23 luglio 2015 ore: 13:33
Disabilità

Quelle scuole "speciali" che attraggono circa mille alunni con disabilità

In Lombardia ci sono 24 scuole dedicate a ragazzi con disabilità grave. C'è la lista d'attesa per accedervi: per i genitori la scelta migliore per i propri figli, ma anche il segno che la scuola ordinaria non sa ancora accogliere. L'analisi in un saggio di Giovanni Merlo, direttore della Ledha
Alunni disabili. Un alunno con carrozzina in classe

MILANO - Si chiamano "scuole speciali" e sono tali per gli alunni che le frequentano, ossia ragazzi con disabilità, di solito grave o molto grave. Ogni alunno, qualunque sia la sua condizione, ha il diritto di iscriversi nella scuola pubblica, ma poi dalla teoria alla pratica non sempre tutto funziona bene, soprattutto in tempi di tagli pubblici che riducono i servizi alle persona con disabilità. E così rimangono le scuole speciali: in Lombardia ce ne sono 24, di cui 5 dell’infanzia, 17 primarie e 2 secondarie di primo grado. 19 sono scuole statali, 3 private paritarie e 2 private. Circa un migliaio gli studenti.

- Si tratta di strutture ben tenute, con spazi adeguati, in alcuni casi molto recenti o recentemente ristrutturate -racconta Giovanni Merlo, direttore della Lega per i diritti delle persone con disabilità, che alle scuole speciali lombarde ha dedicato un saggio dal titolo "L'attrazione speciale" (Maggioli editore). "Sono luoghi dove si respira un’aria di serenità e di forte attenzione al benessere dei bambini -scrive nel suo saggio-. Nel loro funzionamento e nella loro impostazione, non hanno nulla in comune con le istituzioni chiuse dei primi del ’900 e sono solo delle lontane parenti delle vecchie scuole speciali. Tendono ad assomigliare, ed in parte anche a rappresentarsi, più come servizi educativi e riabilitativi".

Non sono diffuse in tutta la Lombardia. Non ve ne sono province di Brescia, Cremona, Lodi e Sondrio mentre sono presenti più realtà nei territori di Como, Lecco, Mantova, Monza e Brianza, Milano, Pavia e Varese. Rappresentano lo 0,35% del totale dell’offerta formativa regionale. "È un fenomeno la cui diffusione non appare rispondere a criteri di pianificazione -spiega nel suo saggio Giovanni Merlo- quanto piuttosto a fenomeni di tipo storico". Le scuole speciali si organizzano per classi, in genere con un numero esiguo di alunni, dai 3 ai 13. Nelle classi vengono spesso inseriti raganni con età e bisogni molto diversi fra loro. All’interno delle scuole speciali operano insegnanti, educatori professionali e, nella gran parte dei casi, professionisti sanitari per le attività e prestazioni di carattere riabilitativo e terapeutico. Il rapporto medio insegnanti-alunni è di 1:3, come anche il rapporto educatori-alunni.

Nel suo lavoro di ricerca, Giovanni Merlo ha intervistato 16 genitori, per capire le ragioni che li hanno spinti a iscrivere i figlio in una scuola speciale. E, al di la delle singole storie, c'è un filo comune che lega questi genitori:  ritengono che sia stata “la scelta migliore” per i propri figli, e non “il male minore”. Inoltre, hanno influito su questa scelta "l'inerzia dei servizi specialistici", "la fatica della scuola a mettersi in discussione". Insomma servizi pubblici e scuola ordinaria sono percepiti come inadeguati. "Il crescente successo e suggestione dei percorsi di educazione separata sta mettendo a rischio alcuni diritti umani fondamentali dei bambini e ragazzi con disabilità -sottolinea Giovanni Merlo-. Certifica una graduale regressione della capacità della nostra comunità e del nostro sistema sociale di garantire a tutte le persone con disabilità la loro piena inclusione e partecipazione nella società". In altre parole, le scuole speciali fanno un lavoro egregio, ma sono anche il segno che sull'integrazione degli alunni disabili c'è ancora tanta strada da fare. (dp) 

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