31 luglio 2015 ore: 14:16
Economia

Povertà, l’Alleanza boccia il piano Poletti. “Ennesima sperimentazione”

Il piano contro la povertà presentato dal ministro del Lavoro non convince associazioni e sindacati riuniti nell’Alleanza contro la povertà. “Interventi prospettati assai generici, impianto strategico da cambiare. Serve strumento stabile e universale”
Povertà

ROMA – Il Reddito per l’inclusione attiva lanciato dal ministro Poletti come piano contro la povertà non va: interventi prospettati assai generici, impianto strategico complessivo da cambiare completamente, una misura che è in pratica una nuova sperimentazione e che potrebbe sollevare il mondo politico per un intero triennio (fino a fine legislatura) dal prendere decisioni coraggiose e necessarie sulla lotta alla povertà. È duro il parere dell’Alleanza contro la povertà, un cartello di 32 organizzazioni di ispirazione culturale e sociale diversa che condividono l’urgenza di una strategia nazionale di contrasto alla povertà, nei confronti della proposta dal ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Giuliano Poletti, di un “Reddito per l’inclusione attiva” da introdurre nella prossima legge di stabilità. Presentata il 16 luglio scorso in occasione di una riunione al ministero con tutto il partenariato sociale, la proposta del ministro era in attesa delle valutazioni ufficiali delle organizzazioni coinvolte. Un parere reso noto oggi e già inviato al ministro che proviene soltanto degli organismi dell’Alleanza che hanno partecipato a quell’incontro (sono da escludersi quindi Anci e Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome convocate dal ministro in sede separata) che mette in forte discussione tutto l’impianto della proposta.

Interventi “generici” e strategia “da cambiare”
L’Alleanza mette subito in primo piano, nelle osservazioni inviate al governo, la difficoltà nel fare una “disamina puntuale” della proposta del ministro perché gli “specifici interventi prospettati vengono illustrati in termini assai generici”. Le osservazioni, quindi, riguardano l’impianto strategico complessivo ipotizzato dal ministero. E su questo tema il cartello di 32 organizzazioni non fa sconti. “L’Alleanza giudica in modo negativo l’impianto strategico delineato nel documento – si legge nel testo -. Vi si esplicita, infatti, l’intenzione di non avviare nel triennio 2016-18, cioè sino alla scadenza attesa della legislatura, un percorso di riforma che introduca gradualmente la necessaria misura nazionale a sostegno della popolazione in povertà assoluta. L’avviamento di tale percorso, invece, è necessario ed urgente poiché l’Italia ha recentemente vissuto un’amplissima diffusione dell’indigenza e rimane priva di una simile misura”. Una valutazione dura, quella dell’Alleanza, che chiede di “modificare sostanzialmente questo impianto strategico” e di “procedere alla progressiva introduzione di una misura come il Reddito d’Inclusione Sociale (Reis), proposto dall’Alleanza, attraverso l’avviamento di un appropriato Piano nazionale contro la povertà (di natura radicalmente differente da quello prospettato dal Esecutivo)”.

Serve un piano “coerente, graduale e con un orizzonte definito”
Per l’Alleanza nel testo del governo Renzi mancano i tre principi fondamentali su cui dovrebbe basarsi un “piano coerente” con le indicazioni dell’Alleanza. Il primo elemento assente è la gradualità dell’intervento in un “orizzonte definito”, sia in merito ai tempi che alle risorse da stanziare. Altro principio sottovalutato dalla proposta di Poletti, la “stabilità”. “Il Reis non ha natura sperimentale – spiega il documento dell’Alleanza -, né è destinato a durare solo alcuni anni. È, invece, una misura strutturale che rimane stabilmente nel tempo”. Infine, l’universalismo. “Il documento (del governo, ndr) afferma che, qualora venisse realizzato l’obiettivo massimo, cioè il reperimento di 1,5 miliardi – continua il testo dell’Alleanza -, si potrebbe integrare il reddito delle famiglie fino al 50 per cento della soglia Istat di povertà assoluta. Ciò significa raggiungere esclusivamente le famiglie con un reddito non superiore alla metà della soglia di povertà assoluta, fornendo loro una prestazione che consenta di elevarlo solo sino a tale soglia. Il documento purtroppo non indica la percentuale di famiglia povere che si pensa così di raggiungere. In ogni modo, sulla base di precedenti studi dell’Alleanza, è ragionevole supporre che l’utenza di questa nuova prestazione non sarebbe, nell’ipotesi di massima spesa, comunque superiore ad un terzo delle famiglie in povertà assoluta”.

