Presidio a Roma: “Sanatoria per tutti e certezza dei diritti”
Difficoltà nella regolarizzazione, iniquità nell’idea del permesso di soggiorno a punti, preoccupazione per il futuro dei figli nati in Italia, ma anche difficoltà di accesso ai servizi sociali, sanitarie scolastici, e totale insufficienza di fondi per le politiche di integrazione e sostegno ai diritti. Nella piazza c’è questo e anche di più: non si vuole più essere considerati ospiti in un paese in cui si è scelto di vivere, lavorare e mettere su famiglia. Le storie che queste persone raccontano, storie di difficoltà quotidiane e di ingiustizie, fanno emergere difficoltà comuni: casa, lavoro, cittadinanza, voto. Tutte però esprimono una coscienza, quella di poter dare un contributo se esistono possibilità e opportunità anche per loro.
“Ho un casa – racconta Stella, 46 anni, proveniente dalla Nigeria – ma vivo di prepotenze. L’Italia è un bel paese, ma è cattivo. Non trovo lavoro, mio marito lavora ad ore, abbiamo 5 figli. Sono diciotto anni che vivo in Italia. Berlusconi mi aiuti. Ho sempre pagato le tasse”. Non meno amaro il commento di Franco, 24 anni, peruviano. “Si, l’Italia è un bel paese, ma si tira avanti. Mi manca un’opportunità per lavorare e vivere meglio. Sono regolare, ma vivo ai margini di ogni possibilità”. “Siamo qui – ha aggiunto Gorge, 50 anni, ugandese con 4 figli a carico nati in Italia – perché i diritti vanno difesi. Quando serve e oggi serve perché c’è un clima di totale disprezzo per chi vive in uno stato di povertà. Sono cittadino italiano, ho versato contributi per 24 anni e oggi rischio la casa perchè sono stato espulso dal mercato del lavoro e il mio reddito non esiste più”.
E correttezza e trasparenza la chiedono anche tanti cittadini e datori di lavoro presenti al presidio. “Ci sono persone che hanno pagatio di tasca loro queste procedure di regolarizzazione. Perché l’informazione non da queste notizie? Perché non si dice – ha chiosato la signora Annamaria, italiana, 40 anni – che su questa sanatoria non solo non c’è stata trasparenza, ma neanche correttezza?”.