9 settembre 2013 ore: 18:02
Disabilità

Parchi divertimento accessibili, Coordown: “Una battaglia culturale”

Per Elisa Orlandini (Coordown), il progetto “Una giostra per tutti” ha una valenza educativa eccezionale. “Non ci sono pericolosità preconcette, dipende come una persona si avvicina a quell’attrazione”. E per farlo nel migliore dei modi serve la “conoscenza”
Una giostra per tutti 3

REGGIO EMILIA – Quella per l’accessibilità dei parchi di divertimento è una “battaglia culturale”. Parola di Elisa Orlandini del Coordinamento nazionale delle associazioni delle persone con sindrome di Down (Coordown). “Tutti devono avere la possibilità di accedere come sono alle attrazioni in un’ottica di inclusione - dice ancora Orlandini – Non ci sono pericolosità preconcette, dipende da come una persona si approccia a quell’attrazione”. Ecco allora che diventa fondamentale la conoscenza reciproca. E sotto questo profilo, continua, “il progetto ‘Una giostra per tutti’ ha una valenza educativa eccezionale”. Sì, perché “gli operatori dei parchi imparano come rivolgersi ai ragazzi con disabilità, dando loro tutte le informazioni relative alla giostra, come funziona, quali emozioni suscita per permettere loro, in estrema libertà, di decidere se salire oppure no”.

Il progetto “Una giostra per tutti” è nato proprio da un’idea del Coordown dopo alcuni episodi di discriminazione nei confronti di persone con sindrome di Down avvenuti in un parco di divertimenti. “In quel momento – spiega Orlandini – abbiamo deciso di reagire non con un atteggiamento recriminatorio ma di difendere i diritti delle persone disabili in maniera diversa”. Ne è nato un progetto che ha coinvolto, oltre alle associazioni, anche i costruttori di giostre, i gestori dei parchi, medici ed esperti fino all’Istituto superiore di sanità. “Ci siamo resi conto che c’era un’idea sbagliata e antiquata della disabilità – conclude Orlandini – Ecco perché la chiave fondamentale di questo progetto è la conoscenza reciproca”. Lo ha dimostrato la sperimentazione realizzata a Minitalia Leolandia di Bergamo con una trentina di ragazzi con sindrome di Down e un gruppo di controllo formato da coetanei. “La loro risposta divertita e tranquilla ha dimostrato che episodi come quello accaduto a Gardaland nasce da mancanza di conoscenza e preconcetti”. (lp)

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