8 ottobre 2015 ore: 17:30
Immigrazione

Ricollocamenti, da Tiburtina partiranno 12 eritrei. "Molte rinunce per paura dei trafficanti"

Partiranno domani i primi profughi da ricollocare in Europa. Nel campo della Croce rossa, però, sono in tanti a rifiutare. Temono ritorsioni o di dover restare in Italia. Prezioso il ruolo dei mediatori. “Una volta arrivati spargeranno la voce sui social e i numeri aumenteranno”
Rifugiati eritrei

ROMA - Partiranno dalla tendopoli allestita nei pressi della stazione Tiburtina a Roma i primi eritrei che verranno ricollocati secondo quanto deciso dall’Unione europea nei mesi scorsi. Sono dodici quelli per cui sono state portate a termine le procedure necessarie e che dovrebbero partire già nella giornata di domani insieme ad altri profughi per un totale di circa venti ricollocamenti. Sarà la Croce rossa ad accompagnarli da Tiburtina all’aeroporto di Ciampino. Decollo previsto per le 9 e 30, spiega una nota del Viminale, destinazione: Svezia. Un primo passo nell’attivazione di un meccanismo che porterà, secondo quanto stabilito a Bruxelles, al ricollocamento di circa 160 mila profughi, 40 mila dall’Italia. Tuttavia, non mancano le difficoltà: secondo quanto raccontano gli operatori della Croce rossa, la maggior parte dei migranti interessati al momento rifiuta di aderire al programma per paura di restare in Italia o per il timore di ritorsioni da parte dei trafficanti.

Sono la maggior parte a dire di no – racconta Giorgio De Acutis, coordinatore accoglienza migranti in transito della Croce rossa italiana a Tiburtina -. Alcuni perché condizionati dal trafficante o perché magari hanno contratto un debito con lui e diventa un problema allontanarsi perché la famiglia potrebbe pagarne le conseguenze. È un mondo delicato dove occorre usare mille cautele”. A frenare i transitanti soprattutto il timore di veder sfumare il proprio obiettivo di raggiungere il nord Europa. “Il motivo principale per cui rifiutano – spiega De Acutis - è la paura di dare le proprie impronte digitali, di dover restare in Italia per chissà quanto tempo prima che la procedura giunga al termine. Noi, però, siamo convinti che con l’arrivo dei primi, questi si attiveranno sui social network, si spargerà la voce e i numeri aumenteranno”.

Una dozzina le partenze per questo primo gruppo di ricollocati, ma presto potrebbero partirne altri. “Si tratta di un primo gruppo sperimentale – continua De Acutis -. È una procedura che risponde ad una esigenza di buon senso. In realtà stiamo realizzando una sorta di corridoio umanitario che per ora parte dalla Sicilia fino a Stoccolma. Se si va avanti riusciremo a sottrarre queste persone dal controllo dei trafficanti e far fare loro l’ultima parte del viaggio in sicurezza. Per il loro bene, per quello dei cittadini per cui non si creano situazioni di allarme”. Fondamentale il ruolo dei mediatori culturali. Non solo per la lingua, ma soprattutto per fare in modo che si fidino delle istituzioni. “I mediatori che hanno vissuto un’esperienza simile sanno quali leve muovere per arrivare ad infondere fiducia – racconta De Acutis -. Si tratta di persone terrorizzate dalla polizia, dai controlli e dal passaggio delle frontiere. Sono assoggettate al controllo dei trafficanti che danno loro tutta una serie di informazioni sbagliate. Fare in modo che si affidino alle istituzioni, vadano in questura, facciano  il fotosegnalamento e lascino le impronte non è semplice”.

Nei paesi d’arrivo, aggiunge De Acutis, è tutto pronto. Prima della partenza sono state eseguite visite mediche e screening per segnalare problemi e necessità, mentre in alcuni paesi gli stessi circuiti della Croce rossa si stanno attivando per facilitare il ricollocamento. E anche nei casi più complessi, c’è un atteggiamento di positività da parte di chi sta gestendo i trasferimenti. “C’è un caso particolare di un eritreo – racconta De Acutis -, che ha moglie e due bambini piccoli ancora in Sudan. Lui ha suo padre, un fratello e una sorella in Olanda. Non hanno i soldi sufficienti per far fare il viaggio alla moglie e ai figli bloccati in Sudan, lui non ha i soldi per completare il viaggio verso l’Olanda che purtroppo non è tra i paesi in cui verranno indirizzati questi primi ricollocamenti. Tuttavia, anche per questi casi specifici c’è un’attenzione particolare e positiva, magari con tempi un po’ più lunghi. Dovrà aspettare qualche settimana, ma alla fine avrà modo di arrivare in Olanda in sicurezza”. Una storia che però al momento non ha un lieto fine, racconta De Acutis. Per la moglie e i figli, infatti, non c’è alcun corridoio umanitario. “Dovranno riuscire in qualche modo ad arrivare in Sicilia – è l’amaro commento di De Acutis -, prima che si possa garantire un ricongiungimento”.

Intanto nella tendopoli allestita a Tiburtina si prepara anche il trasferimento dei transitanti in una struttura individuata dal comune. Ad oggi nelle tende allestite dalla Croce rossa ci sono un centinaio di migranti, quasi tutti eritrei. Ma i numeri potrebbero scemare ancora con l’arrivo dell’inverno.  “Abbiamo intorno alle 100 persone – aggiunge De Acutis -, ma ci sono state punte di 260 persone nonostante la capienza massima del campo è 180. Qualche volta siamo andati ben oltre la capienza, ma non abbiamo voluto lasciare per strada nessuno”. Il campo allestito in tutta fretta nei mesi scorsi, però, potrebbe essere finalmente giunto al capolinea. Al comune di Roma hanno già individuato la struttura che ospiterà i migranti. A curare l’accoglienza sarà sempre la Croce rossa. “Verranno trasferiti in via del Frantoio, zona Tiburtina – racconta De Acutis -. Stiamo facendo questo passaggio in vista dei mesi invernali. I numeri saranno molto più bassi, ma le condizioni di vita sarebbero molto più drammatiche qui nel campo. Bisogna dare una continuità all’accoglienza, anche se su numeri più bassi e un campo con le tende non può essere una soluzione”. Incerti ancora i tempi per completare il trasferimento. Le tende dovrebbero essere smontante nel giro di pochi giorni, ma la crisi che ha investito il Campidoglio fa temere possibili ritardi. La speranza della Croce rossa, è che qualsiasi cosa accada non influisca sui tempi del trasferimento.(ga)

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