29 gennaio 2015 ore: 13:54
Immigrazione

Raccontare l'immigrazione senza stereotipi, nove raccomandazioni per i giornalisti

Troppo spesso i giornali italiani rimandano un’immagine dell’immigrazione basata su paura e pregiudizi. Il vademecum della Fondazione Moressa per un’informazione corretta e più vicina alla realtà
Immigrati su barcone. Volti preoccupati
ROMA – Una rappresentazione degli immigrati vicina alla realtà e lontana dagli stereotipi è possibile. Basta farsi le domande giuste ed essere disposti a modificare la propria visione delle cose. Lasciando spazio alla complessità, all’analisi, a una lettura più pacata e attenta dei fenomeni sociali. Un obiettivo ambizioso quello della Fondazione Leone Moressa che presenta nove raccomandazioni per giornalisti e operatori dell’informazione, all’interno del volume “Il valore dell’immigrazione”, uno studio su 846 articoli pubblicati nel primo semestre del 2014 da Repubblica, Corriere della sera e Sole 24 ore, realizzato con il contributo di Open Society Foundation e presentato questa mattina a Roma. Ecco i suggerimenti per una comunicazione corretta:
 
1. Non dimenticare che in Italia, come nel resto d’Europa, l’immigrazione è da anni un fenomeno strutturale e non un’emergenza. Nel nostro paese gli immigrati costituiscono l’8,1% della popolazione residente (4,9 milioni al 1 gennaio 2014), il 15% dei nuovi nati nel 2013, l’8,8% degli alunni (a.s. 2012/2013) e rappresentano il 10,5% del totale degli occupati e il 7,8% del totale degli imprenditori. Insomma sono in tutto e per tutto una parte della società italiana e non un elemento temporaneo e provvisorio, destinato a sparire. 
 
2. Raccontare sempre i fenomeni nella loro complessità. Una reale conoscenza della “geografia umana” dell’immigrazione e delle sue dinamiche nel territorio italiano e un’analisi approfondita dei dati permettono una lettura più corretta del fenomeno migratorio in termini di complessità e di riduzione degli stereotipi. Non ridurre, dunque, l’immigrazione ai soli fatti di cronaca, ma approfondire anche il contesto di riferimento, illustrando le cause degli eventi e le interconnessioni con altri fenomeni.
 
3. Dar voce ai protagonisti diretti. Il compito del giornalista è quello di individuare delle fonti attendibili per ampliare e diversificare il dibattito sull’immigrazione. È necessario considerare gli immigrati degli interlocutori e saper guardare al fenomeno anche “dalla parte dell’altro”, dalla parte cioè delle popolazioni immigrate, considerando un insieme di soggetti portatori di bisogni e aspirazioni, desiderosi, inoltre, di emancipazione sociale.
 
4. Presentare le diverse facce dell’immigrazione. Bisogna cambiare il concetto di diversità e darne una visione più ampia e non solo negativa rispetto alla cultura autoctona. Per evitare di contribuire a forme di discriminazione o esclusione, è necessario rinunciare a utilizzare la propria cultura di appartenenza come metro di giudizio assoluto nei confronti di tutte le altre, aprendosi invece al confronto con la diversità e valutando le opportunità derivanti da una società multietnica.
 
5. Tenere nella giusta considerazione l’imprenditore straniero. Parlando di imprenditoria straniera, solitamente si raccontano episodi di sfruttamento di manodopera o di presunta “concorrenza sleale” che aggrava la crisi delle imprese autoctone. La realtà dell’imprenditoria straniera, fatta di quasi 500mila imprese in Italia e 85 miliardi di euro annui di valore aggiunto, non può limitarsi agli episodi negativi: è un fenomeno in espansione che può rappresentare un’opportunità di crescita economica, culturale e sociale.
 
6. Non stigmatizzare i lavoratori stranieri. Le ricerche disponibili suggeriscono come l’immigrazione non abbia un effetto statisticamente significativo sulle retribuzioni dei nativi o sulla loro occupabilità: i lavoratori stranieri non fanno abbassare i salari e non tolgono lavoro agli Italiani. Anzi, con la crisi la condizione degli stranieri è peggiorata più di quella degli italiani (-9,0 punti di tasso di occupazione contro -2,8). Scrivendo un articolo bisogna valutare la situazione reale dell’occupazione straniera e non dare spazio a stereotipi comuni.
 
7. Tenere conto dell’impatto dell’immigrazione sul sistema fiscale italiano. I dati Ocse dimostrano che le famiglie immigrate contribuiscono maggiormente al bilancio pubblico, grazie agli alti tassi di occupazione e alla diversa struttura demografica. L’8,5% dei contribuenti totali in Italia è nato all’estero ed il 63,5% di questi paga l’imposta netta. Nel parlare di immigrazione non dimenticare l’importanza che questa componente potrebbe avere anche a livello di fiscalità italiana.
 
8. Raccontare modelli positivi di integrazione. La maggioranza degli stranieri residenti in Italia vive percorsi di integrazione nel mondo del lavoro, della scuola o dell’associazionismo che sottendono un “patto sociale”, fatto di diritti e doveri, tra cittadini immigrati e società di accoglienza. Dare spazio a testimonianze di impegno e integrazione aiuta a costruire un’altra immagine dell’immigrazione, fatta non solo di episodi di cronaca ma anche di relazioni e percorsi di inter-azione.
 
9. Non dimenticare gli stranieri sono attori economici. Dopo aver appurato che l’immigrazione in Italia non rappresenta solo un costo ma anche un sostegno concreto al sistema economico nazionale, è il momento di spostare l’attenzione mediatica sui temi reali, cominciando a vedere gli stranieri come attori economici e sociali ormai radicati nel nostro paese, non più riducibili a presenza transitoria o marginale. (ap)
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