7 giugno 2013 ore: 18:08
Economia

Rapimento Lo Porto, dalle ong italiane un appello al ministro Bonino

Appello alla Farnesina affinché si adoperi con tutto il Governo per ottenere la liberazione del 38enne cooperante palermitano, rapito in Pakistan nel gennaio 2012 e ancora sotto sequestro
Giovanni Lo Porto

Giovanni Lo Porto

ROMA – Con una lettera indirizzata direttamente al ministro degli Esteri Emma Bonino, i più importanti coordinamenti di ong italiane lanciano un appello alla Farnesina affinché il Ministero si adoperi per la liberazione di Giovanni Lo Porto, 38enne cooperante di Palermo, rapito il 19 gennaio del 2012 a Multan, nella provincia centro-occidentale del Punjab in Pakistan, e non ancora tornato a casa. Secondo le ricostruzioni di un anno fa, Lo Porto era a Multan insieme ad un collega tedesco per verificare lo sviluppo di un progetto di sostegno agli alluvionati della zona, a Kot Addu. Lì i due sarebbero stati prelevati con la forza e portati via dagli uffici della ong tedesca per cui lavoravano. Il 22 dicembre 2012, poi, il collega tedesco di Lo Porto, Bernd Muehlenbeck, è apparso in un video dove lanciava un appello al governo tedesco affinché accogliesse le richieste dei rapitori. Nel video, riferiva l’agenzia di stampa tedesca Dpa, il collega di Lo Porto parlava sempre al plurale. Non veniva menzionato l’italiano ma Muehlenbeck usava il ‘noi’, e questa, sempre secondo la Dpa, sarebbe stata una prima prova che al 22 dicembre 2012 anche Lo Porto era vivo. Ora, a distanza di 6 mesi la situazione non è ancora risolta, Lo Porto è sotto sequestro e non paiono esserci stati ulteriori sviluppi. Per questo le ong italiane hanno firmato la lettera  inviata direttamente a Emma Bonino, spiegando che “è per la sua conoscenza dei meccanismi umanitari e la sensibilità che la connotano su queste tematiche”, che le rivolgono “un appello speciale, sentito e diretto, perché si possa giungere presto alla liberazione di Giovanni, sapendo quanto la sua capacità e tenacia nell’affrontare situazioni internazionali complesse possano essere importanti”.

Nella lettera, i firmatari Marco Bertotto di Agire (Agenzia Italiana Risposta Emergenze), Gianfranco Cattai di Aoi (Associazione Ong Italiane), Egizia Petroccione di Cini (Coordinamento Italiano Network Internazionali), Francesco Petrelli di Concord Italia (Confederazione Ong Europee per l’aiuto e lo sviluppo, piattaforma italiana) e Paolo Dieci di Link2007 (Cooperazione in Rete), raccontano i loro trascorsi con Lo Porto. “Conosciamo bene Giovanni perché ha lavorato con diverse delle nostre Ong in situazioni di emergenza, nella Repubblica Centro Africana, ad Haiti, in Pakistan. Giovanni è un giovane uomo italiano ed europeo, che incarna la sfida lanciata dal Consenso Europeo sull’Aiuto Umanitario, facendo propri i principi di umanità, neutralità, imparzialità. È un giovane competente, consapevole e preparato che, persino mentre lo stavano rapendo, da quanto ci hanno riferito, cercava di mantenere la calma e tranquillizzare il suo collega”, scrivono ed aggiungono: “Ci rendiamo conto che agire nei territori in cui è stato rapito, è difficile, che le trattative richiedono tempo e delicatezza. Tuttavia, non possiamo dimenticare che sedici mesi di prigionia pesano come un macigno nella vita di Giovanni, nell’angoscia della mamma, dei familiari, degli amici con cui siamo in contatto, e di tutti noi”.

Come “Commissaria degli Aiuti Umanitari prima, e ministra degli Esteri italiani ora, sappiamo che conosce bene il lavoro importante svolto da persone come Giovanni - prosegue la lettera -. Persone che rendono possibile, con la loro vita, il primato che l’Europa ha nella solidarietà umanitaria, nella risposta ai conflitti e ai disastri naturali. Uomini e donne che prestano aiuto, soccorso per proteggere vite umane e cercare di alleviare le sofferenze delle popolazioni durante e subito dopo le crisi; come anche Giovanni stava facendo in un progetto Echo nel Punjab pakistano, dopo la devastante alluvione che ha colpito quei territori nel 2010”. Per tutte queste ragioni, e innanzitutto per la liberazione di Lo Porto, i rappresentanti delle ong chiedono al governo italiano “un impegno massimo, perché la sua famiglia e noi possiamo riabbracciare Giovanni presto. E ancora, per poterlo rivedere di nuovo al fianco di quella gente per cui lui si è sempre prodigato, persone che nel mondo sono le più colpite e vulnerabili, e spesso anche le più sole, proprio come è Giovanni in questo momento”. (giovanni baiano)
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