Il presidente del Consiglio cita l’ultimo rapporto Caritas e lancia l’allarme sull’aggravarsi della povertà. “Il sistema di sicurezza sociale è squilibrato. Non protegge a sufficienza tempo determinato e i lavoratori autonomi”. Preoccupa il termine del blocco dei licenziamenti. La pandemia “presto potrebbe colpire i lavoratori con contratto a tempo indeterminato”
Foto da Agenzia DIRE
ROMA - “La diffusione del virus ha comportato gravissime conseguenze sul tessuto economico e sociale nel nostro paese”, la povertà si è “aggravata”, mentre “gravi e con pochi precedenti storici” sono gli effetti sulle disuguaglianze. A lanciare l’allarme sui numeri preoccupanti della povertà in Italia è il presidente del Consiglio Mario Draghi nel suo
discorso programmatico tenuto questa mattina in Senato. Un discorso lungo e dettagliato accolto da numerosi applausi da parte dell’emiciclo. “La diffusione del covid ha provocato ferite profonde nelle nostre comunità”, ha affermato Draghi che citando i dati della Caritas Italiana ha voluto sottolineare la gravità della situazione. “I dati dei centri di ascolto Caritas che confrontano il periodo maggio-settembre del 2019 con lo stesso periodo del 2020 mostrano che da un anno all’altro l’incidenza dei nuovi poveri passa dal 31 al 45% - ha spiegato Draghi -. Quasi una persona su due che oggi si rivolge alla Caritas lo fa per la prima volta”.
I dati a cui ha fatto riferimento il presidente del Consiglio sono quelli del rapporto
“Gli anticorpi della solidarietà” pubblicato dalla Caritas il 17 ottobre 2020, in occasione della Giornata mondiale di contrasto alla povertà. Secondo il rapporto, durante il periodo preso in esame è aumentato il peso delle famiglie con minori, delle donne, dei giovani, dei nuclei di italiani che risultano in maggioranza (52% rispetto al 47,9 % dello scorso anno) e delle persone in età lavorativa”. Tutte fasce di cittadini “finora mai sfiorati dall’indigenza”, ha aggiunto Draghi oggi durante il suo discorso in Senato. Tuttavia, si legge nel rapporto Caritas, “rispetto allo shock economico del 2008, a fare la differenza è il punto dal quale si parte: nell’Italia del pre-pandemia (2019) il numero di poveri assoluti è più che doppio rispetto al 2007, alla vigilia del crollo di Lehman Brothers”. In attesa del nuovo rapporto Istat sulla povertà che verrà pubblicato fra qualche mese e che conterrà i dati ufficiali sul 2020, la rilevazione della Caritas mostra dati più aggiornati rispetto all’ultima rilevazione dell’Istituto di statistica che mostra trend fermi al 2019 e con ogni probabilità superati da un anno di pandemia. Dati, quelli Istat relativi al 2019, che facevamo ben sperare: dopo anni di crescita costante, la povertà aveva fatto registrare un calo consistente con un milione e 674 mila famiglie (ovvero 4 milioni e 593 mila gli individui) in condizione di povertà assoluta. Dati che riportavano il numero di poveri al 2015, dopo il record registrato tra il 2017 e il 2018 con i dati sulla povertà assoluta più alti dal 2005 al 2019.
Record che ora si teme possa essere superato proprio dal 2020. Secondo Draghi, la pandemia ha avuto effetti “gravi e con pochi precedenti storici” sulla disuguaglianza. E se non ci fossero stati interventi pubblici, la disuguaglianza sarebbe cresciuta in maniera incontrollata con un aumento che “sarebbe stato maggiore di quello cumulato durante le due recenti recessioni”, ha aggiunto Draghi. Indispensabili nel contrastare questo dilagare della povertà le “reti di protezione presenti nel nostro sistema di sicurezza sociale” rafforzate dai recenti provvedimenti, ha aggiunto Draghi, che hanno “attenuato l’aumento della disuguaglianza”. Tuttavia, ha sottolineato il presidente del Consiglio, “rimane però il fatto che il nostro sistema di sicurezza sociale è squilibrato non proteggendo a sufficienza i cittadini con impiego a tempo determinato e i lavoratori autonomi”.
L’impatto della pandemia sull’occupazione per Draghi è “destinato ad aggravarsi quando verrà meno il divieto di licenziamento”. Alle misure emergenziali adottate per contrastare gli effetti della pandemia, il rapporto Caritas citato da Draghi dedica un approfondimento. Da una rilevazione ad hoc condotta su un campione di 756 nuclei beneficiari dei servizi Caritas nei mesi di giugno-luglio 2020, il Reddito di emergenza è risultata la misura più richiesta (26,3%) ma con un tasso di accettazione delle domande più basso (30,2%) rispetto alla indennità per lavoratori domestici (61,9%), al bonus per i lavoratori stagionali (58,3%) e al bonus per i lavoratori flessibili (53,8%)”.
Difficoltà che, se non si interviene, potrebbero riguardare anche il mondo dei contratti a tempo indeterminato, ha ricordato Draghi. “Il numero totale di ore di cassa integrazione per emergenza sanitaria dal primo aprile al 31 dicembre dello scorso anno supera i 4 milioni - ha affermato il presidente del Consiglio -. Nel 2020 gli occupati sono scesi di 444mila unità ma il calo si è accentuato sui contratti a termine e lavoratori autonomi. La pandemia ha finora colpito giovani e donne, una disoccupazione selettiva ma che presto potrebbe colpire i lavoratori con contratto a tempo indeterminato”. A preoccupare Draghi, infine, sono anche le previsioni di recupero delle attività economiche da parte dell’Italia. “Le previsioni pubblicate la scorsa settimana dalla Commissione europea indicano che sebbene dal 2020 la recessione europea sia stata meno grave di quanto ci si aspettasse, e quindi già fra poco più di un anno si dovrebbero recuperare i livelli di attività economica prepandemia - ha aggiunto Draghi -, in Italia questo non accadrà prima della fine del 2022. In un contesto in cui prima della pandemia non avevamo recuperato pienamente gli effetti delle crisi del 2008-2009 e 2011-2013”.(ga)