1 luglio 2015 ore: 14:14
Immigrazione

Rapporto Unhcr, in Grecia più arrivi che in Italia. Poi tutti puntano a nord

Sono 68 mila, di cui 40 mila solo siriani, i profughi sbarcati sulle isole greche. Più che in Italia, dove gli arrivi nei primi sei mesi del 2015 sono stati 67.500. La rotta balcanica è quella più dura per i migranti. Ma l'Italia deve rafforzare le misure per i non accompagnati
Immigrati a terra in attesa di accoglienza

MILANO - I siriani fuggono in Grecia, gli eritrei in Italia. Una volta in Europa, tutti puntano a Nord: Svezia e Germania soprattutto. Semplificando, è questa la fotografia degli approdi alla Fortezza Europa anno 2015, scatta dal rapporto dell'Unhcr intitolato "The sea route to Europe: The Mediterranean passage in the age of refugees". Rispetto a 12 mesi fa si registra, nel complesso, un +83% degli sbarchi. Siamo 137 mila al 29 di giugno, contro i 219 mila (record assoluto, per altro) di fine 2014. Facile prevedere un incremento nell'estate.

Grecia, la nuova porta d'ingresso. Lesvos, Chios e Samos nel Nord dell'Egeo, Kos e Leros nel Dodecaneso: sono tante piccole Lampeduse greche. Nessuna totalizza gli oltre 38 mila arriva dell'isola sommata alla Sicilia, ma tutte insieme arrivano a 68 mila sbarchi (l'85% da Paesi in guerra). In tutto il 2014 sono stati poco più di 43.500. La nazionalità maggioritaria è siriana (sono in 40mila ad aver raggiunto la Grecia nel 2015), seguita da quella afghana e irachena. L'aumento degli arrivi in mare è costante dal 2012, a seguito della creazione della recinzione per impedire i passaggi via terra, lungo il fiume Evros. In tutto, i siriani sono il 32% di chi sbarca in Europa. La rotta dei Balcani occidentali, resta tra le più difficili per i migranti. E i numeri di chi la imbocca dalla Grecia si alzano con l'estate: dai 200 migranti in media di inizio anno ora si è arrivati a mille. L'offerta di posti di accoglienza nei Paesi dell'area è ridotta all'osso: Serbia e Macedonia insieme ne contano 3 mila, contro una domanda che nel solo mese di giugno ha sfondato le 19 mila persone. Chi la affronta usa qualunque mezzo: chi il treno, chi va a piedi (anche lungo i binari), chi in bicicletta. Una nuova legge valida per entrambi i Paesi concede la libertà di muoversi (e lasciare il Paese) entro 72 ore a tutti i migranti.

Chi chiede asilo. Dal primo gennaio al 29 giugno sulle coste italiane sono 67.500 persone, di cui 28.500 hanno fatto domanda d'asilo. I numeri sono in linea con il trend delle 63 mila richieste dello scorso anno. In Grecia il numero di chi resta è molto più basso. Sono solo 5.115 persone, su 68 mila. I casi di persone che hanno subito violenze e abusi sono numerosissimi, nota l'Unhcr nel rapporto. Un quarto degli sbarcati in Italia viene dall'Eritrea. Altri vengono da Nigeria (un su dieci) e  Somalia (uno su dieci), seguiti da Siria (7%) e Gambia (6%). In Grecia il 67% degli sbarchi è di siriani, transitati spesso in Turchia. Seguono afghani (22%) e iracheni (5%).

La piaga tutta italiana dei minori non accompagnati. Ogni 100 profughi che toccano le sponde italiane, otto sono minori non accompagnati. Il 9% di questi viene dall'Eritrea e il 10% dalla Somalia. La situazione desta grande preoccupazione, sottolinea l'Unhcr nel rapporto, perché la maggior parte dei minori non accompagnati scappa anche dai centri di accoglienza.In Italia, scrive l'Agenzia Onu per i rifugiati, c'è una legislazione nazionale che "offre una grande range di garanzie per i bambini non accompagnati, ma ci sono limiti nelle loro applicazioni, una riforme con una legislazione più forte e una governance rafforzata a livello centrale sono necessari".

Il cimitero del Mediterraneo. I numeri di questo rapporto dell'Unhcr evidenziano che le missioni di salvataggio hanno un enorme impatto nel Mediterraneo. Este un pre e post summit europeo per triplicare i fondi di Triton e Frontex. Era in aprile, stesso mese in cui anche la missione Moas Migrant offshore aid station, ha ripreso il largo. In quel mese ci sono stati 1.305 annegati o dispersi, quando nel 2014 nello stesso periodo erano stati 42. Tra gennaio e marzo, inoltre, con i naufragi hanno perso la vita 479 persone. Con maggio si è vista la svolta del mese precedente: i casi di morti o dispersi sono scesi a 68 contro i 226 del 2014 e in giugno sono stati 12 contro i 305 di 12 mesi prima. Per questo la prima tra le raccomandazioni dell'agenzia delle Nazioni Unite a chiusura del report è proprio salvare vite umane rafforzando le missioni operative in mare. Secondo punto nell'agenda, rendere più dignitose le condizioni di accoglienza, soprattutto per evitare le fughe dei minori non accompagnati. Le raccomandazioni proseguono con, al terzo punto, garantire la solidarietà tra Stati europei: ora Germania e Svezia da soli prendono il 42% delle domande d'asilo dell'Unione. Quarto punto, implementare i progetti di resettlement, che secondo l'agenda europea dovrebbero arivare a 200 mila. Ultimo punto, rafforzare la cooperazione con gli Stati in crisi umanitaria, unico strumento per governare i flussi. (lb)

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