Povertà, il Reddito di cittadinanza spiegato dal M5S: “Non è un’utopia”
ROMA - Un beneficio massimo di 780 euro a persona al mese e l'obbligo di una ricerca attiva di un lavoro, di seguire corsi e fare volontariato: per una misura da 16 miliardi di euro l’anno. E' questo il "reddito di cittadinanza" targato Movimento 5 stelle depositato nell'ottobre 2013 e approdato in Commissione Lavoro in vista della discussione in aula. Tra i firmatari del ddl solo esponenti del Movimento. Prima firmataria Nunzia Catalfo, senatrice del Movimento 5 stelle e membro della commissione Lavoro. Una proposta, quella del "reddito di cittadinanza" presente sin dall'inizio nel programma del Movimento, ma che col tempo è stata affinata, superando i possibili fraintendimenti legati alla terminologia adottata, per cui è facile confondere il provvedimento con un sostegno economico riconosciuto a tutti i cittadini, al di là delle effettive difficoltà economiche. La proposta dei grillini, però, è altra cosa e punta a sostenere le famiglie che si trovano al di sotto della soglia del rischio povertà. "L'abbiamo sempre chiamato così, reddito di cittadinanza, ancor prima di presentarci alle politiche - spiega Catalfo - Reddito di cittadinanza perché pensiamo al cittadino che vive sotto la soglia di rischio povertà. Fermarsi alla semantica della parola è strumentale. Bisogna guardare il contenuto".
Basta guardare il contenuto del ddl presentato dal movimento, per capire che non ci sono intenzioni utopistiche. "La nostra è una misura che segue le indicazioni del parlamento europeo riguardo alla soglia di rischio povertà - spiega Catalfo -. Noi individuiamo questa soglia nei sei decimi del reddito mediano familiare che per l'Italia è di circa 15 mila euro annuali, quindi 6 decimi sono quantificati in 9.360 euro annuali, ovvero 780 euro al mese per un unico componente familiare". La misura, quindi, chiede di intervenire per colmare un eventuale gap e portarsi almeno sulla soglia, andando a considerare l'eventuale nucleo familiare. "Per calcolare la soglia per il nucleo familiare si fa riferimento alla cosiddetta scala di equivalenza modificata Ocse con i vari coefficienti che individuano il beneficio a seconda dei componenti del nucleo familiare - spiega Catalfo - Per fare un esempio, se il nucleo familiare è composto da due adulti, l'ammontare del beneficio è 1.160 euro. Ne hanno diritto tutti quelli che vivono al di sotto di quella soglia. E il beneficio può essere sia percepito per intero, sia percepito come integrazione al reddito che già si ha. Se all'interno di un nucleo familiare c'è un componente che ha un reddito che calcolato a livello mensile è di 800 euro e la famiglia è composta da due persone, il reddito che andrà a percepire l'altra persona è pari a 360 euro. La quota viene erogata individualmente".
La platea di riferimento è più estesa di quella in povertà assoluta e riguarda, in pratica, quella che l'Istat identifica come povertà relativa, che in Italia riguarda quasi 10 milioni di persone. "La misura - spiega Catalfo -, così come l'abbiamo individuata, insieme alla quantificazione delle spese e il numero delle famiglie beneficiarie, è in linea con quanto individuato dall'Istat nel rapporto sulle condizioni del Paese, consegnato al Parlamento nel luglio del 2014. La spesa quantificata dall’Istat è di 15 miliardi e 494 milioni". Spesa che ricalca quella presente nel ddl, ovvero “16.961 milioni di euro (cioè 16,9 miliardi, ndr) per l’anno 2015 – si legge nel ddl - e di 16.113 milioni di euro a decorrere dall’anno 2016”. Una cifra che non sembra spaventare il Movimento 5 stelle, nonostante negli ultimi anni alla lotta alla povertà siano state destinate risorse molto più contenute. "E' una questione di politica di governo - spiega Catalfo - Se ci fossimo stati noi al governo l'avremmo introdotto subito, piuttosto che impiegare 9,5 miliardi, quindi una cifra similare ai 15 miliardi, su un bonus di 80 euro che non è tarato sul nucleo familiare, che non incide sulla spesa dei contribuenti, ma piuttosto sul risparmio. Invece una misura come la nostra sicuramente incrementa la spesa del cittadino e una parte ritorna come Iva pagata allo stato". Essendo in linea con l'Europa, spiega Catalfo, la misura è aperta anche agli stranieri. "Hanno diritto al reddito di cittadinanza - si legge nel testo del ddl - tutti i soggetti che hanno compiuto il diciottesimo anno di età, risiedono nel territorio nazionale" ovvero i "soggetti in possesso della cittadinanza italiana o di Paesi facenti parte dell’Unione europea e i soggetti provenienti da Paesi che hanno sottoscritto convenzioni bilaterali di sicurezza sociale". Sono esclusi i detenuti per tutta la durata della pena.
