Raggiunte le firme necessarie per le tre leggi su tortura, droghe e diritti dei detenuti
ROMA - “Non abbiamo ancora espletato tutti i passaggi burocratici, ma ci preme comunicare che l’obiettivo è stato raggiunto, e che deve partire fin d’ora il dibattito parlamentare per le leggi riguardanti l’introduzione del reato di tortura, le modifiche alla legge sulle droghe e le norme a tutela dei diritti dei detenuti”. Il presidente di Antigone, Patrizio Gonnella, annuncia così il superamento delle 50mila firme richieste per le tre proposte di legge popolare promosse da 25 associazioni laiche e cattoliche, e l’urgenza di affrontare il tema delle carceri, sottolineato nell’intervento di ieri del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Le firme raccolte sarebbero fra le 55 e le 60 mila, anche se devono ancora essere depositate. Particolare adesione, specie da parte dei più giovani, ha avuto la proposta di legge per il reato di tortura.
Il primo concreto risultato della campagna avviata a gennaio è che alcuni dei temi sono già in fase di discussione parlamentare, mentre i deputati presenti (Gennaro Migliore di Sel, Fausto Raciti e Laura Coccia dei Giovani democratici) hanno confermato il loro appoggio depositando le proposte di legge in Parlamento. La legge sull’introduzione del reato di tortura è in fase di discussione, anche se, sottolinea Gonnella, sarebbe bastato tradurre il testo della Convenzione europea senza pasticciare in distinguo di sapore politico. Inoltre è passata la legge Cancellieri contro il sovraffollamento delle carceri, che ha abolito la Cirielli sulla recidiva.
“Serve certamente un provvedimento di urgenza per diminuire il sovraffollamento, e per anni ciò è stato realizzato con amnistie e indulti – sintetizza Corleone – ma va trovata una soluzione strutturale”. Fra queste, secondo le leggi proposte da Antigone, c’è la depenalizzazione e riduzione dell’impatto penale dei reati legati alla droga, che tengono in carcere 15mila tossicodipendenti. “Sono stati avvelenati i pozzi e bisogna bonificare il dibattito pubblico – commenta Gennaro migliore – da questa malattia del giustizialismo contro i più deboli e poveri”.
L’urgenza non è soltanto dovuta a questioni di civiltà e umanità, ma a ben precise scadenze per l’Italia: entro aprile 2014 il nostro paese dovrà essersi dotata di un organismo di controllo del rispetto della legalità nelle carceri, secondo la convenzione delle Nazioni Unite. Nel mese successivo scade il tempo concesso dalla Cedu (Corte europea dei diritti dell’uomo) per adeguare le condizioni carcerarie ai principi della Convenzione. “Il rischio è trovarci al semestre di presidenza italiana al Consiglio dell'Unione europea con un’infrazione per trattamenti inumani e degradanti”, spiega Franco Corleone, parlamentare europeo dei Verdi. La sentenza Torreggiani, dal nome del primo cittadino ad aver fatto ricorso alla Corte europea a causa della violazione degli spazi minimi all’interno delle carceri, è infatti “pilota”. Se, per ipotesi, lo stato italiano si dovesse trovare a pagare 15mila euro di risarcimento a ognuno dei 28mila carcerati in eccesso rispetto ai posti disponibili, e ci sono già mille ricorsi, costerebbe 420 milioni di euro.