9 dicembre 2002 ore: 19:07
Società

Quale ruolo per l’informazione sugli ''ultimi''? Le risposte di Morrione, Ramenghi, Agostini

ROMA – L’informazione sociale, e non solo, dovrebbe avvertire “la necessità di allargare lo sguardo al mondo”: è l’invito e il suggerimento formulato da Roberto Morrione, direttore di Rai News 24, intervenuto ieri alla tavola rotonda che ha chiuso la IX edizione di “Redattore Sociale”, seminario di formazione per giornalisti a partire dai temi del disagio e delle marginalità.
Occorre andare oltre “i titoli” delle notizie per guardare “cosa c’è dietro: abbiamo una guerra alle porte che potrebbe essere devastante, in cui non viene escluso l’uso di ordigni nucleari; si stanno delineando nuovi assetti del mondo, in cui l’Europa gioca un ruolo specifico”. Cosa c’entrano questi nuovi equilibri con l’informazione sociale? “Molti popoli si muoveranno verso la nostra società e la nostra vita”, ha spiegato Morrione, condannando la “ristrettezza e angustia che vive l’informazione di fronte a problemi reali”. La sfida, allora, sta proprio nel rivolgere lo sguardo sia a quanto accade nel pianeta, sia al “settore degli invisibili e degli ultimi”. E in questa sfida che si gioca in un mondo ormai globalizzato la velocità nel dare le notizie in tempo reale “fa la differenza, ha la sua importanza”, senza trascurare però “il filo critico di conoscenza e di memoria: contenuti e innovazione tecnologica possono aiutare anche l’informazione sociale”. La memoria, infatti, “è uno straordinario patrimonio di cui c’è uno straordinario bisogno”, ha sottolineato Morrione.
In questo scenario “l’informazione ha ancora una funzione educativa? E nella sostanza hanno valore in questo mondo quei 10 milioni di disperati – famiglie povere, malati psichici, sieropositivi, carcerati, disabili – rispetto ai commercianti e ai pubblicitari?”. È la domanda posta da don Vinicio Albanesi, presidente della Comunità di Capodarco, ricordando che i Seminari “Redattore Sociale” sono nati proprio perché “ci sentiamo addosso il dolore e il male”. “C’è una fetta di mercato piccola che sta implodendo e il sociale è chiamato a infilarsi in queste contraddizioni”, ha risposto Antonio Ramenghi, vicedirettore de “L’Espresso”, suggerendo di invitare qualche grande inserzionista della pubblicità alla prossima edizione del Seminario. Inoltre ha evidenziato che oggi “il massimo della comunicazione (via internet, cellulare…) corrisponde al minimo di vita sociale: è un modo sbagliato di gestire questi strumenti”. Anche perché “il capitale sociale della nostra società ha bisogno di un’aggressività maggiore, di spezzare il ghetto e mettere in comunicazione la gente isolata”. Inoltre occorre “organizzare il dissenso” nei confronti “di certi meccanismi in voga su stampa e tv, aiutando i lettori e gli spettatori a comprendere che c’è un’altra via”.
Secondo Angelo Agostini, docente di teorie e tecniche del linguaggio giornalistico all’Università di Bologna, il lavoro delle comunità di accoglienza e delle associazioni non ha “rappresentanza politica”. Ma bisogna “smettere di fare autolesionismo” e valorizzare alcune esperienze in corso che rappresentano autentici “spazi di comunicazione”: dagli uffici di relazione pubbliche delle Asl alle reti del commercio equo e solidale. Anche se – si è chiesto Agostini – “socialità e solidarietà sono parole che animano il dibattito politico odierno?”. Anche per questo motivo diventa sempre più urgente “costruire reti di relazione e di mediazione con le persone”.(lab)
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