Quei migranti dimenticati che muoiono nell'Oceano Indiano
ROMA - Nell’Oceano Indiano si sta consumando una tragedia dell’immigrazione nel quasi totale silenzio dei media internazionali. Migliaia di persone muoiono infatti nel tentativo di raggiungere l’isola di Mayotte, una delle quattro che compongono l’arcipelago delle Comore. Ne dà notizia la rivista Africa.
La storia di Mayotte è molto particolare. Insieme a Grande Comore, Anjouan e Moheli viene occupata dai francesi nel 1841 e diventa colonia di Parigi nel 1912. Nel 1961 la Francia decide di concedere una forma di semi-indipendenza a tutto l’arcipelago e nel 1974 organizza un referendum per chiedere alla popolazione se intende staccarsi dalla madrepatria. Gli isolani votano in massa per l’indipendenza. Ma Parigi non ratifica il risultato sebbene, cinque mesi dopo, riconosca l’indipendenza di Grande Comore, Anjouan e Moheli, ma non Mayotte, che diventa Territorio d’oltremare e, successivamente, il 101° dipartimento della Francia. Quindi, di fatto, è un pezzettino di Europa al largo dell’Oceano Indiano.
Per questo motivo migliaia di comoriani delle tre isole principali tentano di raggiungere l’isola sorella. Approdando a Mayotte riescono infatti a fuggire dalla povertà endemica della loro terra (il reddito medio pro capite è di due euro al giorno). E non è un caso che Mayotte che ha una superficie di soli 400 chilometri quadrati abbia una popolazione di 214mila persone, il 40%, secondo le autorità francesi, immigrati illegali.
Raggiungere Mayotte però non è semplice. I comoriani cercano di arrivarci a bordo dei kwasa-kwasa, imbarcazioni veloci, ma poco stabili. Così, spesso, nei 70 km che separano Anjouan da Mayotte, molte di esse affondano. Difficile stimare quante siano state le vittime in questi anni. Secondo il Governatore di Anjouan sono morte più di 50 mila persone. Secondo la Francia tra le 7 e le 10mila. Il mare che separa Anjouan e Mayotte è così diventato il cimitero più grande del mondo.