13 ottobre 2016 ore: 10:02
Immigrazione

Orwa Kulthoum, l'attore siriano rifiutato dal Libano che l'aveva accolto

In partenza da Beirut alla volta di Bologna per presentare al Terra di Tutti Film Festival il film di cui è protagonista, ha scoperto di non essere più il benvenuto nel Paese dove si era rifugiato dopo la fuga dalla Siria. Il motivo? “Il mio lavoro: perché l’arte è un’arma potente”
Orwa Kulthoum

BOLOGNA – È successo tutto due giorni fa, all’aeroporto di Beirut, in partenza per Bologna: “You’re not welcome in Lebanon anymore, non sei più il benvenuto in Libano, mi hanno detto gli impiegati. Mi hanno fatto un timbro sul passaporto e mi hanno minacciato: se torni, ti rispediamo in Siria. Cosa farò ora? Chiederò il permesso di soggiorno qui in Italia, per me sarà un onore”. Orwa Kulthoum, giovane attore siriano rifugiato in Libano, è in città per presentare al Terra di Tutti Film Festival “Echoes of shadows”, il film della regista libanese Dima Al-Joundi di cui è protagonista. Era il 21 luglio del 2012 quando Orwa, 36 anni, ha deciso di scappare dalla Siria: era stato richiamato dall’esercito per diventare uno dei ‘commandos’, militari esperti nel combattimento urbano, ipotesi che non avrebbe potuto accettare.

Orwa Kulthoum

“Avevano già provato a uccidermi due volte, e un’altra hanno tentato di rapirmi. Dopo essermi rifiutato di far parte dell’esercito, non avevo più scelta. Così, sono partito da Damasco alla volta di Beirut, non più di un’ora e mezza di strada. Sono andato a salutare mia mamma, che mi ha dato 3 bottiglie d’acqua. Le ho detto che il viaggio sarebbe stato breve, che me ne sarebbe bastata una, ma ha insistito. Aveva ragione lei: alla frontiera c’era così tanta gente che ci ho messo 8 ore per passare. In coda, ho visto uomini, donne e bambini fuggire a piedi, affamati e assetati, stremati dal viaggio. Lì, in quel momento, ho deciso che avrei sempre e solo raccontato la verità sul mio popolo e sul mio Paese d’origine”, racconta. 

Orwa è un attore famoso in Siria (nonché professore presso un istituto d’arte), proprio per questo particolarmente controllato dal regime. Fa parte di tutta quella schiera di attori che, fuggiti in Libano, si sono trasformati in doppiatori di serie turche. “Assad tiene sotto stretto controllo gli artisti – spiega –. Sanno che l’arte è un’arma molto potente, e ne hanno paura”. “È proprio così – conferma Dima Al-Joundi, che del giovane è anche agente e che solo grazie al suo passaporto francese è riuscita a permettergli di raggiungere l’Italia –. Tutti i giornalisti, gli artisti, gli attori critici nei confronti del regime sono segnalati. E il Libano può vietare il rientro sul proprio territorio a un cittadino siriano, anche solo attraverso un timbro sul passaporto”.

Nella filmografia di Orwa, oltre al film della regista libanese, una serie televisiva sulla rivoluzione siriana dal titolo “Hope” trasmessa proprio in queste settimane e una pièce teatrale che affronta anche la realtà dello Stato islamico. Ed è nel cast anche di un altro lungometraggio, diretto da un regista belga, che racconta 24 ore con una famiglia siriana: “So che si tratta di scelte coraggiose e forse anche pericolose, ma voglio raccontare la verità. Lo devo al mio popolo, alla mia famiglia che è ancora in Siria. Dopo che sono fuggito in Libano non ho visto mio padre per tre anni: è per lui che devo denunciare quanto sta accadendo nel mio Paese”. (Ambra Notari) 

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