L’ennesima sperimentazione?
Mentre l’Italia aspetta ancora che la sperimentazione del Sia venga avviata in tutte le città programmate, il progetto presentato da Poletti non rassicura neanche da questo punto di vista. “La nuova misura ventilata dal governo è da ritenersi una sperimentazione – afferma senza mezzi termini l’Alleanza -, nell’identica accezione con la quale questo termine è stato utilizzato negli ultimi 20 anni nelle politiche contro la povertà: si tratta, una volta ancora, di un intervento riguardante una parte assolutamente minoritaria dei poveri per un arco di tempo circoscritto. L’unica differenza con il passato è che in questo caso la percentuale di famiglie povere potrebbe essere superiore”. Una nuova sperimentazione che si concluderebbe nel 2018, aggiunge il testo dell’Alleanza, “quando ricorreranno i 20 anni dall’introduzione della prima sperimentazione di una misura nazionale contro la povertà, quella del Reddito Minimo d’Inserimento (Rmi)”. Difficile quindi, aggiunge l’Alleanza, “portare motivazioni a sostegno dell’introduzione di una ennesima misura con tali caratteristiche”.

Ria e il rischio specchietto per le allodole
Il Ria ipotizzato da Poletti, inoltre, comporta dei rischi concreti per il futuro delle politiche contro la povertà. Prevedere un tentativo di politica di contrasto alla povertà nel triennio 2016-2018, secondo l’Alleanza, “vorrebbe dire esprimere la volontà politica di togliere l’introduzione della necessaria riforma dall’agenda dei prossimi tre anni”. Il rischio è reale, spiega l’Alleanza. “Mettere in campo una prestazione come quella qui ipotizzata significherebbe ‘fare qualcosa’ contro la povertà pur non facendo niente in grado di migliore realmente la situazione. Non sarebbe certo, si è visto, la prima volta. È da ricordare che la lunga serie di simili misure introdotte in passato ha sempre avuto una precisa funzione comunicativa: trasmettere all’opinione pubblica l’impressione che ci si stia occupando della povertà mentre in realtà non lo si sta facendo o, meglio, si sta agendo in modo ininfluente”, così da “offuscare l’assenza della volontà politica di affrontare i nodi dell’esclusione sociale in maniera incisiva”.

Le richieste dell’Alleanza
Al governo, l’Alleanza torna a chiedere che la povertà diventi una priorità nell’agenda politica, abbia risorse adeguate ed esca finalmente dal pantano delle sperimentazioni. Nonostante la proposta non convinca, però, di positivo c’è l’apertura ad un “confronto costruttivo”, spiega Gianni Bottalico, presidente delle Acli e portavoce dell’Alleanza. “Riteniamo questo confronto testimonianza concreta di un impegno comune per implementare politiche finalizzate all’inclusione sociale ed alla coesione – spiega Bottalico -, e con questo spirito intendiamo proseguire il confronto con il governo al quale rivolgiamo due osservazioni: da una parte si sollecita il superamento delle sperimentazioni con l’adozione, sia pure graduale, di uno strumento strutturale ed universale di contrasto alla povertà assoluta, secondo la logica del Reis; dall’altra si chiede che la lotta alla povertà diventi una delle priorità sociali cui destinare adeguate risorse ed azioni, già a partire dalle prossime settimane, in vista della definizione della Legge di Stabilità".(ga)

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