16 dicembre 2022 ore: 11:30
Economia

Piani nazionali di ripresa e resilienza, “pesano gli errori di costruzione, ma è possibile correggere”

Il Cnel ha ospitato il seminario “Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza: valutare per migliorare”. Sono stati presentati i risultati di analisi comparative tra i Pnrr di diversi paesi sulle politiche di cura e la dimensione di genere, le politiche per la prima infanzia, l’impatto delle misure per il clima sul mercato del lavoro, l’attenzione riservata nella governance dei Piani alle specificità dei luoghi e al dialogo sociale
Asilo nido, nidi, minori, manina di bambino che gioca

ROMA - Valutare per correggere. E’ stato proprio questo il senso dell’incontro che si è tenuto ieri al Cnel, co-organizzato dalla Feps (Fondazione per gli studi progressisti europei), e dal Forum Disuguaglianze e Diversità, aperto dai saluti del presidente del CNEL Treu, e introdotto da David Rinaldidirettore di Studi e Politiche Pubbliche della Feps che ha presentato i quattro studi che hanno messo in comparazione i Pnrr di vari paesi rilevando ovunque forti criticità. “Non è solo una questione di spesa, per cui l’Italia è indietro rispetto agli obiettivi - ha dichiarato Fabrizio Barca, co-coordinatore del Forum Disuguaglianze e Diversità - ma di qualità ed effetti sociali ed economici. Pesano gli errori di costruzione, indicati sin dal 2020. Ma è possibile correggere, proprio tenendo conto di questi studi”.

Quattro le cose che, si è detto, si possono fare ora: innalzare la qualità del monitoraggio luogo per luogo per fare pesare la voce dei cittadini; assicurare col bilancio ordinario che le infrastrutture realizzate col Pnrr siano usate; rafforzare il ruolo di tutte le aggregazioni di Comuni (dalle città metropolitane alle aree-progetto delle zone interne) nel connettere i diversi interventi, recuperando a livello locale la strategia integrata che è mancata a livello nazionale; realizzare davvero, con concorsi finalmente di qualità, il rafforzamento delle amministrazioni responsabili, assicurando dal centro l’accompagnamento di quelle più deboli.  

“Anche a causa di un abbassamento degli standard pretesi dall’Ue, c’è il rischio in tutta Europa che la Recovery and Resilience Facility non rappresenti un cambio di rotta – ha concluso Barca – ma sarebbe bello se tra un anno l’Italia indicasse agli altri come correggere la strada”.

Gli studi presentati

Alessandra Faggian, direttrice per le Scienze Sociali del Gran Sasso Science Institute, ha presentato lo studio relativo all’attenzione riservata nella governance dei Piani di Italia, Portogallo e Spagna, alle specificità dei luoghi e al dialogo con parti sociali, società civile e amministrazioni locali. In nessun paese sono state definite le condizioni necessarie per predisporre una consultazione informata, aperta ed ampia sulla definizione dei bisogni (sia sociali che territoriali) e delle sfide da affrontare. Ma dall’analisi emerge che in Italia gli attori sociali sono stati meno coinvolti nel disegno del Piano che in Spagna e in Portogallo. Faggian ha concluso la sua presentazione con la raccomandazione che la conoscenza, oggi dispersa, vada coordinata e raccolta, e che la Commissione europea assicuri che ci sia partecipazione nella fase di attuazione a compensazione di quella che è mancata nella fase di costruzione del Pnrr.

Laeticia Thissen, Policy Analyst for Gender Equality della Feps è l’autrice di uno studio su otto Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza dal punto di vista delle politiche di genere e la cura. L’analisi mostra che tutti i piani si occupano di cura, anche se in misura inferiore rispetto ad altre misure e rispecchiando i regimi di assistenza preesistenti. La maggior parte dei piani però non riesce ad avere un’ottica intersezionale e transfontaliera della cura, mentre oggi, ha concluso Thissen, è molto importante un impegno per la costruzione di società della cura più forti e più unite.

Sono 264 mila i posti da creare nei servizi e scuole per l’infanzia in Italia entro la fine del 2025 per ricevere un finanziamento di 3 miliardi di euro del Pnrr, che si aggiungono ai 1.6 miliardi dei progetti in essere. Francesco Corti, Research Fellow, Centre for European Policy Studies (Ceps) ha presentato l’analisi delle misure contenute nei piani di ripresa e resilienza di cinque stati membri (Italia, Spagna, Portogallo, Germania e Slovacchia) concentrandosi in particolare sull’impatto del Pnrr sulla creazione di nuovi nidi. L’Italia, come la Spagna, utilizza il dispositivo per la ripresa e la resilienza per accrescere la disponibilità di servizi (misurata in numero di nuovi posti creati) e per ridurre le disparità interne tra regioni. Tuttavia, nonostante il 40% di risorse siano destinate al mezzogiorno, e il fatto che l’Italia si sia impegnata a garantire la soglia di copertura del servizio del 33% in tutte le regioni, il target non viene raggiunto neanche considerando oltre ai posti pubblici anche i posti privati, soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno, Campania e Sicilia in testa. A questi problemi si aggiunge quello della distribuzione dei servizi all’interno delle regioni (criterio ignorato) e quello degli educatori (42 mila quelli potenzialmente da assumere), che non si trovano per via della mancanza di personale qualificato e delle condizioni di lavoro non attraenti e non omogenee nel nostro Paese.

Di strategie per una transizione ecologica giusta si occupa l’ultimo studio presentato da Maria Enrica Virgillito, professoressa associata in Economia Politica della Scuola Superiore Sant'Anna. Lo studio parte dalla considerazione che la transizione ecologica deve essere un processo che nel raggiungere l’obiettivo della neutralità climatica garantisce stabilità occupazionale, sostenibilità ambientale e eguaglianza economica. Tra i paesi analizzati nello studio quelli che fanno meglio sono Svezia, Germania e Spagna perché hanno già attuato politiche industriali e di mitigazione/adattamento per le competenze della forza lavoro negli anni precedenti al piano. In Italia invece c’è stata un’assenza di pianificazione da parte dei decisori nella capacità di creare cinture di protezione ai settori più esposti alla perdita di posti di lavoro.

Dopo gli interventi di Laura Lieto, vicesindaca e assessore all’Urbanistica del Comune di Napoli e Vanessa Pallucchi, portavoce del Forum del Terzo Settore, sono intervenuti Walter Rizzetto, membro della Camera dei Deputati, FdI e Chiara Gribaudo, membro della Camera dei Deputati, PD. Rizzetto ha ricordato la necessità di colmare disuguaglianze tra cittadini e cittadine e, in merito al Pnrr, di avere persone per progettare bene a livello locale e di attivare un piano per coinvolgere le comunità. Gribaudo ha ricordato l’importanza dei lavori di valutazione sul Pnrr come quelli del Recovery Watch che sono un lavoro a presidio della democrazia.

In chiusura Fabrizio Barca ha ricordato che “il Recovery non è un grande programma per scavare buche e riempirle, sostenendo nel breve termine salari e profitti e creando rendite, ma un programma per rispondere in modo coordinato in tutta Europa al succedersi delle crisi”. Ha poi concluso: “Solo se questo avverrà e verrà percepito dalle cittadine e dai cittadini d’Europa potremmo giustificare l’accumulo di debito pubblico ulteriore e rendere permanente l’esercizio. Se non sarà così, andremo indietro”.
© Riproduzione riservata Ricevi la Newsletter gratuita Home Page Scegli il tuo abbonamento Leggi le ultime news