Raccolta delle olive, per i migranti altra stagione all’insegna della precarietà
CAMPOBELLO DI MAZARA - Si lavano con l'acqua fredda, qualcuno riesce a riscaldarsi l'acqua con le pentole. E, avendo a disposizione soltanto 20 bagni e 20 docce, una buona parte si arrangia come può, all'aperto. Sono le condizioni estremamente precarie in cui vivono oltre 800 lavoratori africani impegnati per quasi tre mesi nella raccolta stagionale delle olive di Campobello di Mazara (Tp). Sono accolti nella tendopoli del campo "Ciao Usman", un’area esterna del bene confiscato alla mafia l'ex-oleificio "Fontane d’oro" affidato a Libera. A gestire il campo, con l'autorizzazione della prefettura e la responsabilità amministrativa del comune, quest'anno sono rimaste soltanto Libera e la Croce Rossa, che garantisce ogni sera dalle 16 alle 20 un presidio mobile di assistenza sanitaria. Il numero di presenze maggiore ha reso il campo molto più disorganizzato: le tende sono troppo ammassate e la raccolta dei rifiuti è affidata alle buone intenzioni di pochi.
Il comune di Campobello di Mazara quest'anno ha avuto a disposizione 60 mila euro, erogati dal ministero dell'Interno, in quanto inserito tra i comuni virtuosi che si sono distinti nell'accoglienza dei migranti. Alcuni miglioramenti sono stati apportati alle strutture e ai servizi, ma manca l'acqua calda e, vicino alle docce, si è creata anche una grossa pozzanghera di acqua stagnante, dovuta alla pendenza del terreno.
"Siamo già in fase di conclusione della raccolta, il campo si chiude il 30 novembre - dice Diop, 42 anni senegalese, mediatore del campo. Vive e lavora in Veneto -. La cosa positiva è che il comune ci ha dato ancora una volta la possibilità di stare in questo luogo che però si deve rendere più vivibile. Un grazie forte va sicuramente a Libera e alla Croce Rossa, le uniche realtà che continuano a rispondere a tutte le necessità".
Nonostante il numero di immigrati sia cresciuto notevolmente, raggiungendo il picco massimo di 1200 presenze (erano 700 lo scorso anno), c'è stato meno lavoro perché la raccolta delle olive è stata piuttosto magra. Inoltre, diversamente dall'anno scorso in cui ufficialmente i cancelli si aprirono il 15 settembre, quest'anno il campo ha aperto con 20 giorni di ritardo costringendo di fatto i primi 500 migranti a vivere accampati nell'ex campo discarica di Erbe Bianche. E attualmente, per mancanza di posto, 50 di loro sono ancora lì, in tende e casolari abbandonati tra rifiuti di ogni tipo e senza servizi.
"Certo il comune non raccoglie i rifiuti e questi giovani sono abbandonati a loro stessi - dice un agricoltore del posto che abita vicino alla distesa di Erbe Bianche -. Anche poco fuori dal campo 'Ciao Usman' la quantità dei rifiuti è tantissima. Il comune ha messo solo grandi cassoni molto alti e scomodi e non piccoli contenitori che sarebbero stati sicuramente più utili. Ricordiamoci che abbiamo bravissimi ragazzi che vengono per aiutarci e non possiamo trattarli in questo modo".
Gli immigrati impegnati nella raccolta delle olive lavorano quasi tutti regolarmente al nord Italia e a Campobello prestano la loro manodopera con voucher o con contratti stagionali. Guadagnano da 40 a 50 euro al giorno: una cassetta di olive viene pagata da 3 a 4,50 euro massimo.
Il campo "Ciao Usman" è un vero e proprio villaggio africano: ci sono alcuni punti ristoro con qualche vecchia tv e cinque piccoli ristoranti (3 senegalesi, uno tunisino e uno sudanese). Le nazionalità maggiormente presenti sono il Senegal, la Tunisia, il Marocco e poi a seguire il Gambia, la Costa d'Avorio e il Ghana. A dare il benvenuto a chi arriva sono sopratutto gli odori forti dei cibi tradizionali e le musiche etniche. Dentro il campo tutti si rispettano e vige il principio di solidarietà dell'aiutarsi a vicenda. Per la prima volta c'è pure una donna che è impegnata come cuoca. "E' una bella esperienza quella che sto vivendo - racconta Bineta del Senegal, 43 anni, mentre è intenta a pulire il pollo -, perché c'è la convivenza e l'incontro di tante culture diverse. Io cucino i piatti tipici del mio paese. Il disagio è dato proprio dai servizi igienici che sono pochi e poi non sono all'occidentale. Fortunatamente mi fanno utilizzare i servizi della struttura interna".
"E' il modello dell'Africa che lavora e si impegna per una Sicilia che ha bisogno di loro. Le condizioni di vivibilità del campo devono però decisamente migliorare - sottolinea Angelo Giorgi, operatore responsabile di Libera -. Intanto siamo soltanto due operatori a gestire una mole di richieste e di bisogni enormi. Certamente non ci possiamo sostituire al comune così come per gran parte del tempo abbiamo fatto. Quest'ultimo ha risposto ma non in maniera esauriente e tale da garantire la piena vivibilità del luogo. Forse sarebbe bastata una presenza operativa maggiore di alcuni rappresentanti istituzionali ma ciò non è avvenuto. Siamo rimasti prevalentemente soli. Purtroppo neanche le associazioni del paese si sono fatte vive per darci una mano, neppure la Caritas. Non bisogna certo fare protocolli per aiutare i nostri amici africani. Qualche aiuto per alcuni beni di prima necessità è arrivato soltanto da singoli privati".
"Quest'anno inoltre ci siamo trovati davanti a ragazzi giovanissimi - continua l'operatore - che, diversamente dagli adulti, hanno avuto maggiore difficoltà a rispettare alcune regole. Non manca però chi, con grande spirito di adattamento, ci sta aiutando. Per il prossimo anno vanno sicuramente costruiti più servizi igienici. Speriamo inoltre che, organizzandosi per tempo, il comune riesca ad erogare l'acqua calda. Nonostante tutte queste difficoltà i ragazzi ci sorprendono sempre quando ci dicono che le condizioni di vita di questo campo sono migliori di altri campi calabresi e pugliesi". (set)