Quasi 300 migranti nei Cie italiani, "sistema inutile"
BRUXELLES - Di tredici centri di identificazione ed espulsione in Italia, attualmente solo cinque sono operativi, e ospitano in totale 279 migranti irregolari (dati di febbraio 2015). Le espulsioni riguarderebbero, anche se le cifre precise mancano, appena fra il 10 e il 20 percento delle persone detenute nei Cie.
Il quadro della situazione è stato fatto oggi a Bruxelles, in occasione della chiusura della campagna europea Open Access Now 2014-2015, che ha permesso a europarlamentari, giornalisti, rappresentanti di Ong e attivisti della società civile di visitare 16 centri di detenzione in Spagna, Francia, Belgio e Italia.
In tredici dei centri visitati, l’accesso ai rappresentanti dei media è stato vietato (non in Italia però, visto che a fine 2011 l’ex ministro dell’Interno Cancellieri ha abrogato la circolare Maroni che proibiva l’ingresso nei Cie dei giornalisti). In tutte le visite sono state rilevate condizioni simili a quelle carcerarie con problemi legati all’assistenza medica e psicologica, ma anche all’alimentazione, all’uso di ansiolitici senza che gli immigrati irregolari ne fossero consapevoli e ad altre violazioni dei loro diritti fondamentali.
Gabriella Guido, responsabile per la campagna Lasciateci Entrare, su cui Open Access Now si è appoggiata per quel che riguarda l’Italia, ha spiegato: “Lo scorso dicembre, il governo ha finalmente approvato una legge che accorcia il tempo massimo di detenzione nei centri di identificazione ed espulsione da diciotto a tre mesi. Questo ha fatto si che ci sia stato un progressivo svuotamento dei Cie. Però, anche se la maggior parte dei centri non sono più utilizzati, non si procede alla loro dismissione perché il messaggio politico che si vuole lanciare è quello securitario, si vuole dire ai cittadini che il centro è lì per tenere gli immigrati irregolari separati dalla società ed eventualmente espellerli. Ma anche le espulsioni sono un numero esiguo rispetto a tutte le persone detenute, il che dimostra l’inutilità di questo sistema”.
E l’eurodeputata Barbara Spinelli, che ha visitato il centro di Ponte Galeria, vicino Roma, ha sottolineato: “Non possiamo dimenticare gli oltre mille morti che in questi giorni hanno perso la vita nel Mediterraneo. Quelli che hanno visitato i campi di concentramento che chiamiamo centri di identificazione ed espulsione non possono non fare la connessione fra le partenze di questi disperati, il loro sterminio in mare e la loro detenzione, senza aver commesso alcun reato, in vere e proprie realtà carcerarie. E la colpa di questo meccanismo perverso che porta alla perdita di così tante vite umane e alla carcerazione di persone innocenti in condizioni disumane non è di Salvini, non è della Lega, non è del Front National in Francia. La colpa è dei nostri governi, sia di destra che di sinistra, la colpa è dell’Unione Europea che non fa niente per porre fine a questa tragedia, la colpa è delle Nazioni Unite”.
La Spinelli critica anche i dieci punti presentati ieri a Lussemburgo dal commissario Ue all’Immigrazione Avramopoulos e che verranno discussi al vertice dei capi di Stato e di governo di giovedì a Bruxelles: “Si parla di raddoppiare i fondi a Triton ma non si accenna a nessuna operazione di salvataggio in mare, alla stregua di mare nostrum. Si parla di ridistribuzione dei rifugiati e dei richiedenti asilo e si accenna ad appena cinquemila persone. Tutto questo denota la non volontà politica di fare veramente qualcosa”, dichiara l’europarlamentare di Sel che denuncia: “L’Europa sta esternalizzando la politica d’asilo, cercando di coinvolgere paesi quali Tunisia ed Egitto nella gestione dei rifugiati e pensando alla possibilità di un blocco navale o di un’operazione militare”.
E sulle sue visite ai Cie, la Spinelli ha dichiarato: “Alcuni dirigenti mi hanno detto orgogliosamente che, se prima si spendevano 41 Euro al giorno per detenuto, ora se ne spendono 28. Se prima il pocket money per ogni immigrato era di 3,50 Euro al giorno, ora è sceso a 2,50. Questo per vantarsi di aver risparmiato. Ma si risparmia sulla vita delle persone, e poi dove finiscono questi risparmi?”, si chiede l’eurodeputata.
E sulla gestione dei centri, preoccupata è anche Gabriella Guido: “Una società francese, la Gepsa, e una cooperativa siciliana, la Aquarinto, si sono messe insieme in un consorzio il cui scopo è quello di cercare di accaparrarsi le forniture di cibo, assistenza medica e psicologica a tutti i Cie italiani. Quello che più mi lascia perplessa è che la stessa Gepsa, in Francia, ha la gestione di tutte le carceri e inoltre che sia un consorzio estero a occuparsi dei servizi minimi essenziali nei centri italiani. L’unica nota positiva - conclude la Guido - è che finalmente la Commissione d’inchiesta sui Cie sta iniziando i suoi lavoro di investigazione ed ispezione, dopo che la Lega ne ha bloccato l’attività per diversi mesi, non nominando il proprio membro interno”. (Maurizio Molinari)