15 luglio 2015 ore: 15:52
Economia

Povertà, Fondazione Zancan: "Sempre più profondo il divario tra generazioni"

Dati Istat sulla povertà. Vecchiato: “La povertà non può essere ‘parcheggiata’ nelle politiche tradizionali”. Non solo: “Il modo classico evidenzia il divario tra Nord e Sud. Ma c’è un divario molto più profondo che riguarda la distribuzione della povertà tra generazioni”
Povertà, economia, monete, euro

PADOVA - “Il modo classico di descrivere la povertà in Italia evidenzia il divario tra Nord e Sud. Mentre c’è un divario molto più profondo che riguarda la distribuzione della povertà tra generazioni”. Così il direttore della Fondazione Zancan di Padova Tiziano Vecchiato commenta i dati Istat diffusi oggi sulla povertà in Italia. Nel 2014 l’incidenza della povertà assoluta tra i minori è, infatti, del 10%, più del doppio dell’incidenza tra gli anziani (4,5%).

“Un ulteriore aspetto della disuguaglianza generazionale – precisa Vecchiato - è la povertà che penalizza le famiglie con figli piccoli, arrivando al paradosso umano e sociale per cui chi è chiamato a coltivare la vita si trova a farlo in condizione di maggiore deprivazione e senza i mezzi necessari per garantire una crescita adeguata ai propri figli”. Dai dati Istat emerge che sono “assolutamente poveri” quasi un quinto (18,6%) dei nuclei familiari con tre o più figli minori, contro una su 20 (4%) dei nuclei con almeno due anziani. La diffusione tra i nuclei con tre o più figli minori è aumentata di un punto percentuale tra il 2013 e il 2014 (dal 17,6% al 18,6%), mentre tra le famiglie con due o più anziani è diminuita.

“A questo si aggiunge la persistenza del divario socioeconomico che penalizza i giovani e le persone con meno formazione e cultura, meno competenze, meno capitale sociale, rendendo improbabile la mobilità sociale, come avviene invece in altre società”. Nel 2014, dice l’Istat, sono assolutamente poveri l’8,4% dei nuclei con capofamiglia con licenza elementare, contro il 3,3% dei nuclei con capofamiglia almeno diplomato. Inoltre, la povertà assoluta riguarda l’1,6% dei nuclei con persona di riferimento dirigente/impiegato, contro il 9,7% tra le famiglie di operai e il 16,2% in cerca di occupazione.

Leggendo i dati generali (4 milioni 102 mila persone “assolutamente povere” e 7,8 milioni di persone in povertà relativa), Vecchiato evidenzia: “Se consideriamo le statistiche complessive, siamo tornati alla ‘normalità’ – sottolinea il direttore Vecchiato -, cioè la povertà ritorna stabile e si consegna alle politiche inefficaci che hanno da sempre caratterizzato il modo italiano di aiutare i poveri, basato sull’assistenza di sussistenza (trasferimenti monetari) e non sull’aiuto che aiuta ed emancipa, consentendo di uscire dalla povertà”.

La Fondazione Zancan dedica un’ultima considerazione alla scelta dell’Istat di modificare il metodo di rilevazione nell’indagine sulla spesa familiare. Con il precedente metodo i poveri “assoluti” nel 2013 erano oltre 6 milioni, con i nuovi criteri risultano (sempre nel 2013) 4,4 milioni. Analogamente, i poveri “relativi” nel 2013 erano stimati oltre 10 milioni, mentre con il nuovo metodo risultano 7,8 milioni (pari a oltre il 20% in meno). “L’Istat ha fatto una scelta coraggiosa, perché significa chiedersi se i metodi di rilevazione e di calcolo siano affidabili oppure no e quindi accettare il rischio di proporci un quadro diverso (nel nostro caso ridotto del 20%), evidenziando un problema di non poco conto: i poveri assoluti e relativi ‘sembrano’ diminuiti. Non dimentichiamo che stiamo parlando di milioni di persone. Questo dato non deve quindi trasformarsi in un’illusione ottica o, peggio ancora, essere strumentalizzato dalla politica. Già qualcuno sta dicendo che il problema non è più così grande e può quindi essere ‘parcheggiato’ nelle politiche tradizionali. Rappresenta invece un deficit strutturale che l’Italia deve affrontare con politiche inedite, non assistenzialistiche, riconvertendo i trasferimenti monetari in servizi e in occupazione di welfare. Con approcci generativi le risorse a disposizione diventano un fondo di investimento così da affrontare la sfida del rendimento e della valutazione del loro impatto sociale”.

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