11 maggio 2009 ore: 12:39
Economia

Reddito minimo, in Campania circa 18 mila beneficiari su 100 mila domande

Esperienza attiva dal 2005: 350 euro mensili per nucleo familiare. Accesso anche agli immigrati regolari. Il giudizio di Antonio Oddati, dirigente Settore assistenza sociale della regione: ''Si prende questa indennità come il metadone''

ROMA – La prima cosa che salta all’occhio dai dati presentati dalla regione Campania rispetto all’esperienza del Reddito di cittadinanza è l’abisso che separa gli aventi diritto dai beneficiari. Le domande complessive presentate alla regione sono state oltre 139 mila, di cui poco più di 100 mila quelle ammesse. Sono 35 mila quelle non accolte. Tra questi i beneficiari del reddito di cittadinanza ad oggi, visto che per un altro e per il momento ultimo anno il progetto è stato riavviato, sono 18.333. Tra gli obiettivi della misura campana quello di garantire un reddito adeguato e risorse per vivere in modo dignitoso a chi vive in condizione di estrema povertà, ma anche sviluppare un mercato del lavoro capace di promuovere l’occupazione, combattere lo svantaggio educativo, garantire una sistemazione abitativa decorosa per tutti e l'accesso paritario alla salute, ai trasporti, ai servizi sociali, alla cultura, al tempo libero e all’assistenza giuridica, migliorare l’erogazione dei servizi ed infine promuovere il recupero delle aree svantaggiate. Tra gli obiettivi indiretti del progetto quello dell’integrazione delle politiche sociali con le politiche del lavoro e la maturazione di nuove esperienze professionali e di opportunità di formazione a vantaggio degli operatori comunali coinvolti.

L’esperienza campana, è durata tre anni più uno. I primi tre, dal 2005 al 2007, previsti dalla sperimentazione a livello regionale, mentre l’ultimo, per il 2009, un colpo di coda di una giunta uscente per rispondere anche a quei bisogni, dopo un anno di pausa, creati con le erogazioni continue alle famiglie campane per tre anni pieni. La norma istitutiva del progetto per la regione Campania fa riferimento alle persone nel contesto del nucleo familiare e consiste in una erogazione di 350 euro mensili per nucleo familiare. Hanno diritto all’erogazione monetaria i componenti delle famiglie anagrafiche con un reddito inferiore a 5 mila euro che abbiano presentato la domanda. Tra i requisiti richiesti per accedere al beneficio la residenza da almeno 60 mesi sul territorio della regione, quello di mantenere ininterrottamente la residenza sul territorio campano per tutte le annualità di sperimentazione e non aver prodotto false dichiarazioni. A tale reddito possono accedere quindi anche gli stranieri con permesso di soggiorno.

Non più di 77 milioni di euro stanziati annualmente per il provvedimento con la legge finanziaria regionale. Maggiormente interessate dal beneficio le grandi città. “Le questioni più forti – spiega Antonio Oddati, dirigente del Settore assistenza sociale per la regione - riguardano le zone metropolitane. Solo nella città di Napoli sono 3.469 nuclei familiari che hanno questa indennità”. Solo nel capoluogo campano inoltre, dai dati raccolti della regione risulta ci siano circa 18 mila famiglie che dichiarano di avere un reddito vicino allo zero. In genere si tratta di nuclei familiari composti da due persone con basso livello di istruzione e che non spendono per le bollette delle utenze domestiche più di 600 euro l’anno. Quasi sempre queste famiglie povere vivono in abitazioni dove non pagano l’affitto. Oltre la metà di loro sono disoccupati, ma è una realtà complessa. “Ci sono i disoccupati organizzati – spiega Oddati -, quelli storici, i disoccupati ex operatori sociosanitari, quelli ex carcerati, c’è anche una categoria chiamata multiproblematica, persone che oltre a non avere il lavoro hanno un parente stretto disabile o gravemente malato”.

Le condizioni. L'esperienza campana è legata non solo a dei requisiti di reddito e di residenza specifici, ma anche alla partecipazione ad attività di inserimento lavorativo o formative. “Ottenimento dell’indennità – continua Oddati - è data se nell’anno almeno un componente della famiglia ha svolto dei corsi di formazione, attività che sostengano forme di reinserimento. Se proprio non hanno un lavoro, è evidente che devono aver fatto delle attività. È un’occasione”. Tra i vari progetti a cui hanno partecipato alcuni dei beneficiari il progetto I.so.la. e Sfuma. Il primo è un progetto della regione che ha realizzato esperienze lavorative per persone con difficoltà di inserimento, reinserimento o permanenza nel mercato del lavoro, mentre Sfuma è un progetto legato alla lotta al fumo che mira a riqualificare la figura del lavoratore socialmente utile. Tali esperienze, però, spesso non hanno realizzato un vero inserimento.  Secondo Oddati, i più riusciti sono i lavori socialmente utili, ma nel complesso si tratta di iniziative che in molti casi non hanno cambiato complessivamente la situazione iniziale dei beneficiari del reddito di cittadinanza. “Il giudizio che do io, personale – spiega Oddati -, non è positivo. Il provvedimento è diventato una forma di dose, si prende questa indennità come si prende il metadone. Non l’ho pensata io questa similitudine, ma la condivido. L’insuccesso è dovuto alla mancanza di servizi e dell’effettivo reinserimento. Non so bene cosa capiterà il primo gennaio dell’anno prossimo”. (ga) (vedi lanci successivi)

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