14 giugno 2015 ore: 11:55
Immigrazione

Ponte Mammolo, i rifugiati scrivono a Marino: "Trattateci da esseri umani"

A un mese dallo sgombero sono ancora circa 50-60 le persone che vivono in strada, accampate davanti il piazzale della stazione. "Chiediamo una soluzione abitativa autonoma. Non siamo numeri"
Rs/Maria Gabriella Lanza Ponte mammolo 6

ROMA -" Siamo delle persone, non siamo dei numeri. Abbiamo una storia e una dignità da conservare. Quindi, per favore, trattateci nel rispetto delle leggi italiane ed internazionali e dei diritti umani". A un mese dallo sgombero della Comunità della Pace di Ponte Mammolo, l'11 maggio scorso, i rifugiati che vivono accampati di fronte il piazzale della stazione metropolitana lanciano un appello, attraverso una lettera aperta indirizzata al sindaco di Roma, Ignazio Marino, all’assessora alle Politiche sociali e abitative di Roma Capitale, Francesca Danese e al prefetto di Roma, Franco Gabrielli.

Ponte mammolo 6

Chiedono innanzitutto "un trattamento umano e una soluzione abitativa autonoma" ma anche "la soluzione dei problemi legati al rinnovo dei nostri permessi di soggiorno. Senza un indirizzo di residenza, le questure negano il nostro diritto al rinnovo del permesso di soggiorno - scrivono - in questo modo il Comune di Roma, la Questura e la Prefettura creano gravi conseguenze sullo stato legale della nostra presenza in Italia impedendoci di fatto l’accesso a diritti fondamentali. Senza la possibilità di trovare un lavoro, non possiamo permetterci di prendere le case in affitto, saremo obbligati quindi ad essere dei senza fissa dimora - continua la lettera - Come fare per avere una residenza? Chi deve darci questo indirizzo fisso? Perché lo Stato Italiano e il Comune di Roma ci hanno abbandonato in balia di nessuno? Dovremmo sposare la mala vita per vivere? No! Siamo venuti in Italia, a Roma, in cerca di una vita dignitosa".

A un mese dallo sgomebro del campo di via delle Messi d'Oro sono ancora circa 50-60 le persone che vivono in strada, nella tendopoli improvvisata davanti la stazione metropolitana di Ponte Mammolo. "L’11 maggio 2015, a noi residenti in Via delle Messi D’Oro, Roma, è capitata una cosa del tutto inaudita ed assurda: il Comune di Roma, con l’appoggio della Prefettura, ha demolito senza alcun preavviso le case che avevamo costruito con le nostre mani con tanto sacrificio, fatica e sudore - si legge ancora nella lettera - Totalmente abbandonati a noi stessi dallo Stato Italiano ci siamo autorganizzati con la speranza che questa soluzione precaria fosse soltanto transitoria e favorisse la nostra reale inclusione socio-economica ed abitativa. La Comunità della Pace è nata spontaneamente più di 15 anni fa e nel tempo si è popolata di persone provenienti da vari Paesi: alcuni di noi l’hanno vista nascere e modificarsi negli anni - spiegano . Eppure, la mattina dell’11 maggio scorso, il Comune è venuto a distruggere quel poco che avevamo, buttandoci di nuovo per strada. Non ci hanno neanche permesso di prendere quella poca roba che avevamo dentro. A seguito di uno sgombero illegale, costretti a spostarci nel parcheggio antistante, le istituzioni ci hanno negato qualsiasi forma di aiuto, compreso quello per il soddisfacimento dei bisogni primari - conclude la lettera - hanno rifiutato persino di fornirci i bagni chimici! Il sostegno è arrivato solo dal quartiere, da privati cittadini, da associazioni e centri sociali. Arrivati in Italia, costretti a lasciare il nostro Paese da una dittatura che sta continuando a calpestare i diritti del nostro popolo, ci aspettavamo una vita migliore, un trattamento diverso, più umano e libero. Invece, stiamo amaramente subendo delle ingiustizie ed un trattamento poco cortese. Ed è per questo motivo, per richiamare alle proprie responsabilità lo Stato Italiano ed in modo particolare, il Comune di Roma, che abbiamo deciso di scrivere questa nostra lettera".

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