Profughi: torna Schengen, ma continuano i respingimenti
MILANO – Rabbia e frustrazione. Sono le due sensazioni che prevalgono nelle parole di Mario Deriu, poliziotto di Bolzano segretario del sindacato Siulp: "Siamo soli a gestire una situazione impossibile", spiega. Sono le regole che non funzionano: non c'è solidarietà tra i paesi europei. La Germania ha sospeso Schengen dal 25 maggio al 15 giugno. Il bilancio è una media di 80-90 respinti alle frontiere al giorno. "La situazione non migliorerà nemmeno con la riapertura", prevede Deriu: l'Austria infatti continua ad imporre controlli molto stringenti sui convogli che passano nel Paese. Alla chiusura tedesca è corrisposta una chiusura austriaca. "Se Schengen si può sospendere per motivi di sicurezza, allora provocatoriamente dico 'chiudiamo i confini anche noi e costringiamo la Spagna a gestire tutto il flusso'. Ma potrà funzionare un sistema del genere?"
"Se a Ventimiglia la Francia adotta dei respingimenti muscolari, in Austria i respingimenti sono più 'eleganti'", continua il sindacalista. Il 22 giugno è previsto un incontro al vertice tra le polizie di Austria, Italia e Germania per decidere se proseguire con le scorte trilaterali, i contingenti misti con agenti da tutti e tre i Paesi che provvedono a fermare i passeggeri sprovvisti di passaporto. Secondo Deriu, le trilaterali sono il modo attraverso cui Austria e Germania obbligano l'Italia a operazioni che altrimenti non verrebbero fatte. "Il fotosegnalamento con l'inserimento nel sistema Eurodac costringe a restare in Italia fino a che non si è riconosciuti titolari di protezione umanitaria, che richiede almeno un anno, un anno e mezzo", aggiunge Deriu. La Francia ha potuto seguire l'esempio della Germania pur senza sospendere Schengen per motivi tecnici: prima che un profugo passi il confine andrebbe obbligatoriamente identificato. Siccome questo non accade sempre, allora la Francia alza un muro. "Si gioca d'ipocrisia", commenta il poliziotto: l'inserimento in Eurodac di nuovo significa costrizione a fermarsi in Italia. "Serve invece prendere una scelta che sia prima di tutto umanitaria. Bisogna monitorare il passaggio perché è giusto sapere chi transita anche per organizzare l'accoglienza, ma bisogna strutturare una libera circolazione in tutta Europa", chiude. (lb)