Il beneficio accordato, però, richiede un impegno da parte di chi lo riceve. La misura, spiega Catalfo, è "strettamente collegata al reinserimento nel contesto sociale e lavorativo. Ci sono quindi degli obblighi per i beneficiari, ovvero fare colloqui di orientamento, un bilancio sulle competenze per capire se ci sono lacune e dove possibile intervenire, fare dei corsi di riqualificazione". E i percorsi, spiega Catalfo, non saranno su temi generali, ma "assolutamente coerenti con quella che è la richiesta del territorio". Nel ddl, infatti, è stato inserita anche l'istituzione di un osservatorio sul mercato del lavoro, nazionale e regionale, "in maniera tale che vi sia una programmazione formativa realmente coerente con le richieste territoriali", aggiunge Catalfo. Al beneficiario, però, non è richiesto solo di partecipare a corsi di aggiornamento: dovrà fare anche ricerca attiva di un lavoro "per almeno due ore giornaliere". Una ricerca monitorata attraverso un portale nazionale, spiega Catalfo, "già esiste in seno al ministero del Lavoro, ma che al momento è volontario". Infine, attività di volontariato. "E' richiesto un massimo di otto ore settimanali a beneficio della comunità - spiega Catalfo -, attività che non deve essere sostitutiva del lavoro. La persona deve essere riqualificata e deve fare ricerca attiva, questa attività aiuta la persona a non essere emarginata". La misura, inoltre, può essere anche revocata nel caso in cui vengano rifiutate più di tre proposte di impiego “ritenute congrue”, se sostiene colloqui con la volontà di ottenere esito negativo o se recede per due volte in un anno solare da contratti di lavoro senza giusta causa.
Reddito di cittadinanza vs Reis. Sull'apertura del governo in merito alla proposta del Reis, reddito di inclusione sociale, avanzata dall'Alleanza contro la povertà, Catalfo è chiara: bene il confronto con tutte le realtà, ma le decisioni su queste tematiche vanno prese a Montecitorio. "Sarebbe opportuno che il governo per una volta lasciasse al Parlamento la possibilità di discutere e dibattere al fine di trovare un provvedimento condiviso", aggiunge Catalfo che sulla specifica proposta del Reis, non risparmia le critiche. "Cosa non va bene nella loro misura? Il fatto che loro propongano che la gestione e la presa in carico del beneficiario venga fatta dai comuni e dal terzo settore - spiega -. Il comune non ha le risorse umane per potersi occupare di questa mole infinita di persone e di prenderle in carico nel modo corretto". Tuttavia, secondo Catalfo, la presa in carico spetta prima di tutto al pubblico. "Penso che i centri per l'impiego debbano pensare alla prima presa in carico per quel riguarda l'inserimento lavorativo e demandare una parte della presa in carico ai comuni laddove ci sono problemi di emarginazione sociale. A quel punto possono entrare i servizi accreditati. Fare l'esatto contrario è abbastanza pericoloso oltre a non portare ad una gestione virtuosa e organizzata sia del beneficio che del beneficiario".
La marcia contro la povertà. Intanto, il testo del Movimento 5 stelle va avanti nel suo iter, nonostante le difficoltà. "L'iter non è semplicissimo - spiega - Abbiamo fatto svariati emendamenti e in questo momento è in discussione in Commissione. Quello che sta succedendo è che anche Libera e la società civile si stanno muovendo affinché si porti a termine in aula un serio dibattito sul reddito di cittadinanza e noi ci aspettiamo che anche quella parte di maggioranza che in campagna elettorale o dopo ha supportato misure similari consenta la discussione che porti ad un voto favorevole". Il termine dei lavori in commissione, spiega Catalfo, è previsto per maggio. Mancano ancora le audizioni di Libera e della Cei. Ma maggio sarà anche il mese del pressing finale da parte dei grillini. Nei giorni scorsi, infatti, sul blog di Beppe Grillo c'è stata una chiamata alle armi per sostenere il provvedimento. "Al momento siamo in fase di decisione sul tipo di iniziativa - spiega Catalfo -. Quello che pensiamo di fare è una marcia contro la povertà affinché venga chiaramente percepito il messaggio che adesso è il momento in Italia di mettersi al pari dell'Europa. E' giusto che in Italia, che negli anni è stata conosciuta come attenta allo stato sociale, questi temi tornino ad essere considerati importanti per il nostro Paese". (ga)