Povertà assoluta. “Numeri doppi rispetto al 2007, si è radicata”
Cristiano Gori
ROMA – Povertà assoluta stabile negli ultimi due anni, secondo l’Istat, ma attenti ai tranelli giocati dai numeri: se è vero che rispetto al 2013 i dati assoluti mostrano un lieve arretramento dell’incidenza sulla popolazione (un -318 mila persone in povertà assoluta annullato dall’errore campionario di cui occorre tener conto), se confrontati col 2007 i dati del 2014 fanno ancora paura e confermano la necessità di uno strumento universale di contrasto alla povertà. Questa la riflessione sul report Istat di Cristiano Gori, docente di politica sociale all'Università Cattolica e capofila nel team che ha progettato il Reddito di inclusione sociale proposto dall’Alleanza contro la povertà in Italia. “La chiave di lettura – spiega Gori – non deve essere quella di confrontare i dati col 2013, ma con il 2007. Rispetto al 2007 la povertà assoluta è comunque cresciuta più del doppio”.
Dati alla mano (aggiornati dall’Istat in occasione di questo report per via di una diversa metodologia di calcolo), i livelli di povertà assoluta in Italia parlano di una stabilizzazione, ma verso l’alto. Se nel 2007 le famiglie in povertà assoluta erano 823 mila, nel 2014 sono 1,47 milioni con un incidenza che passa dal 3,5 per cento al 5,7. Una crescita costante sin dal 2005, primo anni di rilevazione della povertà assoluta da parte dell’Istat: 819 mila le famiglie in povertà assoluta nel 2005, 789 mila nel 2006, 823mila nel 2007, 937 mila nel 2008, 969 mila nel 2009, 980 mila nel 2010. Poi il salto di qualità: oltre un milione nel 2011, quasi 1,4 nel 2012, più di 1,6 milioni nel 2013. “Si sta verificando quello che molti esperti si aspettavano – spiega Gori - e cioè che dopo l’esplosione degli ultimi anni, come diffusione della povertà, ci sia una stabilizzazione della povertà ed è ragionevole attendersi che, con la ripresa economica ci potrà essere anche una qualche riduzione. Il punto chiave è che non torneremo mai ai livelli del 2007, perché l’indebolimento strutturale della società italiana fa sì che una quota maggiore di persone in povertà assoluta ci sarà comunque”.
Una stabilità nei dati che, a questo, punto può essere anche letta come una povertà assoluta sempre più radicata. “C’è un’eredità della crisi che ormai è strutturale – spiega Gori -. La povertà, in pratica, si è radicata e questa cosa è compatibile con il fatto che nei prossimi anni potrebbe diminuire”. Tuttavia, la stabilizzazione dei dati e una possibile diminuzione nei prossimi anni per via della ripresa economica “dal punto di vista del dibattito politico può confondere”, mette in guardia Gori. I dati, restano preoccupanti e oggi più che mai serve una misura di contrasto della povertà assoluta. “La necessità dello strumento non viene cambiata da questi dati. Anzi. Il report Istat conferma la necessità di uno strumento universale di contrasto – aggiunge Gori -. Come Alleanza contro la povertà, nelle stime che abbiamo fatto di quanto costerebbe il Reis (reddito di inclusione sociale), abbiamo già immaginato una riduzione della povertà per i prossimi anni. È una cosa ragionevole”.
Nonostante l’Istat confermi la presenza ingombrante della povertà da Nord a Sud, però, dal governo non sembrano arrivare prese di posizione certe contro la povertà, ma solo promesse su cui da qualche tempo è caduto il silenzio. Tuttavia, per Gori, la partita per introdurre uno strumento universale di contrasto è tutt’altro che chiusa. “Non vedo il silenzio del governo come un elemento di difficoltà, non lo caricherei di significati. Lo sviluppo di un piano nazionale contro la povertà come un percorso strutturale che mette insieme quello che già c’è e risorse ulteriori sarà reso possibile solo da una scelta politica. Queste scelte politiche saranno fatte con la prossima legge di stabilità”. Un silenzio laborioso i cui frutti, quindi, si vedranno soltanto quando il governo sarà costretto a prendere decisioni politiche sulle priorità del Paese.(ga)