Razzismo, Boldrini: ad aprile una commissione parlamentare contro l’hate speech
ROMA – Il prossimo 12 aprile si insedierà alla Camera una commissione parlamentare che avrà come obiettivo quello di indagare il fenomeno dell’hate speech. Lo ha annunciato la presidente della Camera, Laura Boldrini, ricevendo oggi a Montecitorio le associazioni della campagna di sensibilizzazione contro il razzismo “Words are weapons”, realizzata nell’ambito del progetto Prism - Preventing, Redressing and Inhibiting hate Speech in new Media (Prevenire, Modificare e Inibire i discorsi d'odio sui nuovi Media), coordinato dall'Arci con un partenariato internazionale di cinque paesi europei (Italia, Francia, Romania, Spagna, Inghilterra) e finanziato dall'Unione europea.
La commissione, fortemente voluta da Boldrini, sarà formata da un parlamentare per ciascun gruppo politico, e sarà coadiuvata nel suo lavoro dai rappresentanti di 10 associazioni che si occupano di diritti umani. Alla fine verrà stilato un rapporto. L’annuncio è stato dato a seguito della presentazione, oggi a Roma dell’ l’indagine “Discorsi d’odio e social media”, realizzata da Arci e Cittalia. Secondo lo studio (basato su interviste qualitative a giovani, esponenti politici, esperti e rappresentanti della società civile)le parole d’odio sono sempre più usate strategicamente da chi intende colpire gli immigrati, i rom, e tutti coloro considerati diversi. In particolare, la rete e soprattutto i social network sono il luogo ideale per l’hate speech: i messaggi razzisti sono infatti facilitati dalla sensazione di anonimato e di impunità diffuse. Ma se i singoli cittadini si nascondono dietro la tastiera per insultare, i partiti politici e i gruppi xenofobi affinano le loro strategie di comunicazione. La ricerca ha monitorato le attività delle organizzazioni e dei movimenti di destra (Forza nuova, Lega nord, Casapound Italia, Resistenza nazionale) sui social. E così mentre Casa pound e Forza nuova basano la retorica antimmigrati facendo leva sui temi sociali e i valori tradizionali degli italiani, altri movimenti come la Lega Nord insistono sulla xenofobia, sulla criminalizzazione degli immigrati e sulla stigmatizzazione islamofoba.
“I discorsi d’odio facilitano le decisione illegittime prese dai governi, come nel caso delle persone bloccate alla frontiera. Dentro i discorsi d’odio affoghiamo tutti se non troviamo un’ancora di salvataggio – sottolinea Filippo Miraglia, di Arci – Quando è stato preso, pochi giorni fa, l’attentatore di Parigi, il Giornale l’ha chiamato ‘belva islamica’, quel titolo è stato riproposto e moltiplicato sui siti fino ad arrivare nelle case delle persone: è un modo per influenzare l’opinione pubblica, è un cane che si morde la coda. E’ necessario denunciarlo, ma anche fare campagna comunicazione per arrivare ai giovani e provare a lanciare un messaggio alternativo. Il nostro obiettivo è fare un lavoro di informazione corretta e di sensibilizzazione sui social media nei confronti dei ragazzi”. Nel corso della conferenza stampa è stato anche presentato il video spot “Su Internet, mettici una buona parola, no all’odio, no all’intolleranza sul web”.
“Il dilagare dei messaggi d’odio a sfondo razzista, xenofobo e discriminatorio è molto legato al degrado morale della società – aggiunge, Paolo Beni, deputato Pd e relatore del disegno di legge sul cyber bullismo –per questo credo sia fondamentale il ruolo delle associazioni e degli operatori dei media”. Sulla stessa scia anche Giovanni Maria Bellu, presidente di Carta di Roma. “Non tutto è sanzionabile, non tutto costituisce una fattispecie di reato, per questo il ruolo degli operatori dell’ informazione nel veicolare messaggi corretti è fondamentale” sottolinea. Per il direttore dell’Unar Francesco sta crescendo la consapevolezza che l’hate speech sia un fenomeno dilagante. “Dobbiamo capire dove la libertà di espressione si deve fermare – spiega – in questo è fondamentale lavorare insieme alle associazioni: questa è una battaglia di civiltà e democrazia che dobbiamo vincere”. Per Luca Pacini, di Anci e Cittalia, bisogna anche puntare sulla scuola: “I discorsi di odio mirano a una semplificazione eccesiva dei contenuti –sottolinea -, questo credo che impatti molto sull’impoverimento del linguaggio, per questo le agenzie educative devono essere risvegliate”
L’altro fronte è quello della collaborazione dei responsabili dei social media. Laura Bononcini, di Facebook Italia, ha spiegato che la sua azienda sta puntando su 3 aspetti per contrastare l’ hate speech: la “politica del nome reale, fa si che le persone si prendano le proprie responsabilità . spiega –per questo da noi i fake vengono disattivati. Il secondo punto sono le policy e le segnalazioni da parte degli altri utenti. Infine, per sviluppare una risposta concreta dobbiamo sensibilizzare le persone: per questo cerchiamo di aiutare chi può rispondere ai discorsi d’odio a diffondere questi contenuti”. (ec)