Povertà. Alleanza: “No a riforma della riforma. Peggiorerebbe il sistema”
ROMA - Centri per l’impiego inadatti a coordinare una misura nazionale contro la povertà, ipotesi di Reddito di cittadinanza discriminatorie e che alla fine non favoriscano i più poveri e una voglia di cambiamento a tutti i costi che potrebbe soltanto ingolfare la macchina del welfare. Mentre il governo Conte si appresta ad affrontare il cruciale passaggio della legge di bilancio, l’Alleanza contro la povertà, un cartello trasversale di organizzazioni che si occupano di sociale, mette in guarda l’esecutivo giallo-verde sui rischi di un intervento a gamba tesa contro il Reddito di inclusione (Rei), ovvero la misura contro la povertà attualmente in vigore introdotta dal passato governo. Lo fa con un documento presentato oggi a Roma in cui spiega le ragioni che portano a preferire il Reis, ovvero il Reddito di inclusione sociale, a uno dei cavalli di battaglia del Movimento 5 stelle, cioè il Reddito di Cittadinanza. Nel documento dell’Alleanza vengono così snocciolati tutti i potenziali rischi di una nuova misura e ancora una volta si chiede alla politica di non sprecare questa nuova occasione per rafforzare le politiche contro la povertà.
Gli errori da evitare, per il bene dei poveri. Secondo l’Alleanza, “alcune delle ipotesi circolanti in queste settimane, se applicate peggiorerebbero il sistema attuale”. A preoccupare è innanzitutto la volontà manifesta dell’attuale esecutivo di dare un taglio netto col passato. “Gli studi sui numerosi fallimenti incontrati nei tentativi di modernizzare le politiche pubbliche italiane individuano una causa decisiva nella diffusa mancanza di stabilità e di continuità nei percorsi d’innovazione - spiega l’Alleanza -. La ragione è essenzialmente politica: spesso, infatti, i nuovi governi hanno stravolto riforme introdotte dai predecessori al fine di marcare la discontinuità con il passato. La ‘riforma della riforma’ porterebbe a smontare il Rei allo scopo di dar vita ad una nuova misura contro la povertà assoluta con un profilo radicalmente differente. Il sistema del welfare locale, invece, ha bisogno di stabilità”. Per questo, continua il documento “modificare strutturalmente l’impianto del Rei significherebbe assestare un colpo fatale alla possibilità di costruire adeguate politiche contro la povertà in Italia”.
Centri per l’impiego, inadatti a coordinare. Preoccupa anche l’ipotesi che “circola da tempo” di “spostare la funzione di governo dell’intervento dai Comuni ai Centri per l’Impiego”. Per l’Alleanza, un intervento del genere porterebbe i beneficiari a saltare un passaggio cruciale per la presa in carico di una persona in povertà, ovvero un primo contatto con i servizi sociali del comune di residenza. “Diversi motivi suggeriscono di evitare questa strada - si legge nel documento -. Primo, la povertà assoluta è una realtà multidimensionale, non riconducibile esclusivamente alla mancanza di lavoro ma anche ad un’altra varietà di condizioni (abitative, relazionali, legate alla presenza in famiglia di figli o altri componenti fragili e così via). Solo i servizi sociali dei Comuni dispongono delle competenze per analizzare la multidimensionalità del fenomeno e, dunque, per indirizzare i diversi utenti verso i percorsi d’inclusione più adatti a loro”. Tutto questo senza calcolare la debolezza dell’attuale sistema dei Centri per l’impiego, il cui potenziamento previsto dal governo giallo-verde avrà bisogno di tempo per dare frutti. “I servizi sociali comunali - continua l’Alleanza -, pur con tutte le loro difficoltà, risultano più strutturati e si occupano tradizionalmente delle suddette funzioni”.
Prima gli italiani? “Inapplicabile”. È il noto refrain del governo Conte. Tuttavia l’idea di riservare il Reddito di cittadinanza ai cittadini italiani in povertà porta ad un “welfare discriminatorio” che andrebbe a scontrarsi inevitabilmente con la normativa europea, che non lascia dubbi in merito. “Questa opzione ci vede contrari ed è, comunque, certamente inapplicabile - chiarisce il documento dell’Alleanza -. Si tratterebbe, infatti, di una decisione in contrasto con i principi sanciti dalla Costituzione italiana, così come con la normativa europea di riferimento, che in materia prevale quale fonte giuridica su quella nazionale. Nel dibattito giuridico non esiste alcun dubbio in proposito. Peraltro, numerose sentenze in materia di politica sociale emesse da Tribunali e Corti di Appello del nostro Paese e dalla stessa Corte Costituzionale confermano l’inapplicabilità di questa ipotesi”.
I penultimi saranno i primi. Tra le criticità segnalate dall’Alleanza in merito alle ipotesi di Reddito di cittadinanza fino ad oggi raccolte, infine, c’è anche l’eventualità che una possibile nuova misura possa paradossalmente favorire chi sta meno peggio. “Il Reddito di cittadinanza intende abbracciare una fascia ampia di persone in condizione di grave disagio, che necessiterebbero tutte di risposte più efficaci dal sistema di welfare - spiega l’Alleanza -. Poiché, però, almeno nel breve periodo non saranno ragionevolmente disponibili le risorse economiche necessarie a coprire l’intera popolazione potenzialmente interessata, bisognerà decidere a chi attribuire priorità. Il pericolo è che la si assegni a gruppi che, sia pure in difficoltà e in quanto tali rientranti nel complessivo target del Reddito di cittadinanza, non versano in povertà assoluta”.(ga)