Povertà, "il Terzo settore si interroghi sulle proprie responsabilità"
BOLOGNA – “Cosa significa essere poveri nel 2018?”. Se lo chiede Giampaolo Cavalli, direttore di Antoniano in occasione della Giornata mondiale di lotta contro la povertà: “Sicuramente essere soli, non poter contare su nessuno all’infuori di se stesso, non avere nessuno capace di darti un senso, vedere nel viso degli altri solo possibili nemici per paura concreta o indotta”. Ma l’elenco è lungo: secondo Cavalli, è solo chi è senza dimora, senza una casa né un luogo amico in cui potersi rifugiare. “Ma significa anche non avere nessun strumento per comunicare, se tutta la tua vita è a chilometri di distanza e solo un piccolo schermo ti può far respirare l’ossigeno che ti nutre”. O ancora, essere incapaci di provvedere alle proprie spese; non avere un lavoro o avere uno stipendio troppo basso; non riuscire a pagare puntualmente affitto e bollette; rimandare visite mediche anche quando costano poco; mettere in un angolo i bollettini non saldati della rata mensile per la mensa della scuola. “Significa anche essere stranieri. Non riuscire a esprimersi per farsi capire, non vedere al risveglio visi in cui potersi riconoscere, strade da percorrere con facilità senza correre il rischio che qualcuno ti scambi per un nemico”.
Sulla stessa lunghezza d’onda anche Alessandro Albergamo, coordinatore dei Servizi sociali di Antoniano. “Siamo anche poveri noi stessi: di visioni alternative alla mentalità paternalistica sulla povertà come colpa; sui poveri come deboli e incapaci, privi di sogni e aspirazioni; di visioni che sappiano affrontare il problema senza limitarlo alle questioni di ‘sicurezza’ e ‘decoro socio-urbanistico’; di progetti sociali che si pongano in discontinuità con gli schemi obsoleti e freddi del passato; di riferimenti umani, culturali e sociali in grado di farci fare un salto di qualità nella lotta alla povertà; di politiche empatiche, inclusive e lungimiranti, non basate sulla spending review o sugli attacchi alla solidarietà”. Albergamo invita il Terzo settore a interrogarsi sulle proprie responsabilità mancate e sulle possibilità future. “Perché – continua –, non basta rivolgersi ai ‘poveri’ o parlare di ‘povertà’ ai convegni. Bisogna parlare anche di ‘ricchezza’ in senso lato, bisogna far conoscere a chi è ‘ricco’ la complessità di chi è ‘povero’”. L’auspicio è che si cominci a investire sulle stesse persone considerate ‘povere’, per ribaltare il pensiero che “ritiene che il povero non abbia capacità o addirittura diritto a costruirsi un futuro e un presente che si sceglie all’interno di un percorso che lo vede protagonista attivo. Se la politica non riesce da sola, il Terzo settore deve assolvere a questa sua funzione intrinseca e deve rivendicare per sé un ruolo attivo nei processi politici e sociali, per una società più equa e solidale, dove nessuno resta indietro per colpa di chi sta davanti”.
Per dare corpo a questo monito, Antoniano e l’associazione Piazza Grande hanno collaborato alla produzione del documentario “Storie del Dormiveglia” di Luca Magi che, dopo essere stato premiato alla 14esima edizione di Biografilm festival con il Best Film Yoga Award, sarà proiettato al Cinema teatro Antoniano martedì 30 ottobre alle 20.30. In “Storie del dormiveglia” il regista Luca Magi narra le vicissitudini di alcuni ospiti del centro di accoglienza notturno Rostom, situato nella periferia di Bologna, nel periodo in cui era gestito da Antoniano e Arci. Dal buio, tra una sigaretta e l’altra, emergono i volti e le parole di chi resta nel dormitorio per una sola notte o di chi ne ha fatto la propria casa. Uomini e donne con un passato difficile, esiliati in un presente di perpetua attesa. Una galassia perduta a debita distanza dal passato e dal futuro. (Ambra Notari)