Parchi, strade e muri, restauri: così i cittadini si impegnano per la tutela dei beni comuni
BOLOGNA - A Boscoreale, in provincia di Napoli, una stazione ferroviaria in disuso è diventata un centro per attività culturali e ricreative. Gli spazi verdi del Parco Stibbert di Firenze sono curati dagli Angeli del bello. Grazie all’Associazione Dentro al nido e alla collaborazione di genitori, comunità e quartiere il Nido Marsili di Bologna è al centro di un progetto di riqualificazione partecipata. A Gubbio 100 ramazze si prendono cura del cento storico. A Melpignano, nel cuore del Salento, è nato un nuovo modello organizzativo che, attraverso il fotovoltaico, garantirà l’autogestione comunitaria delle risorse. L’antica fornace delle Ghiare di Berceto, in provincia di Parma, è stata restaurata dagli studenti di architettura e restauro. Sono solo alcuni degli esempi dell’impegno dei cittadini per la tutela, la cura e la manutenzione dei beni comuni raccontati nel primo Rapporto di Labsus, il Laboratorio per la sussidiarietà. Fondato nel 2005 Labsus promuove un’idea di cittadinanza attiva, responsabile e solidale come previsto dall’ultimo comma dell’articolo 118 della Costituzione, modificato nel 2001, “Stato, Regioni, Province, Città metropolitane e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”. Ultimo comma dell’articolo 118 che, con la collaborazione del Comune di Bologna, Labsus ha tradotto in un Regolamento comunale per l’amministrazione condivisa di 36 articoli che, il 22 febbraio 2014, è stato messo a disposizione di tutti i comuni italiani: sono circa 4 mila le persone che lo hanno scaricato, 73 i Comuni che lo hanno adottato (ultimo in ordine di tempo quello di Torino, quarta città italiana il cui sindaco, Piero Fassino, è presidente dell’Anci nazionale) e 85 quelli che stanno per farlo. “La sensazione è che sia cambiato il clima”, dice Gregorio Arena, presidente di Labsus. “Girando l’Italia mi sembra di aver scoperchiato la pentola, il Regolamento è solo lo strumento giuridico, ma la voglia di sentirsi parte di una comunità c’era già – continua – Parlando di legge della domanda e dell’offerta, qui la domanda c’era già ma si scontrava con la mancanza dell’offerta ovvero una legislazione che non permetteva ai cittadini di essere protagonisti. Il Regolamento ha liberato queste energie”.
Tra febbraio 2014 e febbraio 2015, sono 3.838 le persone hanno scaricato il Regolamento per l’amministrazione condivisa. Tra queste i cittadini sono la stragrande maggioranza, 2.633 (69% del totale), mentre gli amministratori sono 811 (21%) e le associazioni 394 (10% del totale). Per quanto riguarda la distribuzione geografica, i cittadini che hanno scaricato il Regolamento nel suo primo anno di vita sono distribuiti prevalentemente al Nord (44%), poi al Centro (30%) e in percentuale minore al Sud e nelle Isole (26%). Tra le regioni che hanno scaricato il Regolamento a prevalere è il Lazio, seguito da Lombardia ed Emilia-Romagna, in cui agisce l’influenza di Bologna. Poi ci sono Toscana, Veneto, Puglia, Piemonte, Sicilia e Campania. Il dato relativo a Lazio e Lombardia è certamente influenzato dalla presenza di comuni grandi, così come in Campania e in Piemonte. Il percorso non si è fermato al download del Regolamento dal sito. A maggio 2014, dopo la presentazione a Bologna, è la volta di Siena, Ivrea, L’Aquila, Casal di Principe fino ad arrivare, al 30 settembre 2015, a 54 comuni che si sono dotati del Regolamento, a cui se ne aggiungono, sempre alla stessa data, altri 79 che hanno avviato una procedura di approvazione o sono in procinto di approvarlo. Oggi siamo a 73 con Regolamento adottato e 85 in attesa di farlo. Sono il Sud e le Isole (37%) e il Centro (33%) a presentare il numero più elevato di Comuni che ha già adottato il Regolamento: in cima alla lista c’è la Campania con 7, poi Toscana e Puglia con 6 e Lazio e Umbria con 5. “Solo a voler considerare queste posizioni si ricava un’immagine delle diverse motivazioni che possono essere alla base della sua adozione – si legge nel Rapporto –: una tradizione di attivismo civico in Toscana e in Umbria, un contesto socio-politico complesso e affatto immune da collusioni non sempre virtuose tra sistema politico ed economico in Campania e Lazio, un rinnovamento culturale in atto su diversi fronti in Puglia”.
Chi sono i cittadini che scendono in strada e puliscono i muri da scritte e graffiti? “Tra chi lo fa ho scoperto esserci tanti ex militanti di partito che si erano allontanati dalla politica – spiega Arena – che portano in queste iniziative cultura politica e capacità di organizzazione. Ho già avuto notizia di liste civiche sui beni comuni alle prossime amministrative: significa che, andando avanti così, si formerà una nuova classe dirigente, fatta di persone capaci di misurarsi con i problemi e di risolverli”. Insomma, non è tanto una questione di manutenzione del parco pubblico o di una scuola ma di democrazia e partecipazione. E poi c’è anche chi domanda: “Io pago le tasse e rispetto le regole, perché dovrei impegnarmi per la manutenzione della scuola di mio figlio?”. A queste persone Arena risponde: “Dico loro che hanno perfettamente ragione, ma spiego che sussidiarietà non significa che l’amministrazione si ritrae, i servizi deve continuare ad assicurarli, non si tratta di rimediare a inefficienze e cali di risorse, che ovviamente ci sono, ma i cittadini che hanno voglia di farlo, possono farlo”. E poi c’è tutto un aspetto legato all’integrazione, al rimedio contro la solitudine, alla produzione di capitale sociale: “I giardinieri comunali tagliano il prato e se ne vanno, i cittadini tagliano il prato e poi rimangono a chiacchierare, a mangiare qualcosa insieme – continua – Così ricostruiscono i legami di comunità”.
Altro tema importante è la formazione. Insieme a Euricse e Università degli studi di Trento, Labsus ha creato la Scuola italiana dei beni comuni (Sibec), la prima che forma gestori di beni pubblici abbandonati e forma funzionari capaci di confrontarsi con i cittadini attivi. “L’idea è di far sì che gli edifici abbandonati diventino poli di sviluppo nell’interesse generale della comunità”, conclude Arena. Il primo modulo parte il 3 marzo. (lp)