Proteste anti migranti: "Nessun allarme nei territori, media gridano all’invasione"
ROMA – L’ultimo episodio risale al 19 luglio: due bottiglie molotov sono esplose davanti a un centro di accoglienza per migranti gestito da Caritas italiana a Modena. La dinamica dell’incidente è ancora da chiarire ma gli inquirenti non escludono la pista xenofoba. Nell’ultimo periodo, infatti, sono diversi gli episodi di violenza e intolleranza contro gli stranieri: solo qualche giorno prima, il 15 luglio, a Messina sono state fatte vere e proprie barricate davanti a un centro in cui dovevano essere ospitati 50 richiedenti asilo. Stesso discorso a Milazzo. Ma cosa sta succedendo nel paese? Esiste davvero un’emergenza sul fronte dell’accoglienza che motiva questi episodi? Lo abbiamo chiesto a Oliviero Forti, responsabile immigrazione di Caritas Italiana e Caritas Europa.
Iniziamo da Modena, cosa è successo nel centro per migranti?
Per ora non conosciamo bene la dinamica, gli inquirenti stanno indagando. Ma non è il primo caso come questo: in passato abbiamo dovuto fronteggiare gli striscioni di Forza nuova davanti alle nostre sedi e altre provocazione del genere, come le sagome di persone per terra. Il clima è chiaramente esasperato. Anche sui social network siamo costantemente attaccati.
Da cosa dipende questa esasperazione, esiste un reale problema di accoglienza nei territori?
I numeri parlano di un aumento degli arrivi, ma le cifre non sono tali da giustificare timori diffusi. Quello che sta succedendo è frutto dell’effetto mediatico che il tema migratorio sta avendo sull’ opinione pubblica, non di un reale problema sul territorio. Rispetto all’anno scorso riguardo all’accoglienza non c’è nessuna differenza particolare. C’è, invece, un’attenzione dei media molto forte che è legata alle prese di posizione anti immigrati sia in Italia che in Europa. E’ sempre lo stesso film a cui siamo costretti ad assistere ogni volta che il tema dell’immigrazione entra nel dibattito politico come oggetto elettorale. L’opinione pubblica viene sommersa da informazioni non reali: una certa politica, infatti, pur finire sulla cronaca formula tesi che non corrispondano a verità e genera allarmi sociali, che non corrispondono nei fatti a un problema reale nei centri. La gente così si sente frastornata ed è portata a pensare che questo dieci per cento in più negli arrivi possa avere un impatto devastanti nei centri. Alla fine, come ogni anno, si grida all’invasione, ma poi i territori ce la fanno.
Pensa che queste proteste siano anche la conseguenza del dibattito infuocato dei mesi scorsi sull’operato delle ong nel salvataggio in mare?
Certo il dibattito anti ong ha influito. Quello che fino a ieri era considerato un comportamento nobile, e cioè salvare vite umane, oggi viene messo in discussione. Siamo al paradosso: si sostiene chi lavora contro i diritti umani e non chi lavora a favore. Io credo che se non ci si convince che quello degli arrivi nel nostro paese è ormai un trend costante, che continuerà nel tempo e che viene mediatizzato nel momento in cui se ne sente il bisogno a livello politico, non andremo lontano. E’ inutile continuare a ragionare in termini allarmistici. Su questo tema c’è una responsabilità precisa di chi ha potere in Europa e in Italia. Nell’ultimo periodo l’allarme arrivi è stato utilizzato anche per contrastare la riforma della cittadinanza. E’ inaccettabile che si usi questo per alimentare la paura rispetto al principio dello ius soli temperato. Vuol dire che manca del tutto la consapevolezza di quello di cui si sta parlando, ma più in generale di quello che è l’Italia in questo momento. (ec)