13 agosto 2015 ore: 12:45
Immigrazione

Ordinari o vulnerabili? La difficile accoglienza dei profughi "Dublinanti"

Con i progetti Step Italy e Step V Italy della cooperativa Lai-Momo, a Bologna sono stati accolti tra il 2014 e il 2015 75 migranti classificati come "casi Dublino", cioè rispediti in Italia dove erano stati identificati la prima volta. In alcuni casi la vulnerabilità non era segnalata
Immigrazione, due profughi in primo piano

BOLOGNA – Li chiamano "dubliners", tradotto chissà perché in italiano "dublinanti". Sono i richiedenti asilo che vengono rimandati nel primo Paesi in cui sono stati identificati, in applicazione al Regolamento di Dublino.

Si tratta di migranti che sono entrati nella zona Schengen attraverso l’Italia o altri Paesi di frontiera, sono stati identificati e poi sono ripartiti per altre destinazioni, magari per raggiungere familiari o amici nel Nord Europa. Al momento della richiesta di protezione internazionale, le autorità hanno trovato le loro impronte digitali nel sistema Eurodac e hanno attivato la procedura per l’applicazione del Regolamento di Dublino. Una procedura lunga che prevede la valutazione di eventuali vulnerabilità della persona e che, in genere, si conclude con il reinvio della persona nel primo paese europeo di accesso e identificazione.

Uno dei punti di arrivo in Italia di questa particolare tipologia di richiedenti asilo, resi fragili dall’ulteriore esperienza di trasferimento che spesso avviene in modo coatto, è l’aeroporto di Bologna. I progetti di accoglienza Step Italy (Supporto temporaneo e protezione) e Step V Italy (Supporto temporaneo e protezione vulnerabili) realizzati dalla cooperativa sociale Lai-momo di Bologna in partnership con altri soggetti, e finanziato dal ministero dell’Interno con risorse del Fondo europeo per i rifugiati 2008-2013, hanno permesso di accogliere a Bologna, tra il 2014 e il 2015, 75 richiedenti asilo dublinanti, di cui 36 vulnerabili.

Minori, disabili, anziani, donne in gravidanza, genitori singoli con figli piccoli, persone che hanno subito torture o altre forme di violenza psicologica, fisica o sessuale. Sono i richiedenti asilo considerati vulnerabili. Da marzo 2014 a giugno 2015, il progetto Step V Italy realizzato da Lai-momo con il supporto del Comune di Bologna, in collaborazione con la Prefettura e la partnership dell’associazione Mondo Donna, Consorzio cooperative Arcolaio, Asp Città di Bologna ha permesso di accogliere 36 persone provenienti da Georgia, Eritrea, Costa d’Avorio, Siria, Tunisia, Afghanistan, Iran, Palestina, Swaziland, Albania, Nigeria, Mali, Iraq, Senegal, Sudan, Bangladesh. Tra le persone accolte le donne sono state 8 (provenienti da Afghanistan, Iran, Costa d’Avorio e Swaziland), di cui 4 con le famiglie, 1 da sola con un bambino, una in stato di gravidanza e 2 sole.

“La vulnerabilità non è facile da valutare – spiega Alessia Corazzi dell’associazione Mondo Donna che si occupa di accoglienza e, nell’ambito del progetto, ha gestito strutture con 15 posti per gli ordinari e 35 per i vulnerabili – ma una volta accertata potrebbe portare a non applicare il regolamento di Dublino. A noi però sono arrivati richiedenti asilo valutati come ‘ordinari’ ma con vulnerabilità evidenti”.

Avviato nel dicembre 2013 da Lai-momo con il supporto del Comune di Bologna e la partnership di Consorzio cooperative L’Arcolaio e Asp Città di Bologna, il progetto Step Italy ha registrato il primo ingresso, un richiedente asilo rientrante dalla Svezia nel febbraio 2014, e si è concluso il 25 febbraio 2015. In un anno sono state accolte 39 persone provenienti da Palestina, Iran, Siria, Libano, Etiopia, Afghanistan, Nigeria, Mali, Swaziland, Sudan, Eritrea, Iraq in appartamenti dislocati in varie zone della città,  per favorire l’integrazione e l’inserimento nel tessuto sociale.

Oltre all’accoglienza e al vitto, i progetti hanno garantito corsi di lingua italiana, assistenza sanitaria, legale, mediazione, percorsi di ricerca dell’autonomia e di accesso a progetti di seconda accoglienza, supporto all’ottenimento della protezione internazionale. Nel caso dei vulnerabili è stato favorito l’accesso a servizi sanitari specialistici, come i Centri di salute mentale territoriale vista l’elevata presenza di persone che hanno manifestato disagi psicologici legati alle vicende traumatiche vissute nei Paesi di origine o di transito. Alcuni richiedenti asilo hanno partecipato a un laboratorio per la creazione di una app in collaborazione con l’associazione culturale Neunet e l’Università di Urbino, uno ha svolto volontariato come istruttore di pallavolo per bambini presso la Uisp e per altri 3 sono stati attivati tirocini formativi presso un’azienda del territorio. Ora i progetti sono conclusi e, ove possibile, le persone accolte sono transitate in progetti Sprar. (lp)

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