In Calabria il panettone che favorisce l'inclusione
COSENZA - La storia di Antonio, 32 anni, calabrese di San Giovanni in Fiore, è simile a quella di tanti altri lavoratori: sveglia presto, una buona colazione e il viaggio in pullman, con la corriera che ogni mattina lo porta a Cosenza, sede del suo impiego. Settanta chilometri attraversando ogni giorno i boschi della Sila fino a valle e in città. C’è, però, in questa storia un “ingrediente” in più: c’è una “prova di volo” superata, quella per la ricerca quotidiana dell’autonomia, dimostrando agli scettici che anche per un uomo con sindrome di Down il sogno di un lavoro “normale” è possibile, nonostante le difficoltà.
“Prove di volo” è, non a caso, il nome del progetto alla base di questa conquista. Un progetto promosso nel 2014 dall’associazione "Gli altri siamo noi" per preparare al lavoro le persone con disabilità: iniziativa approvata nell’ambito dell’avviso “Giovani per il sociale” del dipartimento Politiche giovanili, Presidenza del Consiglio dei ministri, da cui nasce la cooperativa sociale "Volando oltr", inaugurata ad aprile del 2017 "dopo una serie di adempimenti burocratici impressionanti", ricorda Adriana De Luca, presidente dell’associazione e della stessa cooperativa. Il risultato per Antonio è presto detto: un contratto part-time a tempo indeterminato e il piacere di dare forma e sapore ai “bocconotti” tipici del posto, alle marmellate come quelle con le clementine di Calabria, senza dimenticare i tozzetti, le confetture con cipolla rossa di Tropea e i panettoni artigianali protagonisti, questi ultimi, della nuova campagna natalizia. Il laboratorio vive anche grazie a donne e uomini come Rocco, Gianmarco, Mario, Maria Antonietta e Chiara, parte della squadra per via dei tirocini formativi retribuiti avviati dalla cooperativa: giovani impegnati a creare tutti insieme i prodotti del marchio “buoni buoni”.
Il nome del marchio serve a sottolineare una bontà doppia: "Puntiamo sia alla qualità dei prodotti sia al valore del lavoro delle persone con disabilità", dice De Luca. "Non vogliamo che i nostri prodotti vengano acquistati per pietà, ma perché sono buoni e sostengono il lavoro in una città con una disoccupazione giovanile pari al 57% e dove l’occupazione delle persone con disabilità intellettiva è ridotta a zero". L’impegno messo in campo serve a contrastare "la mentalità di chi considera queste persone un peso o al massimo dei simpatici jolly o di chi pensa che più di tanto non possono fare", continua la presidente. "I nostri ragazzi -sottolinea - sono diventati molto bravi e in grado di lavorare in autonomia, con un minimo di supervisione, ovvio, ma come persone normali. Non li coinvolgiamo tanto per tenerli impegnati: alla base c’è sempre un modello di azione che li prepara a certi livelli di capacità".
La base formativa nasce dall’esperienza dell’associazione Gli altri siamo noi, attiva su più fronti a Cosenza e Crotone: per esempio, offrendo supporto scolastico, formazione per attività d’ufficio e di pulizia, nel campo dell’agricoltura, della cucina, della pasticceria e con attività di alfabetizzazione informatica. "Lavoriamo da 17 anni e la gente - scandisce orgogliosa De Luca -, vede i nostri ragazzi andare a fare la spesa o a prendere l’autobus da soli come fa Antonio, lavoratore e socio della cooperativa. Si tratta di testimonianze che creano nella comunità uno sguardo diverso oltre i pregiudizi".
Certo, superare le difficoltà non è facile: "Siamo come 'cani da caccia' sempre intenti a costruire progetti per reperire fondi", dice ancora la presidente. Che però cita fiduciosa i progetti sostenuti dalla Chiesa Valdese e da “Giovani per il sociale”: aiuti per confermare i tirocini scaduti e per poterne fare altri, "con l’obiettivo di nuove assunzioni se la campagna natalizia andrà bene". "La nostra gioia sarebbe quella di assumerli tutti", spera De Luca pensando a donne e uomini che non abbandonano il laboratorio neanche a tirocinio scaduto: "Per loro non è soltanto questione di guadagno. Il fatto di avere un ruolo sociale, di sentirsi capaci, di poter sperare in un lavoro, li rende felicissimi". Da qui anche la frase-chiave: "Prodotti ad alto contenuto di felicità", pensata per definire l’identità del marchio “buoni buoni”.
Sullo sfondo c’è adesso la pandemia da coronavirus, per cui "ogni tanto lo sconforto arriva", come quando a seguito del lockdown è saltata la produzione di Pasqua. In compenso, però, c’è la tenacia di una cooperativa subito all’opera per ripartire non appena è stato possibile. Ci sono, poi, tre punti di forza: "La qualità, il passaparola e due gruppi di acquisto", uno a Roma e l’altro a Cosenza, insieme alla consapevolezza che "quando ce lo potremo permettere dovremo potenziare la comunicazione" per arrivare a più punti vendita e sviluppare meglio l’e-commerce. Gli ingredienti per resistere e crescere nel segno dell’inclusione ci sono tutti, assicura Adriana De Luca: parola di una 62enne da sempre attiva nel sociale e di una madre desiderosa del suo terzo figlio, Lorenzo, un ragazzo con sindrome di Down adottato alla nascita, 22 anni fa, "perché - assicura -, non potevo permettere che finisse in istituto". In aggiunta a questo slancio, però, "ci vorrebbero una pubblica amministrazione in grado di funzionare e scelte politiche a sostegno di cooperative come la nostra. Ma non molleremo", conclude, "perché senza di noi molte famiglie vivrebbero nella disperazione e perché i nostri ragazzi hanno il diritto di vivere".
(L’articolo è tratto dal numero di dicembre di SuperAbile INAIL, il mensile dell’Inail sui temi della disabilità)