24 luglio 2013 ore: 11:34
Economia

Reddito d'inclusione sociale, ecco la proposta di Acli e Caritas

La proposta delle Acli e Caritas Italiana per colmare il vuoto lasciato da politiche inadeguate. Non solo contributi economici ma anche servizi di sostegno e partecipazione attiva delle famiglie. E lanciano un ''Patto aperto contro la povertà''
Cooperative sociali, mani con omini di carta

ROMA – Il Reddito di inclusione sociale per sconfiggere la povertà: è la proposta elaborata dalle Acli nazionali in collaborazione con Caritas Italiana, presentata formalmente questa mattina. La misura è pensata nell’ambito di un piano globale nazionale contro la povertà e prevede un percorso graduale, “fattibile e sostenibile economicamente” come spiegano gli estensori della proposta, che propongono a tutti i soggetti interessati un “Patto aperto contro la povertà”, un’alleanza in cui “ogni realtà coinvolta porti il proprio contributo di idee e di capacità di sensibilizzazione”(vedi lancio successivo). La proposta nasce da un’idea di Cristiano Gori, che ne ha coordinato la preparazione. Compongono il gruppo di lavoro che l’ha elaborata oltre allo stesso Gori, Massimo Baldini, Emanuele Ciani, Alberto Martini, Daniela Mesini, Maurizio Motta, Marcella Sala, Pierangelo Spano, Paolo Pezzana, Simone Pellegrino, Stefano Sacchi, Rosemarie Tidoli, Stefano Toso e Ugo Trivellato.

Riforma strutturale. Il reddito di inclusione sociale si propone di colmare il vuoto lasciato da politiche inadeguate per il contrasto della povertà. “Stretto tra i ritardi figli delle mancate riforme del passato e la crescita di domande dovuta ai processi d’impoverimento in atto, il nostro welfare incontra crescenti difficoltà” spiegano i promotori, secondo cui l’Italia è l’unico paese europeo, insieme alla Grecia, privo del reddito minimo. Da qui l’ideazione di quella che viene definita una “riforma strutturale”, da introdurre gradualmente in quattro anni, alle fine dei quali si sarà “risolto il problema alla radice, cioè l’assenza di un diritto sociale per tutte le famiglie in povertà assoluta”. Il percorso di transizione, però, è costruito in modo da fornire fin dal primo anno una concreta risposta all’emergenza.

Non solo trasferimenti. Secondo il piano, ogni famiglia riceve mensilmente una somma pari alla differenza tra il proprio reddito e la soglia della povertà assoluta individuata dall’Istat. “Nessuna famiglia è più priva delle risorse necessarie a raggiungere un livello di vita minimamente accettabile” spiegano le Acli. Poichè la soglia di povertà assoluta varia in base alla macro-area di residenza e alla dimensione del comune, il contributo tiene conto delle differenze del costo della vita in Italia. Ma oltre al trasferimento monetario, le famiglie hanno accesso ai servizi di sostegno: per l’impiego, contro il disagio, per disabilità o non autosufficienza. “Così si punta a dare alle famiglie l’opportunità di costruire percorsi per superare la marginalità”. D’altro canto, a tutti i membri della famiglia in età tra 18 e 59 anni è richiesto di attivarsi nella ricerca di un impiego e di frequentare attività di formazione o riqualificazione professionale.

Co-progettazione. Il reddito di inclusione sociale viene gestito a livello locale, “grazie a un impegno condiviso, innanzitutto, da  comuni e terzo settore”. All’ente locale spetta la regia, con la co-progettazione del terzo settore. “Solo un’alleanza tra attori pubblici e privati a livello locale permette di affrontare con successo il nodo povertà” scrivono gli estensori della proposta. 

Livelli essenziali. Il reddito di inserimento sociale è il primo livello essenziale delle prestazioni inserito nelle politiche sociali in Italia. “Viene così introdotto un diritto che assicura una tutela a chiunque cada in povertà assoluta – concludono i promotori -. Il principio guida è quello di cittadinanza, secondo il quale viene assicurato a tutti il diritto di essere protetti contro il rischio di povertà assoluta”. (gig) 

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