Ma l’allarme in Italia è smentito dai dati. Dal 1991 ad oggi il tasso di criminalità è rimasto costante, nonostante le immigrazioni di massa. “Ci vuole accortezza: quando applichiamo delle etichette, queste restano sulla vita delle persone”
Francesco Cocco/Contrasto
Foto: Francesco Cocco (Contrasto)
ROMA – “Sei italiani su dieci pensano che gli immigrati siano più delinquenti degli italiani. Lo abbiamo visto in tante ricerche negli ultimi due anni, e forse anche qualcosa in più di sei su dieci li considera fonte di insicurezza”. È il quadro sintetico della percezione degli stranieri nel nostro Paese delineata da Franco Pittau coordinatore Dossier immigrazione Caritas-Migrantes, intervenuto questa mattina presso la sede della Fnsi, alla presentazione della ricerca “La criminalità degli immigrati. Dati, interpretazioni e pregiudizi” curata da Caritas Migrantes in collaborazione con Redattore Sociale. Secondo Pittau, ad oggi “il protagonismo degli stranieri viene riferito specialmente a certi reati odiosi quali lo stupro, i furti, aggressioni e viene collegato a certe collettività, in particolare i romeni, i marocchini da sempre, una volta anche gli albanesi”. Ma i dati della ricerca, spiega Pittau, ribaltano la visione italiana dell’immigrazione. Ne sono un esempio quelli relativi alla comunità albanese in Italia. “Prima di avere i romeni sottotiro – ha spiegato Pittau -, abbiamo considerato collettività criminale quella albanese. Abbiamo visto che dalla metà degli anni 90, sino ai primi anni del 2000, l’influenza degli albanesi sulle statistiche criminali sono andate abbassandosi, ma si continuava a dire per inerzia che quella albanese era una collettività criminale. Ci vuole molta accortezza, perché quando noi applichiamo delle etichette queste restano sulla vita delle persone, che vengono distrutte dall’immagine che gli si dà”.
L’allarme criminalità, quindi, viene smontato dai dati ufficiali, anche quelli del governo. “Non c’è una vera e propria emergenza criminalità – ha continuato Pittau -, perché come ha detto il ministero dell’Interno, la criminalità è in diminuzione. E se prendiamo i dati Istat e li confrontiamo con il 1991, vediamo che c’è lo stesso tasso di criminalità. Da quegli anni è cominciata l’immigrazione di massa e quindi non è che abbia avuto tutto questo grande impatto sulla criminalità”. Capitolo a parte quello sull’immigrazione irregolare, dove l’abitudine a far combaciare lo straniero col delinquente è pratica ancora troppo diffusa. “Abbiamo due milioni di prove per dire che immigrato irregolare non è uguale a clandestino – ha concluso -, perché tra i 4 milioni di residenti che ci sono in Italia, due milioni una volta erano irregolari e sono stati ripescati attraverso le regolarizzazioni. Se abbiamo visto che non sono né più buoni, né più cattivi di noi, sono come noi, allora non c’è motivo di attaccare etichette agli irregolari”. (ga)