9 marzo 2017 ore: 15:23
Disabilità

Povertà, Acli: no ai tagli, serve un piano da 7 miliardi

Durante il convegno “Sotto lo stesso welfare”, le Acli hanno chiesto al Governo di investire 7 miliardi contro la lotta alla povertà e di non dimezzare le risorse per l’assistenza dei più bisognosi. "Non si possono tagliare le già misere risorse investite nel welfare"
Povertà, uomo con pochi euro

ROMA - Abbiamo tutti gli stessi diritti? Viviamo in un clima di equità sociale? Nasce da questo interrogativo l’incontro “Sotto lo stesso welfare”, organizzato questa mattina a Roma dalle Acli. Il convegno ha analizzato la situazione del welfare oggi in Italia, cercando di proporre soluzioni concrete per migliorare il sistema messo a dura prova in 15 anni di crisi economica.  

“La nostra lotta è contro la povertà”, ha spiegato Antonio Russo, consigliere di presidenza nazionale Acli. “Chiediamo al Parlamento di impegnare 7,1 miliardi di euro in 4 anni in un piano strutturato contro l’indigenza”. Russo ha lanciato un appello al Governo contro il recente taglio al Fondo per le Politiche sociali, fissato a 313 milioni di euro, che sarà ridotto fino ad arrivare a 99 milioni di euro e al Fondo per la non autosufficienza che passerà dagli attuali 450 ai 500 milioni di euro.

"Non si possono tagliare le già misere risorse investite nel welfare. Nel 2017 le spese militari sono aumentate del 10 per cento: spendiamo 64 milioni di euro ogni giorno. L’Italia è un Stato miope e ingrato. Bisogna che ci governa si assumi la responsabilità politica di dichiarare le reale priorità del nostro Paese. Perché si continua a salvaguardare chi investe nel gioco d’azzardo e poi non abbiamo 7 miliardi di euro per i poveri?”.

Con la crisi che ha colpito l’Italia nel 2008, le nuove povertà si sono aggiunte a vecchie povertà, mettendo a rischio il principio stesso di cittadinanza. “In questi anni non si registrano cambiamenti significativi del sistema di assistenza sociale”. Secondo gli ultimi dati dell’Istat, il tasso di povertà in Italia è da anni superiore alla media europea. Il rischio di esclusione sociale riguarda quasi una persona su tre: l’28,4 per cento della popolazione è a rischio povertà, 4 punti percentuale in più rispetto alla media europea. Nel nostro Paese per aumentare il rischio di deprivazione ed esclusione sociale è sufficiente avere uno o più figli minori a carico o vivere in un nucleo in cui il membro di riferimento sia un operaio. “Neanche il lavoro, infatti, riesce più ad essere un antidoto all’esclusione sociale. I lavoratori poveri, quelli che non arrivano alla terza settimana, sono un fenomeno sempre più diffuso. Oggi esiste una società degli esclusi, formata da 9 milioni di cittadini: sono i disoccupati o le persone espulse dal mercato del lavoro”, continua Russo.

Il 14% delle famiglie non possono permettersi un pasto proteico ogni tre giorni, mentre in Grecia si è al 13%. Il problema principale del nostro welfare, secondo le Acli, è la disparità di risposte messe in campo nell’assistenza sociale. “Un bambino che nasce oggi al Sud ha un rischio superiore del 300% di vivere in povertà rispetto ad un coetaneo che nasce al Nord. Nel 2016 il 53% delle persone con la quinta media erano in buona salute, contro l’80% dei laureati”. “Nel 15 anni dalla crisi economica, ci siamo ritrovati a fare i conti con un ritorno al passato. Per la prima volta dal dopo guerra, le nuove generazioni avranno un futuro peggiore di quelle che le hanno precedute. Siamo lontano da un sistema di welfare europeo che assicuri standard di assistenza a tutti”. 

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