Riforma cooperazione, Cipsi: "Rischio di anteporre il mercato ai diritti"
ROMA - Espressioni di viva preoccupazione, quelle di Guido Barbera, presidente di Solidarietà e Cooperazione Cipsi, rispetto all’entusiasmo dilagante che aleggia intorno al testo di riforma della cooperazione allo sviluppo, approvato il 17 luglio alla Camera. “Essere riusciti a fare un passo avanti dopo 27 anni è sicuramente un risultato positivo, ma ci preoccupa l’euforia attorno al rapido iter con cui la nuova legge di cooperazione sta per essere definitivamente approvata. – dichiara Barbera - La legge nasce vecchia, sulle basi di vecchie proposte superate dalla storia! È mancato il coraggio per una svolta radicale di identità verso una vera cooperazione non allo sviluppo, ma alla convivenza. La strada intrapresa rischia di anteporre mercato, impresa, interessi, competitività ai diritti essenziali di ogni persona, e abbandonare del tutto i Paesi e le popolazioni che non interessano a nessuno. La cooperazione deve essere l’anima della politica di uno Stato, non può essere demandata a privati, imprese o banche”.
Più che una generale bocciatura della nuova legge, le sue parole lasciano trasparire la delusione per una mancata svolta d’identità delle politiche di cooperazione. Rispetto a una società in continuo mutamento, rispetto agli scenari di crisi, di migrazione e di povertà, anche la cooperazione ha modificato la propria identità e oggi più che mai sente il bisogno che la politica faccia altrettanto, rimettendo al centro la persona, non la finanza, non l’impresa. “La nuova legge si basa sulla logica degli interessi della politica di sviluppo europea basata su finanza, industria e mercati, invece di scegliere la cooperazione dei diritti e dei beni comuni per la convivenza tra tutti i cittadini e tutti i popoli, di cui ogni Stato dovrebbe essere diretto garante. Competitività e burocrazia non possono determinare e regolare le modalità di relazione e solidarietà tra i popoli, così come gli interessi economici, o di qualunque altro tipo, non possono e non devono determinarne le priorità di intervento” – continua Barbera.
La nuova legge dovrebbe avere come principale obbiettivo quello di implementare rapporti paritari e di giustizia tra comunità, tra Paesi, sostenendo processi partecipativi e di autogoverno, ridisegnando concrete e attive sovranità democratiche. Ma perché ciò avvenga “la cooperazione non può essere fatta con gli stessi strumenti e soggetti che stanno producendo miseria, ingiustizia, divario sociale crescente”.
Il suo invito è quello di recuperare ciò che manca e cancellarne i possibili rischi, nell’ultimo passaggio parlamentare in Senato e, ancor di più, nella fase di stesura dei vari regolamenti. Tra le richieste, quella di liberare la cooperazione da ogni forma di competizione e dall’appesantimento burocratico che non garantiscono “trasparenza” e definire chiaramente i criteri di ammissibilità delle imprese e delle banche alla cooperazione. E ancora, valorizzare il ruolo della società civile, a partire dal territorio locale in processi di cooperazione sociale territoriale, partecipata e non condizionata; quello dell’educazione nella costruzione di una cultura di cooperazione e solidarietà a partire dalla scuola; e quello dei giovani nella costruzione di relazioni internazionali, favorendone le esperienze concrete.