Profughi picchiati e sottopagati, inchiesta sul caporalato nel Chianti
Immigrati e lavoro: stagionale lavora in una vigna
FIRENZE - Un’inchiesta della Procura di Prato ha rivelato che nelle vigne del Chianti hanno lavorato centinaia di immigrati, soprattutto profughi appena giunti dal Pakistan e da Paesi dell’Africa subsahariana, molti dei quali sfruttati, sottopagati e persino picchiati. Secondo gli inquirenti, lavoravano in condizioni molto dure, spesso dodici ore al giorno e perfino in ciabatte, senza gli strumenti antiinfortunistici adeguati. - Stamattina sono state eseguite decine di perquisizioni. Attualmente 12 persone sono indagate per associazione a delinquere finalizzata allo sfruttamento di lavoratori stranieri irregolari. Nessuna azienda vitivinciola è finita nel registro degli indagati, visto che queste aziende si sono servite, per far lavorare questi migranti, di società che hanno preso il lavoro in appalto. Sono invece indagati, oltre ai titolari straniere delle aziende, anche tre commercialisti e consulenti di lavoro pratesi che compilavano contratti di lavoro con false credenziali.
Sul tema è intervenuto il governatore toscano Enrico Rossi: “Il caporalato è un problema che va affrontato richiamando anche alle loro responsabilità gli imprenditori agricoli che se ne servono. La proposta di legge Martina è sicuramente un passo in avanti: inasprisce le pene per i 'caporali' e prevede la confisca dei loro beni, ma per combattere seriamente il caporalato penso che si debbano chiamare in causa anche gli imprenditori agricoli (o di altri settori) che consapevolmente ne usufruiscono, ad esempio penalizzandoli nell'erogazione dei contributi comunitari, ed agevolare invece gli imprenditori seri nella ricerca di manodopera a tempo determinato".