Nuovo Pei, le quattro criticità secondo Coordown. “A rischio l'inclusione”
ROMA – Bocciatura secca: per Coordown il nuovo modello di Pei, contenuto nel decreto interministeriale n.182 del 29 dicembre 2020, emanato congiuntamente da Ministero dell'Istruzione e Ministero dell'Economia e delle Finanze, non va affatto bene. Questo stabilisce le modalità per l'assegnazione delle misure di sostegno per gli studenti con disabilità. Il 13 gennaio il documento è stato pubblicato e diffuso a tutti gli istituti scolastici e sarà in vigore dal prossimo anno scolastico. CoorDown, in base alle Linee guida e bozze di PEI visionate, aveva già espresso dissenso sulle scelte indicate scrivendo alle massime cariche dello Stato, chiedendo audizione in merito e proponendo modifiche.
“Oggi, purtroppo i timori espressi hanno trovato riscontro perché le richieste di modifica arrivate da più parti sono rimaste inascoltate – afferma oggi il coordinamento - Il Miur si vanta di aver steso il documento in collaborazione con il mondo della scuola e con le associazioni. CoorDown prende le distanze da quanto emanato e sottolinea che i contributi proposti in sede di Consulta delle associazioni nelle riunioni dell’Osservatorio Permanente per l’Inclusione Scolastica non sono stati presi in considerazione. Inoltre, nella seduta dell’Osservatorio del 31 agosto 2020 citata nel Decreto ha partecipato solo il Comitato Tecnico Scientifico e non la Consulta delle associazioni. CoorDown ribadisce che non si sente rappresentato dalle associazioni che erano presenti”.
Come spiega Antonella Falugiani, presidente di Coordown, “nella riforma del Pei sono troppi i punti critici che preoccupano noi associazioni e le famiglie degli alunni con disabilità, segnali di un'impostazione culturale che indicano un'inversione di rotta nel processo di inclusione, fiore all'occhiello da sempre del nostro paese. Dal concetto di esonero da materie di studio, la nuova composizione del GLO (Gruppo di Lavoro Operativo per l’Inclusione), il meccanismo di assegnazione del sostegno con l'introduzione del 'debito di funzionamento', fino alla formalizzazione di ore di lezione svolte fuori dalla classe per l’alunno con disabilità – osserva ancora Falugiani - Non ci sfuggono gli aspetti positivi, come la corresponsabilità educativa, l'impostazione su una prospettiva bio-psico-sociale, la partecipazione attiva dell'alunno con disabilità nei processi decisionali che lo riguardano nel rispetto del principio di autodeterminazione e il legame con il Progetto Individuale e la prospettiva più ampia con cui si guarda alla vita dell'alunno. Ma questo decreto mette a repentaglio anni di progressi nell’inclusione scolastica e rischia di vanificare gli sforzi fatti per garantire pieni diritti per tutti. CoorDown, a nome degli alunni con sindrome di Down che rappresenta e delle loro famiglie, agirà in ogni sede opportuna affinché le criticità emerse in questo decreto vengano riconsiderate. Non escludiamo nessuno strumento come interrogazioni parlamentari, azioni congiunte con altre associazioni, oltre che raccolte firme e altre iniziative di protesta affinché la voce delle famiglie non resti inascoltata”, conclude Antonella Falugiani.
