Rei, Alleanza: insufficiente, 6 poveri su 10 non lo riceveranno
ROMA - Senza un intervento sulla prossima legge di bilancio che porti il budget del Reddito di inclusione a quota 7 miliardi entro il 2020 (5,1 miliardi in più rispetto ad oggi), la storica riforma contro la povertà adottata in Italia rischia di rimanere incompiuta. È questo il messaggio che l’Alleanza contro la povertà consegna al governo e al Parlamento durante una conferenza stampa tenutasi oggi alla Camera dei deputati per illustrare la proposta di un piano triennale 2018-2020 che possa portare l’attuale Rei verso una misura realmente universale. Per il cartello di 37 organizzazioni del sociale e sindacati, infatti, l’introduzione del Rei rappresenta una “importante innovazione strutturale”, ma per far fronte al problema povertà assoluta nella sua interezza serve un impegno maggiore.
- I numeri snocciolati dall’Alleanza parlano chiaro. A partire dal prossimo anno, su una popolazione in povertà assoluta stimata dall’Istat di 4,75 milioni di persone, potranno accedere al Rei al massimo 1,8 milioni di individui in difficoltà, cioè il 38 per cento della popolazione in povertà assoluta. Questo vuol dire che ben il 62 per cento dei poveri ne rimarrà escluso. “I poveri che rimarranno fuori sono quasi 3 milioni - spiega Cristiano Gori, docente di Politiche sociali all’Università di Trento e coordinatore scientifico dell’Alleanza contro la povertà -. La cosa che ci ha colpito di questo esercito è che appartengono ad ogni profilo sociale. Ci sono ancora minori, anche se rappresentano il primo obiettivo del governo, ma ci sono anche le famiglie impoverite dalla non autosufficienza. Questo esercito di tre milioni di poveri ancora escluso dal Rei non è racchiuso in una specifica classe sociale, ma attraversa tutta la società italiana”. Il Rei, infatti, attualmente è destinato in particolar modo ai nuclei familiari con almeno un minorenne, oltre che ai nuclei con un figlio con disabilità, a quelli con una donna in stato di gravidanza ed alcuni nuclei con persone di 55 anni o più in stato di disoccupazione. Tuttavia, spiega l’Alleanza, “tra i minorenni, il 41 per cento di quelli poveri rimarrà escluso perché le soglie economiche utilizzate per l’accesso alla misura risultano più basse del livello di povertà”. A sottolineare l’insufficienza dello strumento che entrerà in vigore il prossimo anno anche Roberto Rossini, presidente delle Acli e portavoce dell’Alleanza contro la povertà. “Secondo i nostri calcoli, poco più di un terzo dei poveri otterrà il reddito di inclusione - sottolinea Rossini -, quindi significa che la maggior parte dei poveri resteranno scoperti. Come se ci fossero poveri di serie A e poveri di serie B”.
A non soddisfare le organizzazioni dell’Alleanza anche il contributo economico previsto dal Rei, “non ancora sufficiente a raggiungere la cosiddetta soglia della povertà assoluta”, puntualizza Rossini. “Mentre il Rei prende a riferimento un parametro più basso, quello al di sotto del quale le categorie di poveri oggi coinvolte possono accedere alla misura - spiega l’Alleanza -. L’esito è una lontananza significativa tra l’importo necessario e quello previsto: in media, si tratta di 396 euro mensili rispetto a 289”. Tuttavia, non è solo l’importo delle erogazioni monetarie e la platea dei beneficiari a preoccupare l’Alleanza. A non soddisfare sono anche le risorse impiegate per i percorsi di inclusione, la cui regia è in capo ai comuni. “Attualmente si prevede che il 15 per cento dei finanziamenti statali contro la povertà sia destinato ai comuni per i suddetti percorsi - spiega l’Alleanza -. Gli studi e le analisi empiriche mostrano, tuttavia, che si tratta di una percentuale inadeguata, da portare al 20 per cento”. Per questo, spiega Gori, “chiediamo un ampliamento complessivo del fondo con un rafforzamento sulla parte dei servizi. Oggi dare più soldi al welfare locale è la condizione necessaria, ma non è sufficiente. Bisogna lavorare perché queste risorse vengano usate al meglio”.
La proposta dell’Alleanza contro la povertà, quindi, è quella di adottare un “Piano nazionale contro la povertà” triennale, con risorse adeguate. E proprio in vista della legge di bilancio, le organizzazioni tornano a chiedere maggiore attenzione a quello che potrebbe essere il pezzo mancante della riforma. Un piano che partirebbe proprio dal 2018 e che entro il 2020, “con gradualità”, riesca a portare le risorse a 5,1 miliardi in più, estendendo il Rei a tutti gli indigenti, rafforzando gli interventi sui territori e sostenendo l’attuazione del Rei a livello locale. Una scelta “impegnativa ma affrontabile”, spiegano l’Alleanza, secondo cui la stima di 7 miliardi annui “sono il risultato delle nostre stime scientifiche, avvalorate dal confronto con le altre analisi ed elaborazioni prodotte. Tutti i lavori scientifici, infatti, concordano nel collocare a 7 miliardi annui la soglia minima per una risposta adeguata contro la povertà assoluta in Italia”. Una cifra da raggiungere in tre anni, senza dimenticare che i 5 miliardi in più necessari a quanto già stanziato “equivalgono a meno dell’1 per cento della spesa pubblica totale italiana”. Una spesa che infine, secondo Rossini, rappresenta anche un’opportunità. “Il contrasto alla povertà non riguarda soltanto i cittadini in condizione di povertà - ha spiegato il portavoce dell’Alleanza -. Uno studio della Banca d’Italia lo dice con chiarezza: se trasferisco 10 euro a una famiglia media italiana, cinque euro vengono risparmiati e altri cinque vanno in consumi. Se, invece, trasferisco la stessa somma a un cittadino povero, ben nove euro vanno in consumi e solo un euro viene risparmiato. L’aumento dei consumi è uno dei volani dell’economia. In qualche misura, finanziare la lotta contro la povertà, può significare far crescere il paese”.(ga)