Parte Joy, la campagna estiva di solidarietà di Sport senza frontiere. Inseriti 60 bimbi ucraini
ROMA - Andriy e Yulia sono due fratelli di 12 e 9 anni giunti a Roma da Leopoli, Ucraina occidentale, poco dopo lo scoppio della guerra, con la mamma Luba, attualmente incinta. Grazie a una segnalazione arrivano a Sport Senza Frontiere (SSF) che in poco tempo riesce a inserirli in un corso di nuoto e nei week end Joy Nature di Capranica, a maggio. Ora frequentano la scuola in Italia e il corso di nuoto due volte a settimana, hanno già preso il primo brevetto e parteciperanno al Joy Summer Camp di Leonessa. Marc e Kateryna, invece, hanno 11 e 9 anni. In Ucraina, a Marc era stato diagnosticato un disturbo di iperattività da deficit di attenzione e la frequenza regolare ad attività sportive, era di fondamentale importanza per il suo sviluppo. SSF, dopo visite mediche e psicologiche, riesce a inserire entrambi in corsi di pallacanestro e nuoto e a farli partecipare al weekend Joy Nature a Capranica a maggio e al prossimo Summer Camp di una settimana a Leonessa.
Sono solo quattro delle tante storie di bambini, mamme e nonne ucraini che SSF ha intercettato in questi mesi e di cui si è fatta carico. Fin da marzo è riuscita a inserire in corsi sportivi garantiti gratuitamente in varie città d’Italia, una sessantina di bambini ucraini che hanno trovato una concreta possibilità di attività, gioco e normalità anche nel nostro Paese. Vanno ad aggiungersi alle centinaia di bambini in situazioni di disagio socio-economico che la nota Onlus segue regolarmente durante l’anno. Ora che si apre la stagione estiva, l’associazione allarga il suo bacino di piccoli amici e garantisce una continuità di intervento attraverso la campagna Joy Summer 2022.
“Joy – spiega Alessandro Tappa, presidente di Sport Senza Frontiere - è il progetto che più di tutti si presta a emergenze. Lo abbiamo sperimentato la prima volta con i bambini delle famiglie rimaste senza casa a seguito del terremoto di Amatrice; poi lo abbiamo proposto a tanti bambini genovesi le cui case sono andate distrutte per il crollo del Ponte Morandi; negli ultimi due anni Joy si è mostrato un potente modello di intervento per uscire, fisicamente e mentalmente, dai durissimi mesi di pandemia e lock-down attraverso week-end, settimane, centri estivi per centinaia di bambini in tutta Italia, gravati dallo stress delle chiusure. Ci permette di offrire ai bambini che seguiamo durante l’anno e tanti altri che ci vengono segnalati a seguito di emergenze, la possibilità di vivere un’esperienza significativa di amicizia, inclusione, attività sportiva e laboratoriale, oltre che di counselling psicologico”.
Joy è il progetto estivo ideato da Sport Senza Frontiere, aperto a tutti i bambini e ragazzi e dedicato in special modo a coloro che vivono situazioni di fragilità sociale o situazioni emergenziali. Joy prende il nome e anche l’eredità valoriale dal primo campo residenziale multisportivo di Sport Senza Frontiere Joy Summer Camp, nato nel 2017, al Terminillo (Rieti). Il camp del 2017 voleva essere un’azione solidale nei confronti delle famiglie colpite dal sisma del Centro Italia, ma poi è continuato negli anni e ha accolto oltre 800 minori molti dei quali provenienti da diverse situazioni emergenziali, come i bambini del Ponte Morandi o ragazzi rifugiati e richiedenti asilo, i bambini dei corridoi umanitari e ora i minori ucraini. Negli anni, Joy è divenuto un vero e proprio laboratorio di inclusione sociale.
“Negli anni – dice Alessia Mantovani Coordinatrice nazionale – abbiamo rimodulato il nostro intervento a seconda delle diverse esigenze dei nostri bambini e delle emergenze che alcuni vivevano. Ciò ha permesso a SSF di allagare il proprio raggio di azione e programmare attività che aumentano incisività ed efficacia. Il progetto Joy ci ha consentito di estendere il nostro intervento ampliando la platea dei beneficiari e includendo non solo i bambini provenienti da contesti di disagio socio-economico che seguiamo regolarmente durante tutto l’anno, ma anche ragazzi in condizioni di isolamento psico-sociale, la piaga più diffusa ancora oggi tra i giovanissimi a causa dei lockdown e delle chiusure o, negli ultimi mesi, giovani provenienti dall’Ucraina. I centri estivi e i camp sono spazi aperti, luoghi di integrazione e grazie ai laboratori si pongono anche come occasione di crescita per i bambini dai punti di vista psicologico, alimentare, sociale”.