Quando la musica accende le memorie fragili
MILANO - "La vita è bella", "Marina", "Nessuno mi può giudicare"… è decisamente variegato il repertorio del coro "SonoraMente" di Milano, spazia dagli anni '60 a noi. - Sono brani scelti dai coristi, un gruppetto di 17 anziani "dalla memoria fragile", quasi tutti malati di Alzheimer. Con loro cantano anche mogli, mariti o badanti. E si sono già esibiti, in meno di un anno di attività, all'auditorium Lattuada, insieme ai bambini della scuola elementare di via Massaua, a Fa' la cosa giusta! (la fiera nazionale del consumo critico), al teatro Don Orione e alla Biblioteca della Cascina di via Chiesa Rossa. Esibizioni sorprendenti: magari non perfette dal punto di vista tecnico, ma che trasmettono grandi emozioni. Difficile non commuoversi. È come se la musica e il canto riuscissero a superare quella barriera che l'Alzheimer erige tra loro e il mondo. "Abbiamo dato vita al coro per dare la possibilità a questi anziani e ai loro familiari di fare insieme una cosa bella", spiega Marta Vinci, presidente della Walter Vinci Onlus, associazione nata nel 2007 per offrire sostegno a tutte le fragilità sociali derivate da patologie sia congenite sia acquisite. "Con il coro possono concedersi un paio d'ore in cui si rilassano e cantano -sottolinea Marta-. Stress e preoccupazioni rimangono fuori dalla porta". In Lombardia c'è un'altra esperienza simile: sono le "Voci d'argento", nate nel 2016 all'interno dell'istituto geriatrico Mazzali di Mantova, che coinvolge una quindicina di anziani malati di Alzheimer. Entrambi i cori si ispirano a "Las voces de la memoria", gruppo di Valencia che dal 2010 infiamma il pubblico spagnolo.
Il coro SonoraMente si ritrova ogni mercoledì pomeriggio, nell'auditorium del quartiere Olmi, per le prove. Seduti in cerchio, Antonio Aiello, 82 anni, napoletano verace e una vita dedicata ad allenare cavalli da corsa all'ippodromo di San Siro, inizia a cantare sommessamente (è quasi un bisbiglio), "Io, mammate e tu" di Domenico Modugno. Guglielmo Nigro, il musicoterapista che segue il coro (insieme alla collega Natalia Cannone), coglie al volo il suggerimento di Antonio e sollecita gli altri a provare a intonarla. E c'è chi ci prova: non si ricordano quello che hanno fatto poche ore prima, ma questa canzone che risale al 1955 riaffiora alla mente. Nei prossimi mesi probabilmente "Io, mammate e tu" entrerà nel repertorio dei loro spettacoli, con l'arrangiamento curato da Guglielmo, da Natalia e dal direttore del coro Giorgio Ubaldi. "Quando ci si ammala si tende a concentrarsi su quello che non si sa più fare, con il coro ci concentriamo su quello che ancora ciascuno riesce a fare", spiega Guglielmo. All'inizio delle prove vengono distribuiti alcuni tamburelli: iniziano a giocarci, poi cercano di seguire il ritmo dei brani, guidati da Guglielmo. È un modo per rompere il ghiaccio. "Il cantare è il punto di arrivo, prima c'è improvvisazione, espressione di sé. Una volta ho portato un campanaccio e chiesto loro di fare i versi degli animali. Creiamo lo spazio mentale perché possano raccontarsi. Il repertorio dei brani nasce dai loro racconti".
"Io qui mi sento bene - dice Antonio, mentre fa merenda al termine delle prove -. Nella mia vita non ho mai cantato, ma ora lo faccio volentieri". E poi senza dar cenno di cambiare discorso, attacca subito a raccontarmi di quando da ragazzo ha imparato ad allenare i cavalli da corsa. "Per me è uno svago - aggiunge la moglie Rosalba -. Purtroppo con l'Alzheimer si viene abbandonati da tutti. Mio marito aveva tanti amici, fino a pochi anni fa lavorava ancora. Era noto nell'ambiente dei cavalli. Gli hanno dedicato anche degli articoli sulle riviste. Ora siamo soli e non c'è più occasione di uscire. Ci sono i parenti, ma quando ci si ritrova si è a tavola e dopo poco Antonio rimane in disparte, si assenta con la mente. Qui invece riesce a partecipare. Pensi che quando è a casa passa la maggior parte del tempo a letto, a dormire".
E poi c'è il giorno dello spettacolo. Gli uomini in camicia bianca e pantaloni neri, le donne in abito scuro. Con il tocco di colore dei foulard arancioni e azzurri che portano al collo, sono elegantissimi. "Spesso le donne il giorno prima vanno dal parrucchiere, mettono lo smalto alle unghie, gli uomini arrivano ben rasati -racconta Marta Vinci-. Sentono molto la magia del momento". Il 7 giugno partecipano ad una serata di musica e teatro alla Biblioteca della Cascina di via Chiesa Rossa, insieme a un gruppo di giovani attori della Scuola Paolo Grassi e il Coro da Camera Clam Chowder. Il gran finale spetta al coro Sonoramente. È un alternarsi di momenti di grande poesia mentre cantano la "Vita è Bella", con le parole scritte appositamente per loro dal paroliere e musicista Marco Manasse, e momenti di puro divertimento, come quando attaccano con "Marina" e il coro ondeggia.
"La musica è lo stimolo più completo per il cervello e riesce ad agire anche nei malati di Alzheimer - spiega Renato Bottura, direttore sanitario degli Istituti Geriatrici Mazzali di Mantova-. Nel coro poi c'è la ricchezza di stare insieme ad altre persone e c'è un obiettivo: cantare e preparare uno spettacolo. I nostri anziani si sentono così ancora attivi". Anche nelle Voci di Argento, coordinate dal musicoterapista Roberto Bellavigna, le canzoni fanno riaffiorare ricordi ed esperienze vissute durante la vita. "La signora Luciana da giovane frequentava le balere -racconta Veronica Barini, farmacista del Mazzali e ideatrice del coro-. Durante le prove arriva ad alzarsi dalla sua carrozzina e ad accennare qualche passo di ballo". Oppure Anselmina, che ad un certo punto ha raccontato che il marito in casa da giovane cantava sempre. E Carmen, 90 anni, molto religiosa che ha insistito perché si cantasse l'"Ave Maria" di Schubert: nello spettacolo del dicembre 2016 si è esibita da solista. "Quando cantano è come se si accendesse in loro una luce", conclude Veronica. (Dario Paladini)