Repressione delle proteste nel mondo, Amnesty pubblica la mappa interattiva
ROMA – Sgomberate, arrestate, picchiate e perfino uccise: è la drammatica sorte di tante persone che, nel mondo, prendono parte a proteste pacifiche ma subiscono violente repressioni. Amnesty International pubblica oggi una mappa interattiva, in costante aggiornamento, per documentare quanto gli stati del mondo stiano ricorrendo sempre più all’uso illegale della forza e a leggi repressive per stroncare le proteste.
Realizzata nell’ambito della campagna globale Proteggo la protesta, la mappa interattiva descrive le numerose violazioni dei diritti umani subite dalle persone che scendono in strada per manifestare; mostra come i governi considerino le proteste una minaccia più che un diritto e come chi è responsabile dell’ordine pubblico interpreti il suo ruolo come soppressore dei diritti umani anziché loro garante. “Protestare pacificamente non è un privilegio ma un diritto che gli stati hanno il dovere di rispettare, proteggere e facilitare. Ma questo diritto è sempre più minacciato: nel 2022, in oltre 85 stati è stato fatto ricorso alla forza illegale, per non parlare di arresti arbitrari, torture, sparizioni e uccisioni. La nostra mappa accende un faro sulla dura repressione che colpisce chi manifesta nel mondo. L’immagine che ne deriva è terrificante”, ha dichiarato Patrick Wilcken, ricercatore di Amnesty International su questioni di polizia, militari e di sicurezza.
“Da lungo tempo, a livello globale, è in corso un feroce attacco contro chi esercita pacificamente il diritto di protesta. Questo attacco ha distrutto vite umane. In Iran le autorità hanno ucciso centinaia di manifestanti e ne hanno arrestati migliaia, minorenni compresi, per stroncare le proteste nazionali. Innumerevoli altri manifestanti sono stati sottoposti a torture, inclusa la violenza sessuale, durante la detenzione: alcuni di loro sono stati messi a morte al termine di processi gravemente irregolari. In Cina è impossibile protestare senza rischiare rappresaglie e procedimenti giudiziari: tantissimi attivisti sono in carcere. L’elenco dei manifestanti minacciati e degli stati che li minacciano è in crescita. Questa repressione deve finire ora!”, ha aggiunto Wilcken.
La mappa interattiva, la prima del genere, evidenzia anche come in molti stati le cosiddette armi meno letali (gas lacrimogeni, pallottole di gomma, spray al peperoncino e manganelli) siano usate per intimidire, minacciare, punire e sfollare chi manifesta, dunque per negare il diritto di protesta pacifica.
Un trattato internazionale
“Nonostante il massiccio impiego improprio delle armi meno letali, non esistono controlli globali sulla loro produzione, sul loro commercio e sul loro uso. La nostra mappa ricorda che c’è bisogno di un trattato internazionale sul commercio di equipaggiamenti per l’ordine pubblico in modo che questi non finiscano nelle mani di forze di polizia che violano i diritti umani”, ha sottolineato Wilcken. Nel gennaio 2023 oltre 30 organizzazioni della società civile hanno chiesto l’adozione di tale trattato. È accertato che il diritto di protesta sia stato significativamente limitato durante la pandemia da Covid-19. Nella maggior parte degli stati, per motivi di salute pubblica, sono stati vietati i raduni ma in diversi casi la pandemia è stata usata come pretesto per introdurre restrizioni sproporzionate. Secondo l’Iniziativa per la misurazione dei diritti umani, molti stati non hanno fatto passi avanti da allora. Ad esempio, nel suo monitoraggio annuale per il 2023, attribuisce all’Angola il punteggio di 3,4/10.
Denunce in 86 Stati
Il Rapporto annuale di Amnesty International segnala che, nel 2022, sono emerse denunce credibili di uso illegale della forza contro manifestanti pacifici in 86 stati sui 156 monitorati. In 27 stati le forze di sicurezza hanno usato armi letali contro chi protestava. In India, ad esempio, le autorità hanno usato pistole, gas lacrimogeni e sfollagente, hanno oscurato Internet e hanno eseguito sgomberi forzati di persone che manifestavano contro il governo. In Cina, chi osa protestare rischia di perdere il diritto all’istruzione e all’alloggio. In Perú l’uso illegale della forza durante le proteste ha causato 49 morti. Dalle ricerche di Amnesty International risulta che i manifestanti sono stati arbitrariamente arrestati in oltre la metà degli stati monitorati.
“La mappa globale illustra chiaramente l’ampiezza della repressione e delle restrizioni contro chi manifesta. Durante le proteste, assistiamo a una sequela di violazioni dei diritti umani - ha commentato Wilcken - Segnalare le violazioni dei diritti umani su una mappa consente di visualizzare e tracciare la dimensione globale di questo problema, di capire quali sono i governi che non proteggono il diritto di protesta e chiamare questi ultimi a rendere conto delle loro scioccanti azioni. Amnesty International chiede ai governi di rivedere il loro approccio alle proteste pacifiche, di porre fine alle loro terribili violenze e di assicurare che proteggeranno e faciliteranno le proteste pacifiche”, conclude Wilcken.