Oltre i Cie: accoglienza, soggiorni e rimpatri assistiti. La sfida della Cgil
BOLOGNA – La sfida della Cgil per la chiusura dei Cie si chiama “accoglienza totale degli immigrati”. La proposta è di Piero Soldini, responsabile Immigrazione della Cgil nazionale, intervenuto questa mattina a Bologna all’incontro ‘Fuori i migranti dai CIE - Fuori i CIE dall’Ordinamento’. Ormai note le condizioni disumane dei centri per l’identificazione e l’espulsione, per la Cgil è il momento di pensare in prospettiva. Secondo Soldini, la difesa delle frontiere a tutti i costi è una direzione errata: oggi l’Italia è Paese d’immigrazione, di migrazione e di transito. Bocciato l’atteggiamento difensivo, è il momento di passare all’inclusione: la Cgil suggerisce un nuovo approccio, fondato sulla qualifica dei flussi, perché diventino regolari, gestiti e gestibili. L’appello è a uscire dal sistema emergenziale tipicamente italiano. “Accoglienza e legalità sono l’unica strada per affrancare gli immigrati dalla clandestinità e dalla tratta criminale”, spiega Soldini. Garantire il diritto d’asilo, aiutare chi è alla ricerca di un lavoro, accogliere chi ha una famiglia. Puntare su una politica di rimpatri assistiti e volontari fondata sulla collaborazione e la fiducia reciproca tra servizi e migranti cementata da accordi bilaterali con i Paesi d’origine. Modificare radicalmente la Bossi-Fini, superare il contratto di soggiorno, abolire il reato di clandestinità. Identificare gli stranieri direttamente nelle carceri, senza doverlo poi portare nei CIE. Il tutto, in un’ottica europea, che parta, però dal buon esempio di un rinnovato modello italiano.
I CIE succhiano circa la metà delle risorse che il governo mette a disposizione dell’immigrazione (in media, un giorno nel centro costa 50 euro): con la loro chiusura, quei fondi potrebbero essere utilizzati per l’assistenza e il sostegno dei rimpatri. “Operando in questo modo, il bacino delle persone oggi detenute nei CIE si svuoterebbe”, prosegue Soldini. Per quanto riguarda l’irregolarità residua, o quella prodotta dalla perdita del lavoro, serve sia regolarizzata e non criminalizzata, con politiche di emersione del lavoro nero.
D’accordo Vera Lamonica, Segretario Confederale Cgil, che inserisce il discorso nel tema più ampio del lavoro, questione quanto mai attuale dopo la tragedia degli operai cinesi morti in un capannone tessile di Prato andato a fuoco. Per Lamonica, il problema degli immigrati irregolari è strettamente connesso a quello del lavoro in nero: “Per questo chiediamo strumenti efficaci per le denuncia del lavoro in nero e un nuovo approccio al tema più ampio del lavoro e dell’immigrazione”. (ambra notari)