Operato dopo lo sbarco, giovane migrante quasi cieco torna a vedere
W.I.I., il diciassettenne di origini egiziane
W.I.I., il diciassettenne di origini egiziane |
CATANZARO - "Mi sento rinato", dice tutto contento. Sta riacquistando la vista all'occhio sinistro e spera succeda anche per il destro, con il quale continua a vedere poco. Quel poco che gli consente di percepire le ombre degli oggetti, a soli due palmi, sin dalla nascita. La storia di W.I.I., diciassettenne di origini egiziane, approdato quasi cieco a Pozzallo un anno fa, in uno dei tanti "viaggi della speranza", è l'altra faccia delle politiche d'accoglienza italiane.
Grazie al trapianto di cornea, eseguito dall'équipe del dottor Scorcia, del Centro Oculistico dell'Università "Magna Grecia" di Germaneto, a Catanzaro, W.I.I. è dunque in via di recupero totale dell'occhio sinistro (l’intervento avvenuto 15 giorni fa è andato bene). Ed è già in lista per essere operato anche all'occhio destro. A salvarlo da una vita al buio, le buone pratiche dell'associazione "LiberAccoglienza", che ad Acri gestisce un centro di accoglienza del sistema Sprar dove, negli anni, sono stati ospitati decine di minori, in fuga da conflitti e carestie.
"La nostra associazione cerca di andare oltre il semplice permesso di soggiorno", afferma Luigi Branca, presidente della onlus. "Il nostro obiettivo è quello di accompagnare i ragazzi in un vero e proprio percorso di benessere e integrazione, che passa dalle semplici cure mediche, a quelle più specifiche. Ma andiamo oltre. Ad esempio, qualche anno fa, abbiamo iscritto i minori ospiti nella nostra struttura alla squadra di rugby del paese. E loro, insieme ai ragazzi acresi, hanno vinto la Coppa Calabria". Branca conclude: "In un momento storico in cui Salvini incita i sindaci a non accogliere i migranti, speriamo di dare il buon esempio. Questi giovani possono essere una risorsa. Dipende da noi!".-
Ad assegnare il progetto Sprar all'associazione "LiberAccoglienza", il comune di Acquaformosa, altro noto paese dell'accoglienza calabrese. Oggi lo Sprar di Acri si chiama "La casa di Abou Diabo", in ricordo di un giovane migrante che ha perso la vita in un incidente d'auto. E le stanze pullulano di giovani migranti e italiani, che trascorrono lunghi pomeriggi insieme. Gli ospiti arrivano da Egitto e Africa Centrale. Tornei di calcetto, qualche uscita insieme e la disponibilità degli operatori ad aprire le porte della struttura all'integrazione, sono stati la carta vincente per far sentire i giovani migranti meno soli. (Giulia Zanfino)