Povertà, nel Nord-Est aumentano le persone con grave disagio. Il 50% è italiano
VENEZIA - Aumenta, anche se di poco, il numero delle persone in condizioni di bisogno nel Nordest. Secondo il rapporto “E chi è il mio prossimo?” presentato da Caritas, le persone accolte nelle 130 strutture prese in esame dal report (sul totale di 206), dedicate all’accoglienza di persone in grave e gravissima marginalità sociale, sono state 3.896 nel 2015, mentre nel 2014 erano state 3.865.
Da un campione di 608 persone accolte al 1 giugno 2015 nelle diverse residenze, emerge che le persone in condizioni di bisogno sono prevalentemente maschi (79%), celibi (52%) e si dividono in due gruppi quasi omogenei, con gli italiani che rappresentano il 50,3% del campione, gli stranieri comunitari con il 5,6% e gli stranieri extra Ue con il 44,1%. Gli immigrati sono più giovani e si concentrano nella fascia d'età over40, mentre gli italiani sono più anziani.
Si tratta di persone che presentano multiproblematiche, in primis legate alla casa, al reddito e al lavoro. Oltre a questo, tra gli italiani incidono anche problemi familiari, di salute, dipendenza, autonomia psico-fisica, devianza, istruzione e socialità. Per le persone straniere, da tempo presenti in Italia e con regolari permessi di soggiorno, le difficoltà maggiori sono legate al reddito, al lavoro e alla casa.
Quanto alle strutture, la Caritas del Nordest mette a disposizione (al 1 giugno 2015) complessivamente 980 posti letto di cui: 346 tra dormitori e soluzioni di emergenza, 314 Case accoglienza per un'utenza eterogenea; 13 Casa-famiglia per madri con minori, 139 alloggi semi-protetti, 134 alloggi in autonomia, 34 Housing First. In queste strutture lavorano 196 operatori dipendenti affiancati da 663 volontari, un numero che sale a quota diverse migliaia se si conderano tutte le 2016 strutture della rete e non solo quelle oggetto del rapporto.
"Dal rapporto emerge un profilo bello del volontariato di relazione - ha spiegato don Giovanni Sandonà, già direttore dell'Osservatorio Povertà -, ossia, di come la relazione di accoglienza e accompagnamento genera percorsi di inclusione sociale. Resta dolente il problema della residenza, senza la quale molti dei senza dimora non possono accedere a nessuna forma di tutela socio-sanitaria e previdenziale. Così come la presa in carico da parte della rete dei Servizi Sociali Territoriali: dato evidenziato dal 36% degli accolti in carico solo alle nostre Caritas".
"La Rete Caritas per la gravissima marginalità, da qualche anno, sta riflettendo su un cambio di rotta che porti fuori dai dormitori più persone possibile spostando l’accoglienza verso il modello degli alloggi in autonomia - aggiunge don Marino Callegari, Delegato delle Caritas Nord-Est -perché convinta che sia la strada giusta che permetta di potenziare l’autonomia dei senza dimora, o parte di essi, a iniziare dal vivere, dopo la strada, uno spazio abitativo destinato loro in modo esclusivo. All’alloggio viene associato un progetto individualizzato, realizzato attraverso una presenza educativa". (gig)