti della sentenza richiederanno di rimettere mano allo strumento nel suo insieme”.

Il tema diventa allora più ampio e riguarda l'intero complesso delle politiche sociali nel nostro paese e il tentativo direndere più equo l'accesso ai servizi di welfare. “Il nuovo Isee - argomenta Gori – stava, tra non poche difficoltà, rendendo le nostre politiche sociali maggiormente eque, a favore delle persone più fragili. Chi lavora nei territori conosce bene la fatica per introdurre lo strumento nei propri servizi, una fatica spesa opportunamente perché finalizzata a maggiore equità. Ora su questo impegnativo e importante percorso la sentenza del Consiglio di Stato fa calare un grande punto interrogativo. Non so prevedere gli sviluppi, ma una cosa è certa: quanto avvenuto rafforzerà la convinzione, già presente in molti, che le politiche sociali italiane, nei fatti, non siano riformabili. Penso, pertanto, che tutti coloro i quali hanno a cuore il miglioramento del nostro welfare dovrebbero chiedersi: com’è stato possibile che una misura che rende più equo il welfare sia stata abbattuta proprio da alcuni tra coloro i quali ne traevano – opportunamente - maggiore beneficio? E come si può agire perché una simile vicenda non si ripeta più in futuro?”. (ska)

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