Ecco i punti da modificare
La prima criticità riguarda, secondo Coordown, l'introduzione del concetto di esonero. Gli alunni con disabilità possono essere esonerati da alcune materie di studio e la conseguenza più immediata è che il percorso diventi automaticamente differenziato. Nelle linee guida si evince chiaramente che è il consiglio di classe a decidere in merito, lasciando fuori da questa decisione le famiglie. C'è da chiedersi che cosa farà l'alunno nelle ore in cui viene esonerato, dove lavorerà e con chi. Diventeranno forse legittime le aule di sostegno? Certamente gli alunni verranno sottratti agli insegnanti curricolari e delegati totalmente all'insegnante di sostegno o agli educatori e verranno esclusi dal gruppo classe. Questa era una cattiva prassi già in essere che è stata duramente combattuta negli anni e che ora assume piena legittimità, una prassi pericolosa che va a cozzare con uno dei fondamenti dell'inclusione per cui in qualsiasi disciplina, per quanto complessa possa essere, c'è comunque la possibilità di semplificare e facilitare i contenuti in modo da renderli fruibili per tutti gli alunni della classe, nessuno escluso. Oltre all’esonero viene contemplata anche la riduzione dell'orario scolastico, da non confondere con quella richiesta da parte della famiglia o di specialisti per svolgere terapie riabilitative, che andrà ulteriormente a diminuire la partecipazione dell'alunno con disabilità alle attività ordinarie della classe.
La seconda criticità riguarda la composizione del Gruppo di lavoro operativo (GLO), che non sarà più composto da consiglio di classe, esperti esterni del mondo sanitario, professionisti incaricati dalla famiglia e dai genitori in modo paritetico, ma sarà il Dirigente Scolastico a definirne la configurazione nella quale Dirigente Scolastico e Consiglio di Classe saranno membri, mentre i genitori, i rappresentanti del sistema sanitario che hanno in carico l'alunno e altre figure professionali interne ed esterne alla scuola saranno partecipanti. L'elaborazione e l'approvazione del PEI sarà in capo al GLO tenendo in considerazione l'apporto degli altri partecipanti, ma anche in loro assenza sarà validamente costituito e potrà approvare il PEI. È chiaro che il GLO non è più un gruppo unico e, almeno sulla carta, collaborativo come prima dove le opinioni di tutti avevano lo stesso peso, e che il ruolo della famiglia è significativamente ridimensionato. Andranno chiarite le modalità di approvazione da parte del Ministero: pur essendo caduta la trasformazione del GLO in Organo Collegiale, non sono scomparse dal testo le parti relative all’approvazione del documento ed in una composizione come quella delineata dal Decreto, la famiglia avrebbe solo la possibilità di esprimere opinioni e non di incidere nell’approvazione dello stesso.
La terza criticità riguarda l’automatismo nell'assegnazione delle ore di sostegno, non più in base alla certificazione clinica, (che prevedeva per le disabilità gravi art 3 comma 3 Legge 104/92, il massimo della copertura), ma sul concetto di “debito di funzionamento”. Se anche volessimo sorvolare sul linguaggio, ma sappiamo bene quanto il linguaggio abbia significative conseguenze culturali, il nuovo automatismo parte dal presupposto che ci sia uno standard di normalità a cui gli alunni devono rispondere e in base a questo presupposto viene stabilita l'entità del debito. L'estrema standardizzazione perde di vista la persona e si concentra su quello che manca per rispondere a un normotipo di riferimento. È indubbiamente un passo indietro sul piano culturale, dove la diversità cessa di essere una risorsa e diventa un gap da colmare. “Appare altresì contraddittorio – osserva Coordown - il principio per il quale chi avesse un debito di funzionamento basso e quindi potesse aspirare ad un percorso semplificato e quindi ad un diploma avrebbe automaticamente meno ore di sostegno, meno supporto, meno mediazione per raggiungere i suoi obiettivi”.
L'ultima delle criticità riguarda le ore fuori dalla classe. La domanda, presente nel Pei: “L’alunna/o è sempre in classe?” è per Coordown “uno dei segnali più forti, insieme all’esonero, dell’inversione di rotta. Il nuovo modello di Pei da una parte legittima, infatti, la possibilità di portare fuori della classe un alunno per un certo numero di ore, dall'altra riapre le porte al concetto di “aule di sostegno” e di attività individuali. È chiaro che non siamo contrari ad ogni tipo di forma laboratoriale o attività svolta in modalità cooperativa in piccolo gruppo eterogeneo svolta fuori dalla classe, ma non possiamo accettare la formalizzazione di un tempo scuola individuale in spazi non ben identificati”, conclude il coordinamento.